La Langa sola protagonista

La Langa sola protagonista La Langa sola protagonista Franco Piccinelli PAURA A MEZZOGIORNO SEI, Torino, 255 pagine 4500 lire QUESTO quarto romanzo langarolo di Piccinelli. Paura a mezzogiorno. conferma una vocazione narrativa più problematica che fantastica, nel senso che la storia è assai esile ed inconsistente e un fitto dialogato invade e talvolta appesantisce lo spessore del racconto. Protagonista della vicenda è una figura di donna, la maestra Annarosa Marassi, di agiata famiglia contadina, fidanzata con Claudio Venturini, segretario comunale del paese. L'incontro di Annarosa con il medico condotto diventa scontro fisico e psicologico, inizio e fine di una storia senza sviluppi né sbocchi possibili. Ogni personaggio sembra frenato da interne frustrazioni e incertezze, divorato dalla ra'ibia e da un rassegnato furore: anche nelle campagne le giovani generazioni hanno la malattia «di chi sta bene e non si accontenta». Claudio non ha il coraggio di affrontare un amore autentico e preferisce la sicurezza economica di un matrimonio che lo renderà padrone della terra e di una casa. E' un modo per riscattare un'infanzia di miseria e di fame con genitori alcoolizzati. Il possesso di un diploma e della «roba» sono per lui consolazione alle carenze affettive di una vita arida in cui ha provato «prima indifferenza, poi rispetto. Tenerezza mai». Solo la saggezza del nonno, la sua fede incrollabile nella terra, i suoi ricordi della guerra, del sangue dei tedeschi che «si allarga nella neve come il ribes nella ghiacciata», il rimpianto di un passato sano, appaiono valori positivi. La paura del titolo è quella determinata dal benessere di oggi, dal crollo dei valori naturali, dai fantasmi umorali di una vita troppo agitata e nervosa. Meglio la miseria di ieri quando c'era «più lavoro, più fatica, pochi soldi e tanta polenta per toglierci la fame più grossa». Il silenzio secolare del contadino è misura di saggezza e segno di ammonimento per la società di oggi: «Noi siatno stati sempre zitti, ci siamo consumati il risvolto dei pantaloni sui solchi, non nella frenesia dei comizi e dei discorsi. Noi odiamo le parole, ci teniamo tutto dentro». L'arsura di luglio che soffoca il vivere dei personaggi esplode nella follia improvvisa di Martino del Rio. estrosa e stramba figura paesana: un matto diventa alibi per chi vuol sentirsi sano. L'impasto stilistico di lingua e dialetto non sempre è felice, e soprattutto stonano certi toni sentenziosi ed una verbosità poco langarola che rallenta troppo il racconto. Anche la tensione del finale appare gratuita: non c'è drammaticità vera, ma un dissolversi della tensione senza scatti inventivi. Massimo Romano

Persone citate: Claudio Venturini, Franco Piccinelli, Marassi, Massimo Romano, Piccinelli

Luoghi citati: Mezzogiorno, Torino