Il teatro di Verdi e Toscanini

Il teatro di Verdi e Toscanini Il teatro di Verdi e Toscanini E' uscita in questi giorni da Mondadori una monografia illustrata sul «Teatro alla Scala», di Giorgio Lotti e Raul Radice, un volume di 240 pagine con 340 fotografie in bianco e nero, completato da una testimonianza di Attilio Bertolucci e presentato da Paolo Grassi. Ne parla per Tuttolibri il musicista e scrittore Gino Negri. DUECENTO anni di Scala: ed è subito frenesia celebratrice. Lasciamo che il Don Carlo inauguri la stagione del bicentenario e ci sarà del movimento. Anche banale, di smaccata occasione. Indubbiamente anche la bella pubblicazione di Lotti e Radice pun ta sul celebra tivo. Però c'è modo e modo di celebrare. Il libro sta in equilibrio su una corda dalla quale parecchi cadranno: Raul Radice rievoca con una misura che mi sembra perfetta. Giorgio Lotti adopera con abbondanza non invadente l'arma della foto a colori. C'è poi un tocco personale di A ttilio Bertolucci che arriva da Roma alla scoperta di un Macbeth scaligero cosi come Stendhal era arrivato, un bel po'prima, alla scoperta della Scala, c'è una paginetta di Paolo Grassi (dedicata soprattutto allo spettacolo fotografico di Lotti) non più sovrintendente ma — forse — «sovrintendente ad honorem». E non manca una — non firmata — rapida panoramica sulla Scala dal dopoguerra a oggi. Il sottotitolo del ponderoso volume apre ad un teatro vi-_ sto «dietro la facciata»: Dai laboratori al palcoscenico la vita del più famoso teatro lirico del mondo. Non si commette il vecchio errore del considerare un teatro solo in fase spettacolo, né l'errore moderno di considerarlo solo strutture e lavoratori. Raul Radice, ovverossia ricordi di una giovinezza legata fin dagli albori a questo teatro-tempio in cui trovava sfogo l'affetto, la socialità milanese e anche una certa tendenza alle facili definizioni, al luogo comune, alle frasi fatte. «Una donna (Radice scrive quel che dicevano di una cantante) che bisogna ascoltare senza guardarla»: «C'è un limite oltre al quale non è lecito andare» (si ac- cenna alla bellezza del Parsifal): «Beethoven l'è grand ma in di tempest mi el batti» (parole dell'autore di un'opera ispirata alla Tempesta shakespeariana). Infilato in mezzo a questi, ad altri ricordi quasi sempre sorridenti. Radice ci porta dal primo contatto personale con il grande teatro (era un ragazzo. Radice) a un ultimo incontro tragico con la Scala «quel giorno dopo»: «Grossi legni squadrati ad arte, qua e là carbonizzati, mostravano l'antico, ma ancora nitido, disegno delle venature». La Scala prima: Radice intitola così il suo excursus scaligero dagli inizi del secolo alla fine della seconda guerra mondiale. Ci troviamo davan ti. stretta in poche pagine affettuose, la Scala del mito. quella degli echi di un Verdi vivo, di Toscanini Giorgio Lotti Ovverossia la Scala oggi. Fotografata davanti, didietro, di traverso, dall'alto, dal basso: viva e colorata, viva nel celebre lampadario e nei trucchi fotografici che raddoppiano a specchio la grande sala, le mani del suggeritore, che moltiplicano Abbado... E poi svelano la macchinosità del cambio di scena, scoprono al lavoro l'addetta alle parrucche... E poi un incalzare e uno splendore di costumi d'autore addosso a interpreti d'autore, ipassieivoltisoffertidei ballerini la diabolica immagine di Béj artli video di Lotti continua alacremente il discorso di Radice. Arrivederci al tricentenario. Gino Negri

Luoghi citati: Lotti, Mondadori, Roma