Festa come visione di Furio JesiAugusto Romano
Festa come visione Festa come visione LA FESTA antropologia etnologia folklore a cura di Furio Jesi Rosenberg & Sellier Torino 215 pagine, 6000 lire E, un vecchio scherzo: provate a ripetere moltissime volte la parola «Testar e dopo un po' suono e significato si dissocieranno e vi accorgerete di stare pronunciando una parola nuova e misteriosa. Ma la nostra distra/ione è infinita: continuiamo a ripetere senza sosia eerti riti sociali che chiamiamo teste e non ci rendiamo eonto che essi sono divenuti tutt'aitra cosa. Il Borghese Gentiluomo parlava in prosa senza saperlo: al contrario, noi partecipiamo a moltissime feste credendo di sapere di che si tratta e invece ignoriamo cosa sia l'essenziale della festa, il modo d'esser festivo, la festività. La nostra non è però una semplice dimenticanza, o un errore che si possa correggere con la buona volontà e con un di più di conoscenza: si ignora ciò che non viene più sperimentato, ciò che non appartiene più al nostro patrimonio di esperienza. Le feste di ieri, siano le Panatenee o la festa dei folli nel Medioevo o quelle osservate dagli etnologi presso i primitivi, erano essenzialmente visione, in cui un «sapere senza parole» si svelava e un mito era v issuto Qual è questa visione'.1 Sarebbe ingenuo pensare di poterla imprigionare dentro una rete da farfalle per potoria studiare. Quella «evidenza di immediata commozione» può essere indicata, non descritta: la festa è inconoscibile. Ma allora etnologi ed antropologi che si dedicano allo studio della festa sono come quelli che vedono danzare e. per qualche motivo, non odono più la musica. E noi stessi, quando celebriamo le nostre feste, è come se continuassimo a danzare ripetitivamente, senza udire la musica. Questo libro è molto più che una antologia di descrizioni di eventi festiv i redatte da famosi etnologi e folkloristi. dai settecentesco Lafitau al Karsten all'Haekel al nostro Pitré. Sia nella scelta dei lesti, sia in due impegnaiissimi saggi, il curatore vi svolge un discorso rigoroso in cui l'inconoscibilità della lesta viene analizzata con una esemplare consapevolezza epistemologica e insieme con una nascosta e controllata passione. Ne esce malconcio il metodo positivistico, con la sua illusione di poter restituire, descrivendo e interpretando, il senso della festa. E tuttavia i testi qui riportati confermano che in quelle descrizioni, pur cosi esteriori — di ciò che v ede l'osservatore, non di ciò che vede l'osservato — restano tracce, incerte e pur toccanti, di una visione che ci è negata. E" questo un libro da leggere con concentrata attenzione intellettuale ma anche in uno stato d'animo sospeso e. se gli dei aiutano, sgomento. Per chiedersi alla fine: cosa festeggio io? cosa mi giustifica? qual è il mio mito? Solo chi è in festa può intendere la festa. Augusto Romano
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