Ci fu lotta di classe nella antica Atene? di Carlo Carena

Ci fu lotta di classe nella antica Atene? Ci fu lotta di classe nella antica Atene? Mario Vegetti (a cura di) MARXISMO E SOCIETÀ' ANTICA Feltrinelli, Milano 325 pagine, 6000 lire QUELLO delle strutture del mondo antico, delle loro evoluzioni e del riconoscimento in esse dei termini della diagnosi storica di Marx, è uno degli scogli maggiori del marxismo, ideologico come storiografico. Basti pensare alle diverse vedute che già immediatamente separarono il più anziano e classicamente colto Marx dal più giovane e romanticamente germanico Engels sul problema della caduta dell'impero romano e della valutazione del feudalesimo. L'impero, comunque, e il suo affondamento costituirono i campi su cui più si esercitò anche successivamente l'analisi marxista, sia in positivo sia in negativo. Basti ricordare anche qui le polemiche e le invettive provocate, in vicinanza della Rivoluzione, dall'opera dell'esule russo Michael Rostovzev. Era soprattutto la presenza di un fitto strato di schiavi e di alcune rivolte servili nella grande Roma a calamitare l'attenzione verso quel periodo e a stimolare un'indagine, che la presenza — o piuttosto l'assenza — di altri fattori rendeva ardua. Il perdurare di queste dif- ficoltà è documentato nel reading organizzato da Mario Vegetti per la collana di Feltrinelli. Con molta intelligenza Vegetti non aduna tanto studi di antichisti e interpretazioni di marxisti su singoli momenti e fenomeni della storia greco-romana (non si parla abitualmente delle altre civiltà antiche); ma presenta, cronologicamente, il dibattito sviluppatosi negli ultimi vent'anni sulla tenuta del metodo marxista e sulle sue conclusioni o aporie in quell'ambito. In più, trascura relativamente il mondo romano, protagonista abituale, come s'è ricordato, di questo tipo di studi, per concentrarsi piuttosto sulla città greca: specchio ideale dei politici sani di ogni tempo e mondo assai più complesso, meno teatrale ma più sottilmente articolato di quello della Roma imperiale, che col suo volto grifagno e cruento ha soddisfatto in ogni tempo i tiranni e gli spartachi così come i commediografi e i cineasti. Il problema che in sostanza anche qui si pone è quello posto con la solita chiarezza alla fine degli Anni Cinquanta da Karl Polanyi e, soprattutto, da Moses I. Finley (possiamo ignorare tranquillamente il saggio iniziale di Sergej L. Utchenko. rappresentante onorario della limitatezza degli studi di storia antica e della rozzezza della relativa polemica nella Russia stalinista: ed anche quello successivo di George Thomson). Di fronte al concetto di classe, di lotta di classe, e ad altre definizioni come quella dei modi di produzione, l'economista Polanyi e lo storico Finley, rinnovando la tradizione weberiana. si soffermano piuttosto sulla categoria di «ordine», di status politico e cittadino come elemento determinante dei vari strati sociali della polis greca. La distinzione ad Atene non è tanto quella di capitalisti ed operai, di aristocrazia latifondista e proletariato urbano, di classi insomma stabilite dai rapporti di produzione, quanto quella di una società definita dai momento politico-giuridico, dal godimento o meno di determinati diritti nell'amministrazione civica e di determinate garanzie legali. La polis non è un centro di produzione, ma di consumo: non vi domina un'economia di mercato e dunque una produzione mercantilistica: la sua struttura portante e politica, e in essa è assorbito anche ù momento economico. E superamento di questa posizione da parte degli studiosi marxisti più stretti avvenne indicando i rimescolamenti e le fusioni che si verificarono nel tempo all'interno di questo spettro sociale, e l'estensione anche alla sociologia delle conseguenze di questa mappa cittadina. D'altro canto, soprattutto la scuola francese capitanata da Vernant sottolinea le contraddizioni dialettiche insite nel modo di produzione schiavistico, affaticandosi per tradurre lo status in classe; più in generale, essa riporta la discussione ad un livello teorico. Ne nasce un marxismo strutturalista, o più semplicemente annacquato, contro cui gustosamente ironizza neU'ultimo saggio di questa raccolta il sempre simpatico de Sainte-Croix, che con franchezza tutta anglosassone dichiara: «Penso che ciò su cui dobbiamo concentrarci sia lo sfruttamento operato dalla classe di proprietari su quella dei non proprietari, sia che fossero schiavi, servi, affittuari, mezzadri, contadini, piccoli proprietari gravati di debiti e di tasse, e anche lavoratori salariati». E' la conclusione più semplice e sensata e al fondo acuta di tutta la lunga e talora fumosa discussione. In cui cerca di metter ordine, facendo rientrare nell'ortodossia gli eretici più o meno consci, la non asettica introduzione del curatore, ripetuta poi nel saggio, puntualmente presente, dello stesso Vegetti e di Diego Lanza sull'/deoZogia della città. sintesi ambiziosa in nuova luce di tutta la storia antica. Da riferire, fra qualche errore di stampa, come ammonizione agli esclusi e ai tiepidi, quello di pagina 40: «... perché rimette in circolo testi marxiani dimenticati o mai noti». Carlo Carena p11 Ufi 1111 p * -x / i»^^»^* JjÌfl I

Luoghi citati: Atene, Milano, Roma, Russia