Un Cassola animalista

Un Cassola animalista Lo scrittore in uno dei suoi momenti migliori Un Cassola animalista Cario Cassola L'UOMO E IL CANE Rizzoli, Milano 129 pagine, 3500 lire E9 uno dei Cassola più belli, nella misura e con la densità dei primi racconti. Lo dico col piacere derivato dal senso d'insufficienza lasciatomi da certi ultimi romanzi. E' singolare che questa impennata si realizzi fuori dall'orbita umana, perché qui si narra di un cane e della sua discesa nella morte. Che cosa è avvenuto in uno scrittore sino a ieri cosi fedele ai suoi motivi? Due cose sembrano certe. Primo: la ben nota cassoliana «quotidianità» è qui relegata in margine. Secondo: su questo cane si concentra una carica d'umanità, o di vita, quale soltanto incontravamo nei personaggi d'una volta, nei più drammatici, come il vedovo del Taglio del bosco. Inoltre, si tratta di un racconto o di un apologo? La vicenda non abbandona mai l'andamento realistico classico allo scrittore. Ma nello stesso tempo forza qua e là la struttura in direzione di un'esemplarità che si suggella nel finale. GU elementi di questa esemplarità consistono da un lato nell'emarginazione, anzi nella cacciata dai ranghi «sociali» in cui festosamente aveva sguazzato il celebre confratello Buschan creato da Thomas Mann; dall'altro lato nella rovina che viene a coincidere con quella che avrebbe dovuto essere una reintegrazione, n racconto dipinge con fredda crudezza la fatale iniquità umana e la ferocia della vita, e ci si chiede se il cane Jack non concluda, con la sua morte, il destino implicito al personaggio, sino a ieri da Cassola abbandonato a mezzo di una landa grigia e senza fine, che era essa stessa una morte dell'anima.. Jack è un bas tardino che vive nella casa di un rozzo mulattiere. Un giorno, seguendo un suo funesto istinto, fa fuori una gallina del vicino, n padrone lo infi¬ la in un sacco e lo disperde trenta chilometri lontano. Jack non trova più la strada di casa. Inutilmente fiutando tracce di mulo, corre varie avventure: ruba scarselle a braccianti, visita case di contadini, incontra ragazze che gli mostrano simpatia (dietro le quali trapelano in scorcio «interni» rustici e idilli in boccio), per poco non s'accasa di nuovo, fa amicizia con un gatto, finalmente incontra chi gli rida ciò senza cui non può vivere: una casa, la normalità insomma, runica condizione che lo fa •sentire un vero cane. Nello stesso tempo, però, trova la morte. Allacciato a un palo, dimenticato o deliberatamente condannato dal nuovo padrone, muore di fame. , Le ultime pagine sono altamente drammatiche, come forse mai se ne sono incontrate in Cassola. Jack è come calamitato da un uomo che sembra lo voglia ac¬ coppare e che invece subdolamente lo cattura mettendogli il collare. E questo il sospirato ritorno? H finale giunge comedi taglio di una lama. Ma c'è dell'altro a caricare di senso questa morte. Jack ha dimenticato casa e padrone antichi. Cassola sostiene che i cani non hanno memoria e vivono solo nel presente. E aggiunge, in una didascalia emergente tra quelle dedicate alla psicologia dei cani (cosi scrupolosamente compitate da far supporre un'intenzione favolistica diretta a un pubblico infantile), che per gli uomini il passato è inutile, gli dà noia, e sostanzi al mente vivono, come i cani, «solo nel presente». La morte si prepara cosi in una sorta di fatale necessità, di «anànke», che scavalca anche quegli Dèi malvagi che sono gli uomini-padroni, e annulla ogni possibile lezione del ricordo. La vittima si consegna al carnefice leccandogli le mani e subisce una discesa-condanna degna di Kafka. Che significato hanno queste pagine nell'itinerario dello scrittore? Nel sistematico svuotamento della vita praticato soprattutto con la più recente narrativa, Cassola è, come dire?, approdato di là, oltre la grigia landa, come attraverso una galleria, e l'ha ritrovata nuda e tragica davanti al destino irreparabile? Non sarà qui la risposta alla disperata domanda del vedovo operaio del Taglio del bosco, quando aggrappato alle sbarre del cimitero interrogava le stelle? Viene anche da pensare al Cassola antimilitarista, che coltiva intrepide polemiche per la salvezza di un'umanità di cui dice di intravedere prossima la fine. Jack non sarà la metafora di una società spietata, disgregata e senza ritorno? H racconto è vivo, avventurosamente incabiante. Trattando di un «escluso», è anche in qualche maniera un racconto picaresco, e ne ha la segmentata linearità. Solo un tratto di comportamento, in un racconto che tocca una sua aurea perfezione, non riusciamo ad accogliere: il bacio negato al bambino dal mulattiere rientrato a casa «di pessimo umore» (p. 9). Quando mai un rozzo uomo di campagna, un mulattiere, e a quei tempi, baciava i figli? (Quanto all'assenza di memoria nei cani, è chiaramente, ci pare, una forzatura metaforica: la drastica e amara cancellazione del sentimento intesa come argine alla minaccia sentimentale che s'annida fatalmente nelle storie d'animali e soprattutto nel fondo più nascosto dell'anima del poeta! E Argo allora? O Omero non s'intendeva di cani?). Claudio Marabini

Persone citate: Cassola, Claudio Marabini, Kafka, Rizzoli, Thomas Mann

Luoghi citati: Cassola, Milano