Il cantore di Torino

Il cantore di Torino poesie Il cantore di Torino Nino Costa TORNAND Poesie piemontesi inedite o sconosciute, ed alcune restituite ai testi originali Viglongo, Torino 396 pagine, 7000 lire UNA gradita sorpresa per gli appassionati di poesia piemontese, e un po' anche per i critici stessi è il nitido volume che Andrea Viglongo, nella duplice veste di curatore e di editore, dà ora in luce. A questo impegno l'anziano editore — già testimone giovanissimo negli anni '19-'20 di battaglie politiche memorabili accanto a Gramsci e a Gobetti nella redazione dell'*Ordine Nuovo», e voltasi dagli inizi del '30 a valorizzare i documenti della cultura piemontese sul versante editoriale a fianco dei poeti Nino Costa e Pinin Pacòt — mostro di dedicarsi non solo per la sicura previsione di un buon successo librario. Ma anche per l'antica partecipazione sentimentale che lo portava nel 1931 a stampare, come uno dei suoi primissimi numeri di catalogo, il volume di Costa, Fruta madura.- la raccolta forse più bella, anche tipograficamente, del nostro poeta piemontese, insieme con il suo precedente volume Brassa- bosch (Edera), impressa da Casanova con eleganza ancora un po' liberty nel '28. Poeta più nel senso del cantore (se non del vate) popolare che del 'letterato», aveva sempre generosamente donato i suoi scritti agli amici affidandoli a una modesta pagina di quaderno, o alle effimere carte di qualche giornaletto piemontèis (soprattutto «'L Birichin»), o addirittura a qualche sfoglio volante» a stampa. Ma a differenza di Pacòt — il quale, letteratissimo come un piccolo Petrarca, provvide ad assicurare in proprio della sua opera una edizione ne varietur — Costa non si curò non dico di fissare la lezione definitiva e la grafia costante dei sturi componimenti ma nemmeno la proprietà (si nascondeva agli inizi sotto il gentile e scherzoso travestimento femminile dello pseudonimo «na manina» [una mammina]), né provvide alla sistematica raccolta materiale della sua produzione sempre fluente Cosi nei suoi volumi non entrarono tutte le poesie che via via aveva composto: non poche andarono disperse Proprio per radunare queste •fronde sparte», Viglongo è partito coraggiosamente per Firenze, dove alla Biblioteca Nazionale si conserva l'unica collezione completa del •Birichin» scampata fortunosamente, salvo qualche piccolo guasto, alla tremenda alluvione dell'Arno, e per varie settimane ha trascritto da buon amanuense (poiché per ora lo Stato vieta la riproduzione privata di questi rarissimi periodici) tutti i componimenti di Costa non più raccolti in volume, o contenenti varianti di lezione (duecento componimenti circa). Forse l'acribia del filologo potrebbe trovare qualcosa da ridire su questa edizione che non presenta apparati tecnici regesti e sistemi di varianti mentre d'altra parte si permette di modificare la grafia originale di Costa secondo i dettami della nuova, ben più sistematica grafia dei Brande, ideata e perseguita con grande impegno da Pacòt e dal Viglongo stesso fin dal tempo della loro edizione delle Poesie di Edoardo Ignazio Calvo (1930). S'intende che ci troviamo in presenza di una edizione, dignitosissima, ma che resta però, com'è sempre negli intenti del Viglongo editore, sul piano di una aperta divulgazione I lettori •ingenui», così come i più •provveduti», non si lascino sfuggire questa raccolta di cose (quasi) inedite in cui si riconferma e si arricchisce il profilo soprattutto del primo Costa — per intenderci da Marnina (1922) a Sai e pei ver (1924) — con alcuni dei tratti suoi più pungenti e perfino corrosivi: un componimento, datato 28 ed magg 1918, figura addirittura interrotto dallo spazio bianco della Censura che soppresse otto righe (La. rabia, p. 192); e forse questa fu una delle ragioni per cui vari testi restarono •fuori raccolta». Anche per la ripresa operata dal Viglongo delle parti •liriche» delle commedie in versi di Costa — edite in pochi esemplari introvabili anche nelle biblioteche pubbliche, o stampate postume in fogli di ristrettissima diffusione — si fa tanto più mosso il ritratto di questo poeta piemontese che la critica •dal naso' adunco» non ha ancora valorizzato come si merita (salvo poche battute, e piuttosto sfocate di Pasolini nella sua antologia della Poesia dialettale del Novecento [1952]), considerandolo un provinciale isolato fuori della grande corrente della poesia italiana entre-deux-guerres. Mentre forse Costa è da riguardare come il sicuro — aveva due spalle tutta una civiltà e una storia — e inesauribile cantore di una poesia •alternativa» tanto più viva quanto meno •letteraria» (e non solo, per intenderci nel senso in cui la poesia di Mistral e dei Febbre provenzali volle proporsi di fronte alla letteratura francese di Parigi). Riccardo Massano

Luoghi citati: Firenze, Parigi, Torino