Arpino negli stadi di Giovanni Arpino

Arpino negli stadi Un romanzo «dentro» il calcio Arpino negli stadi Giovanni Arpino AZZURRO TENEBRA Einaudi, Torino 214 pagine, 4500 lire FRA le tante spiegazioni che si possono dare della •crisi» del romanzo, in Italia ma non solo in Italia, una delle più ricorrenti è quella relativa ai cattivi o insufficienti o sclerotici rapporti tra scrittori e realtà sociale n fenomeno è certamente complesso, e le sue cause molteplici; ma come non stupirsi, o addirittura scandalizzarsi, per esempio, del fatto che il romanzo, tolte pochissime eccezioni, abbia finora ignorato è quasi •snobbato» il mondo dello sport? D'accordo, è un mondo non poco ambiguo, vizioso, artefatto: ma è pur sempre uno straordinario luogo deputato di emozioni e di passioni, di conflitti economici e psicologici, di verità elementari e di menzogne cruente; ed è, oltretutto, l'unico spazio davvero interclassista, l'unico simbolo nel quale si riconoscano, sia pure con valenze diverse, gli inseriti come gli emarginati, i borghesi come gli operai Sul filo, più o meno di queste considerazioni $i solleva la mia lieta sorpresa nel constatare che Azzurro tenebra, il nuovo romanzo di Arpino, è interamente dedicato a un avvenimento dello sport: l'infelice spedizione della sqvadra italiana, ai compio- nati mondiali di calcio del 14, in Germania Con gesto insolito e tutto sommato coraggioso, Arpino ha rifiutato la tradizionale regola schizofrenica del letterato italiano, secondo la quale la destra (che scrive per la gloria) deve ignorare quel che fa la sinistra (che scrive per sbarcare il lunario), e ha messo risolutamente al centro di questo libro il.proprio lavoro di giornalista sportiva Ha raccontato, cioè, la propria esperienza di inviato speciale al seguito della nazionale italiana, descrivendosi senza mezzi termini neU'arrabbiatissimo personaggio che si chiama Arp e descrivendo in modo altrettanto trasparente nei personaggi di Giacinto, di San Dino, di Giorgione, del Baffo, del Vedo, dello zio ecc. alcuni dei più noti protagonisti del campo e deUa •panchina» azzurri in quegli anni non lontani Intorno, il coro degli altri giornalisti, dei fotografi degli allenatori di club: ecco Gavloise, ex dio deUa rovesciata •alla Parola»; ecco Grangiuàn, sanguigno virtuoso dei commenti •alla Gianni Brera».— E, naturai- mente, l'ancorpiù vasto e disperato coro dei tifosi gli immigrati •terroni» che all'impossibile affermazione della squadra hanno affidato la propria dignità di uomini la propria sopravvivenza morale in un ambiente che li ignora, li respinge, li umilia Il clima è quello, plumbeo e irrespirabile, di un'estate che non è estate e di una squadra al declino, di una disfatta che matura, che tutu fiutano nell'aria e che nessuno — nemmeno quelli che •sanno», come i due eroi positivi: Giacinto (Facchetti) e il Vedo (Bearzot) —può far nulla per scongiurare. Ma al termine della tragedia, che si consuma inesorabile nei tre atti della grottesca vittoria su Haiti, dello squallido pareggio con l'Argentina, della fatale, allucinata sconfitta contro la Polonia, c'è la catarsi e al di là deUa catarsi la speranza, la possibilità e quasi la certezza del rinnovamento e del riscatto. Come dire che ai prossimi (e ormai imminenti) campionati del mondo si sentirà suonare, con la guida del Vedo, tutt'altra musica. Nel riferire, per sommi capi la trama del romanzo spero di aver lasciato intravedere quali siano le ragioni di soddisfazione e quali le ragioni di perplessità che la sua lettura mi ha ispirato. All'attivo metterei ripeto, il progetto stesso, cioè lo scatto iniziale al quale Arpino ha obbedito: acquisire alla letteratura una porzione cosi importante di realtà, e intrecciare la propria storia di scrittore con il proprio •vissuto» di giornalista e testimone. E ci metterei anche la passione e la rabbia del protagonista, a dispetto di quel tanto di enfasi e di retorica che costituisce, diciamo cosi il prò-* dotto secondario dell'operazione. Decisamente al passivo, invece, metterei la scrittura che Arpino ha adottato in questo libro e che cumula negativamente, a mio avviso, l'eccesso di lirismo baroccheggiante già riscontrabile nei suoi ultimi libri e la funzionale,- professionale indulgenza all'iperbole del giornalista sportivo. Alla fine ho l'impressione che succeda a Arpino, qui sul piano stilistico, quel che succede a chi le racconta troppo grosse, e cioè che nessuno gli crede più; le sue iperboli le sue forzature lessicali le sue •acutezze» perdono, in ultima analisi qualsiasi forza d'impatto, e scadono a tic o a freddura. Giovanni Raboni 1 ■ 11 i Pé| ■o e o E ■s = .a a. E 3 1» ti I u. S .E u .3 o

Persone citate: Bearzot, Einaudi, Facchetti, Gianni Brera, Giorgione, Giovanni Raboni

Luoghi citati: Argentina, Arpino, Germania, Haiti, Italia, Polonia, Torino