Un miracolo non ripetuto

Un miracolo non ripetuto «Una donna», il romanzo dell'Aleramo che si vede alla tv Un miracolonon ripetuto HO riletto Una donna dì Sibilla Aleramo nella ristampa mondadoriana del 1938: il romanzo, in prima edizione, era uscito nel 1906. Quel che più colpisce, dal punto di vista bibliografico, è la sfasatura tra i contenuti e quella data. Siamo alle leggi razziali, eppure nelle prime pagine del libro si legge: « Un giorno, facevo la seconda elementare, avevo udito rivolgere il titolo di ebrea, sprezzantemente, ad urta piccola compagna silenziosa e pallida che stava seduta nel banco accanto al mio». E diciamo pure che le leggi razziali colsero di contropiede l'opinione pubbli- " ca; ma certo l'opinione pubblica, cioè censoria, era ben preparata di fronte ad altri contenuti che nel romanzo. dell'Aleramo circolano indisturbati. E se il femminismo dell'Aleramo poteva essere oggetto, da parte della stampa allineata, d'ironie pesanti e pur tolleranti, la chiarissima presa di posizione a favore di una nuova democrazia, che non sarebbe stata più quella liberale, avrebbe dovuto mettere sull'avviso il torpido censore. Niente di tutto questo. Eppure certe riviste, per esempio Solario, avevano passato grossi guai per molto meno. Si vede che la censura teneva d'occhio la produzione nuova e non si occupava delle ristampe. E del resto l'Aleramo, dopo l'affermazione * del Regime, non aveva negato il suo consenso. Desiderava un incontro col Duce e l'incontro ci „ fu. Forse era stata la donna, la grande soggiògatrice, a desiderarlo. Quell'incontro non sortì, comunque, gli eventuali sperati effetti, neppure sul piano economico. Sibilla era molto povera e tale restò; non ebbe aiuù • dal Regime, che tuttavia doveva considerarla, più che una sospetta o una bigia, una testa bizzarra ma non pericolosa. Torniamo a Una donna, di cui conservavo una lontana e •pure ottima impressione, puntualmente confermata da questa rilettura, fatta, è inutile dirlo, in occasione della riproposta televisiva, ma con l'attenzione rivolta al solo fatto letterario, sulla base del convincimento, sia giusto oppure no, che lo specifico filmico e quello della parola non siamo omologabili. Che cosa è dunque Una donna, questo debutto dell'Aleramo trentenne? Le coordinate sono abbastanza evidenti. Benché il romanzo si svolga in gran parte nel Sud — questa è l'impressione, anche se il riferimento autobiografico ci dice che la cittadina nella quale la protagonista passa gli anni dall'adolescenza alla giovinezza è Porto Recanati —, non è un romanzo naturalista né verista. E' un romanzo dell'anima che dà per scontata la vittoria degli spiritualisti sui veristi e regionalisti: si ricordi la storica polemica tra Ojetti e Capuana. Il che non toglie che lo spiritualismo di Sibilla sia di marca positivista e umanitaria, all'insegna di quella figura del padre che è uomo di lavoro e di scienza, apostolo dell'emancipazione umana, ateo e materialista, solo più tardi vinto e corrotto dal sistema. Sono del resto quelli gli anni in cui l'uomo dell'Aleramo è Giovanni Cena, e non è da sottovalutare l'importanza che un brutto romanzo come Gli ammonitori può avere esercitato sul bel libro di Sibilla: la denuncia del pauperismo, i propositi d'intervento diretto, ecc. Una donna è dunque un romanzo dannunziano-socialista: autobiografia di una transizione dalla coscienza individuale alla coscienza sociale; ma non c'è dubbio che la chiave di scrittura batta sul primo tasto: •Entrava ne' miei polmoni avidi tutta quella libera aria, quell'alito salso: io correvo sotto il sole lungo la spiaggia, affrontavo le onde sulla rena, e mi pareva ad ogni istante di essere per trasformarmi in uno dei grandi uccelli bianchi che radevano il mare e sparivano all'orizzonte. Non somigliavo loro?». E' un romanzo simbolista: datato: e non c'è niente di male. Anche Ibsen era un simbolista: e in Una donna si fa esplicito riferimento a Casa di bambola. C'è dunque, dietro al livello di scrittura, ma non in contrasto con questo, un discorso di cospicue motivazioni saggistiche e programmatiche, o diciamo contenutistiche. C'è il bilancio del femminismo italiano fino a quella data. L'Aleramo dice che, per colmo d'assurdo, proprio le migliori scrittrici italiane avevano fatto professione di antifemminismo. Si pensi a Neera, di cui sono state ristampate in questi giorni Le idee d'una donna. Neera sostiene che la condizione femminile si sublima nella maternità; è la maternità che assicura alla donna quell'autonomia che non le potrebbe altrimenti assicurare l'imitazione dell'uomo. Sibilla, nel suo romanzo a tesi, afferma che non sarà mai troppo alto il prezzo richiesto per pagarsi quell'autonomia. Di fronte a una legge iniqua che la subordina al coniuge, la ricatta e la colpisce, la protagonista non ha altra scelta che abbandonare suo figlio: lasciarlo nelle mani del vincitore del momento. Ma dalle scrittrici che l'hanno preceduta — e direi, in particolar modo, Neera — Sibilla ha derivato una sottilissima capacità d'analisi (e forse c'è dietro anche il romanzo psicologico alla Bòurget): quell'analisi che vede la donna come possibilità che .non si attua, come occasione mancata, come fantasticheria senza corrispettivo d'azione. In una lettera del '16 a Dino Campana l'Aleramo scriveva: •Sono quindici anni che son partita da mio figlio». Da quella data era finito il noviziato, il periodo d'aspettazione, aspettazione che poi s'identifica con lo stesso stato di grazia di Una donna: populismo, messianismo, arte di propaganda, arte a tesi, tutto si giustifica in quel cechoviano sentimento di vigilia. Negli anni che seguono all'idea terrà dietro l'azione. La Sibilla narratrice che verrà dopo Una donna non testimoniera più sulla condizione femminile, ma sulla sua immagine individuale di superdonna. Dalla Sibilla persona si passa alla Sibilla personaggio. Finché aveva fronteggiato quel marito ottuso, violento, retrogrado, disamorato e geloso per spirito maschilista, era stata una persona: le lettere a Campana e le altre che man mano vengono in luce, ci danno il personaggio: perfino più dannunziano — ma in senso solo letterario — di quello che avevamo conosciuto all'inizio. E' la Sibilla collezionista: Damiani, Cena. Cardarelli. Papini (chiamato Arno in ragione dei suoi occhi chiari come l'acqua di quel fiume). Boccioni, Beine... E' una Contessa Lara del Secolo XX. ma ormai ha cessato di sentirsi naufraga. Anzi è una buona navigatrice, ma il miracolo di Una donna non si ripete; libro che resta molto importante nel quadro del primo Novecento, come ha ben visto Rita Guerricchio che all'Aleramo ha dedicato lo studio più intelligente e completo: Storia di Sibilla. (Pisa, Nistri-Lischi, 1974). Luigi Baldacci

Luoghi citati: Campana, Pisa, Porto Recanati