I grattacieli d'America sono emigrati al Sud
I grattacieli d'America sono emigrati al Sud I grattacieli d'America sono emigrati al Sud Salvador Garmendia I PIEDI D'ARGILLA Fè4trlnelli,Milano 258 pagine, 5000 lire QUAL è l'influenza della letteratura nordamericana su quella dei paesi dell'America Latina? Ecco un bel tema di ricerca, ora che nelle nostre università si cominciano a studiare le letterature straniere del dopoguerra e qualche giovane sembra disposto a impratichirsi nello spagnolo. Per fare solo un esempio, l'opera di un narratore vigoroso come il peruviano Mario Vargas Llosa non si spiegherebbe se non si ricorresse a Faulkner. Ma Llosa è un narratore originale e non si esaurisce ceno nell'ossequio al suo modello. Questo è il punto: distinguere ogni volta i prestiti dagli apporti genuini dello scrittore e della cultura che lo circonda. Nel caso del venezuelano Salvador Garmendia (classe 1928) — che con una punta di eccesso di zelo la Feltrinelli introduce per la prima volta in Italia, ad arricchire il suo già folto catalogo di narratori iberoamericani — i prestiti, direi sono molto pesanti. E' la struttura, soprattutto, a risentirne; un affastellarsi di , incontri, sogni, incubi, riflessioni ad alta voce, che riporta ancora una volta all'autore di Requiem per una monaca ed, in genere, ai narratori statunitensi dell'età di mezzo. Lo stile, intendiamoci, è calcolato e sapiente: e mirabilmente reso dalla traduzione di Adele Faccio (sì, proprio lei, l'onorevole radicale, che prima della militanza politica è stata un'eccellente traduttrice). E molto, in questa scrittura logorroica ed onnivora, discende dalla matrice tellurica della prosa sudamericana (Elio Vittorini, in una conversazione che non posso dimenticare, mi spiegò una volta che il romanziere più importante per quel continente doveva essere stato, fuor di dubbio, il magniloquente Victor Hugo). Ma intanto, in chi legge, resta un'impressione di apprenditiccio, come di una lezione studiata con caparbietà, ma non ben assimilata. C'è un tema, tuttavia — in questo ininterrotto monologo sull'estraneità sociale, lo sradicamento, la perdita d'identità — che agisce originalmente e resta impresso nella memoria del lettore: il tema della solitudine nelle grandi metropoli. Bella forza, dirà qualcuno: come se New York, Los Angeles, Chicago, San Francisco non fossero mai esistite e gli scrittori statunitensi non ci avessero impiantato fiordi romanzi. Ebbene, qui siamo in un clima diverso, di uno spossamento così violento da imporsi come abnorme codice di vita prima che come eco letteraria. La città del romanzo è Caracas : e bisogna essere stati in certe megalopoli del Sud America per comprendere quanto l'uomo possa essere nemico all'uomo. Nel descrivere la vertigine dei suoi antieroi alla perenne ricerca di un punto fermo cui approdare ed ancorarsi, nell'analizzarne impietoso lo stordimento tra miasmi e grattacieli a perdifiato, Garmendia scrive finalmente pagine assai belle. E genuine, che è quel che più conta. LI è ( davvero figlio della sua terra, snaturata e deformata: una terra che non ha più passato (lo stupendo, irrecuperabile passato indigeno), vive un malcerto presente, in attesa di un futuro che, a sua insaputa, è già cominciato. Guido D'avico Bonino
Persone citate: Adele Faccio, Bonino, Elio Vittorini, Faulkner, Garmendia, Llosa, Mario Vargas Llosa, Salvador Garmendia, Salvador Garmendia I, Victor Hugo
Luoghi citati: America, America Latina, Caracas, Chicago, Italia, Los Angeles, Milano, New York, San Francisco, Sud America
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