Quei grandi uomini, non tanto puliti

Quei grandi uomini, non tanto puliti Quei grandi uomini, non tanto puliti Bacone e Shakespeare, con dame cortigiani eruditi nella cronaca di John Aubrey John Aubrey VTTE BREVI DI UOMINI EMINENTI Adelphi, Milano, 287 pagine, 7500 lire NON mi raccontate il fatterello», dicevano una volta iprofessori di liceo: erano i tempi in cui i libri di testo raccontavano ancora la Storia a forza di episodi caratterizzanti un personaggio o una nutazione, mentre più o meno confusamente i docenti avvertivano la necessità di allargare la visuale tentando sintesi e panorami. Oggi il ciclo si è probabilmente compiuto, e con i rimpianti per il forse troppo drasticamente giubilato nozionismo risorge insopprimibile il gusto del piccolo aneddoto eloquente, non importa se falso overo. Topo di biblioteca e collezionista di curiosità vissuto sotto Carlo I, sotto CromweU, sotto la Restaurazione e oltre —morì nel1697, dunque dieci anni dopo la seconda rivoluzione inglese, quella incruenta — l'eccentrico John Aubrey raccolse materiale' per la monumentale opera Athenae Oxonienses del grande erudito contemporaneo Anthony Wood appuntandosi dettagli biografici su una serie di protagonisti del presente e del passato non troppo remoto. «Sapeva cogliere il particolare pittoresco, ma non era in grado di mettere ordine né nelle sue carte né nei suoi pensieri, il che oggi lo rende più attuale», dichiara J. Rodolfo Wilcock, traduttore della scelta odierna tratta dalla ben più voluminosa raccolta uscita dopo la morte di Aubrey: Vite brevi E* una raccolta di appunta rarissimi i ritratti con qualche pretesa di organicità; il che è un peccato, perché quando si dilunga un poco, come nel caso di Thomas Hobbes, Aubrey è incantevole. Di solito agli uomini (o atte donne) eminenti non sono dedicate invece che poche righe, con la registrazione di uno, due tratti nemmeno sempre della vita (a volte il personaggio figura soltanto come salma: fondendosi durante l'incendio di Londra, la bara di piombo di John Colet, dottore in teologia, ne trasforma l'occupante in una salamoia «dal gusto insipido»; del gesuita Thomas Harcourt, arso vivo a Tyburn, un ragazzino recupera un rene che poi si marmorizza con effetto suggestivo). Molto spesso gli aneddoti sono sicuramente apocrifi, talvolta lo stesso autore, dimentico di averli già sfruttati, li attribuisce, a più ggi; egli del resto è personagi oenconsc conscio del pessimo stato della propria memoria, e continua a mettere le mani avanti con dichiarazioni tipo •non ricordo», •Tho dimenticato». Da Thomas More, Bacone, Shakespeare, Ben Jonson, George Herbert John Dee, ai grandi della Restaurazione, cortigiani, eruditi, dame, da lui visti di persona, sfila sotto gli occhi del bizzarro pettegolo la parata di un secolo di storia inglese. E a parte i numerosi episodi divertenti perché sudici — Sir William Fleetwood che fai suoi bisogni per strada — o sinistri — la contessa di Sussex che rimasta vedova si prende per amante un servo sifilitico, condannandosi consapevolmente a sua volta — non mancano i casi in cui l'immagine ricevuta di un uomo famoso si arricchisce in modo inaspettato quanto efficace. ti Ubro insómma è godibilissimo, anche grazie alla spigliata traduzione; della quale è lecito tuttavia non condividere, qua e là, certe sgrammaticature con cui si è forse tentato di rendere lf singolarità dell'originale (•gli pregò», •ritrattare» per •ritrarre», •chiederglielo a sua maestà», «la testa per prima» per «a testa avanti», ecc.), ma che in definitiva costituiscono dissonanze sgradevoli Masotlno d'Amico

Luoghi citati: Londra, Milano