Ma tutta l'Italia è contro Venezia? di Alvise Zorzi

Ma tutta l'Italia è contro Venezia? Ma tutta l'Italia è contro Venezia? S. Fay e P. Knightley VENEZIA MUORE Garzanti, Milano 190 pagine, 4000 lire LA morte di Venezia (è il titolo originale inglese, del pamphlet dei due giornalisti del Sunday Times, Stephen Fay e Phillip Knightley, che fecero tanto rumore anni fa con i loro provocatori servizi), è l'autentico inconfessato desiderio dello Stato italiano, ad ogni livello. Ecco la tesi del libro, scritto alla bravaccio, senza bellurie letterarie e con molti svarioni (a parte l'ottima «guida» del Lorenzetti, l'unica fonte scritta consultata dai due sembra essere l'esuberante ma superficiale «Venice» di James Morris), ma, purtroppo, assai convincente. Del resto, dalla caduta delta Repubblica veneta in poi, Venezia, nella sua inguaribile diversità, ha rappresentato un problema imbarazzante per tutti i governi centrali regionali e locali che si sono succeduti; dei quali chi ha fatto o cercato di fare molto ha perpetrato disastri irreparabili e chi non ha fatto niente ne ha preparati altri presenti e, Dio ne liberi, futuri altrettanto irreparabili Sulle ragioni, anche troppo note, del decadimento di Venezia il libro non dice nulla di nuovo. Diventa amaramente umoristico come una «commedia sgradevole» di G. B. Show quando racconta (ed è la parte principale del volume) tutto ciò che non fu fatto in questi ultimi anni per salvare Venezia e come la tragedia dell'alluvione del 4 novembre 1966 sembrava dovesse mobilitare il mondo intero per il salvataggio di un bene considerato proprietà non dell'Italia soltanto, ma dell'umanità intera Partirono in crociata l'Unesco e una selva di comitati sorti spontaneamente in tutto il mondo, ma l'Italia ufficiale preferì struggersi in querelles pseudoscientifiche, in dispute politiche e burocratiche e, soprattutto, in rinvìi durante i quali i rappresentanti di opposti schieramenti d'ogni genere si guardavano vicendevolmente in cagnesco diffamandosi l'un l'altro e cercando, soprattutto, di salvare non Venezia ma i rispettivi interessi Così, a varare la legge speciale chiassosamente invocata da tutti al momento dell'alluvione ci sono voluti sette anni e quella legge è oggi violentemente contestata dagli amministratori comunali chela considerano non «per» ma «contro» Venezia e solo una minima parte degli adempimenti è stata realizzata. Così a undici anni dall'alluvione il problema di proteggere le bocche lagunari contro le maree è sempre allo stesso punto, cioè a zero, mentre il canale dei petroli ha tagliato la laguna in due e v si continua a parlare di ampliamenti della zona industriale di Marghera. Così Comune e Regione si palleggiano da anni i cosiddetti «piani particolareggiati», modesto saggio di demagogia architettonica locale, e la città si spopola sempre più ad un ritmo vertiginoso senza che nessuno faccia nulla di concreto per opporvisi e se mai col favore della speculazione. _ Di fronte al fallimento deltiniziativa globale dell' Unesco, arenatasi contro la verbosa inerzia governativa e le malcelate ostilità locali brillano i successi fedelmente registrati nel volu¬ me, di quanti comitati e singoli individui hanno fatto da sé, a costo di grossi sacrifici; a cominciare dai so~ praintendenti ai monumenti e alle gallerie, Padoan e Valcanover, cirenei del recupero di un patrimonio artistico minacciato e percosso senza posa Rimane il vero esproprio «giallo» del famoso prestito fantasma che avrebbe dovuto finanziare la legge speciale ed il cui ricavato, secondo Fay e Knightley, è stato distratto ad altri usi Duole leggere affermazioni come quella (mai smentita) del colonnello James Gray, presidente dell'Internatipnal Fund for Monuments: «Il governo italiano ha rilasciato infondate dichiarazioni sull'appropriazione indebita dei fondi messi a disposizione per Venezia», o l'articolo del Times sul quale Bernard Levin suggeriva, a risolvere il problema, l'istituzione di un consorzio mondiale di finanzieri loschi che avrebbero salvato Venezia Conclusioni? Mah Peter Nichols, l'acuto scrittore inglese di cose nostrane, scrive: «Un politico italiano sincero... riconoscerebbe probabilmente che la cosa migliore per Venezia sarebbe sprofondare il più presto possibile». / due autori ipotizzano una morte più lenta, „ come fu la marte di Tonello, già città splendida, ora minivillaggio attorno a due stupende basiliche. Noi abbiamo ancora fede, non tanto nei veneziani (che non sono però tutti inerti né ostili come vengono talvolta dipinti) quanto nell'amore appassionato del mondo, di tutto il mondo. La Vecchia, come la chiamava il doge Paolo Renier in un famoso discorso, è forse più salda di quel che pare, sulle sue fondamenta imporrite Ma libri come questo sono necessari, nella loro spietata aggressività anche se talvolta ci danno dentro, come si suol dire, un po' alla carlona Sono frustate alla nostra coscienza, nazionate e privata Ne abbiamo veramente bisogno. Alvise Zorzi