Doppia immagine di uno scrittore
Doppia immagine di uno scrittore Doppia immagine di uno scrittore PER vent'anni, tra il Cinquanta e il Settanta, la provocatoria cocciutaggine di Elio Vittorini a persistere, per tutta la sua vita, nello sforzo di rispecchiare nella propria ricerca di scrittore il proprio impegno di intellettuale, ha diviso la critica italiana tra gli entusiasti del Vittorini operatore culturale e i nostalgici del Vittorini narratore: dopo il "68 la giovane critica ha cominciato ad accettare la saldatura della «doppia immagine» di Vittorini, dando il via a un processo di doppia rivalutazione della sua opera di narratore e di ideologo, ora l'epistolario dello scrittore, di cui Einaudi presenta un primo volume. ovrebbe confermare l'opportunità del nuovo indirizzo d'analisi. I grandi temi di Vittorini scrittore sono il tema del «viaggio», della «conversazione», delle «città dei mondo»: il viaggio (a rispecchiamento del viaggio biblico del popolo d'Israele verso la propria identità antropologica e verso la salvezza) verso la conoscenza (verso l'identità culturale) e verso la liberazione dai bisogni (o verso un futuro socializzato); la «conversazione» come metafora della capacità del lin¬ gguaggioeacuturacompiere un'operazione di gnoseologia collettiva, le «citta del mondo» come rappresentazione allegorica del «nuovo mondo» utopico dove le varie città (le varie culture) confluiscono in un'unica città (in cui convivono tutte le culture). Ne consegue che, essendo Vittorini essenzialmente uno scrittore utopico, nella sua opera convivono e coincidono l'immaginazione ideologica e l'immaginazione linguistica. Vittorini operatore culturale e Vittorini scrittore lascia¬ no,po,caramenentendere di considerare la letteratura una cronaca testimoniale collettiva in cui le «storie» tendono a configurare la «storia», e questo chiarisce perché Vittorini, narratore lirico, visionario, allegorico, abbia rigorosamente espunto l'autobiografismo e lo psicologismo dal proprio progetto di rappresentazione. Vittorini narratore parte dal ricupero culturale di realtà popolari emarginate, di protostorie sociali e studia il loro possibile innesto (il loro ricupero) nella civiltà industriale per¬ eameneconsapevoe, però, (marcusiano ante litteram) della catena di effetti di alienazione e autoritarismo, oltre che di liberazione, che la civiltà industriale innesca. Da qui la sua «doppia tensione» tra storia e utopia, tra politica e cultura, tra partecipazione sociale e libertà individuale. Da qui la coesistenza della sua ricerca individuale di scrittore con quella di una sperimentazione di gruppo attraverso riviste e collane editorial» (chiaramente tendendo a una «scrittura collettiva»). Da qui lo sforzo per raggiungere una de- ideologicizzazione partitica della propria utopia di un mondo nuovo. Si poteva verificare questo slancio di deprivatizzazione dell'esperienza persino nei dettagli della sua vita privata. Quando lo conobbi, a Milano, nel 1953, le sue due passioni del momento erano giocare a carte (scopone, briscola, tresette) e ascoltare dischi jazz: la sua passeggiata serale, dopo il lavoro d'ufficio all'Einaudi o alla Mondadori, verso la libreria di Aiorovando Aidrovandi, in galleria Manzoni, prevedeva varie tappe in bazar di dischi o discolibrerie; ma si faceva mandare dischi anche dai suoi editori di New
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