Per il re (e per il denaro)

Per il re (e per il denaro) Una battaglia medievale, al centro della storia europea Per il re (e per il denaro) Georges Duby l LA DOMENICA DI BOUVINES Einaudi, Torino .240 pagine, 8000 lire TUTTI sanno the le battaglie veramente decisive del Medio Evo furono abbastanza poche e che una fra queste poche fu la sconfitta dell'imperatore Ottone IV di Brunswick, il 27 luglio 1214, da parte del re di Francia Filippo II Augusto. Tutti sanno altresì che in quella memorabile giornata fu coinvolta direttamente o indirettamente la maggior parte delle grandi potenze europee del tempo. Se Ottone IV combatteva grazie ai mezzi fornitigli dal suo alleato Giovanni Senzaterra, re d'Inghilterra, su Filippo II Augusto stava l'alta benedizione del pontefice Innocenzo III, avversario dell'imperatore ed inteso a sostituirgli sul trono Federico II di Svevia. Al duello tra la monarchia francese e l'imperatore germanico, si intrecciavano pertanto il tradizionale conflitto tra il Papato e l'Impero, la rivalità fra la casa dei Guelfi e quella ghibellina degli Hohenstaufen e la lotta fra i Capetingi ed i Plantageneti per l'eredità di Eleonora di Aquitania. E' comprensibile che la giornata di Bouvines sia stata vista dalla storiografìa moderna soprattutto in funzione di questo groviglio di conflitti di potenza. Viceversa, il grande medioevalista francese Georges Duby, nel suo affascinante volume La domenica di Bouvines, si pone decisamente in polemica contro questa ottica abituale. Si tratta a suo avviso di una « storia positivista » che « non riesce ad evitare controsensi ed anacronismi » malgrado il suo scrupolo di esattezza fattuale. « Attenta unicamente all'azione politica, alle sue motivazioni e alle sue conseguenze», finisce per vedere Filippo Augusto « co- me una volontà di fronte ad altre volontà, un desiderio di fronte ad altri desideri, nella immutabilità della natura umana ». In questo modo, si finisce per non avvertire più il senso più autentico della storia, cioè i mutamenti subiti nel tempo dai comportamenti umani e dalle loro motivazioni. Georges Duby invece vuole considerare questa battaglia e la memoria da essa lasciata come « immerse in un complesso culturale diverso da quello che oggi regola il nostro rapporto col mondo ». Non a caso il centro ideale del suo libro non è affatto un tentativo di ricostruire la battaglia di Bouvines così come essa fu, ma piuttosto la narrazione lasciatacene da uno dei suoi partecipanti, Guglielmo il Bretone, un chierico della corte di Filippo II Augusto, che volle dimostrare come il trionfo del suo re fosse la vittoria del Bene sul Male, dell'ordine voluto da Dio sugli iniqui disegni degli empi. Quindi Georges Duby risale con finezza ammirabile alle scaturigini di questa apoteosi di Filippo II Augusto, quali la concezione sacrale della regalità affermatasi nel Medio Evo e la campagna per la pace di Dio. lanciata dalla Chiesa dopo il Mille ma trasformatasi tosto in uno degli strumenti principali della monarchia per affermare la propria autorità. Però al tempo stesso scava con non minore intelligenza nella realtà delle strutture sociali ed economiche del tempo per fare emergere quello che Guglielmo il Bretone ha pudicamente taciuto: per esempio il viluppo di interessi materiali che ruota intomo alla guerra, giustificata così spesso come un mezzo per costrin.gere il nemico a rispettare la pace, ma risolventesi in spedizioni di rapina ed in caccia a nobili prigionieri da cui estorcere un alto riscatto. Su questo quadro di una ricchezza quasi miracolosa di tonalità, torreggiano da una parte la concezione gerarchica della società, della quale il Monarca e la Chiesa sono garanti supremi, e dall'altra la potenza nuova del denaro, che condiziona non solo la guerra ma addirittura l'incolumità fìsica dei combattenti, talché solo i plebei, in realtà, uccidono e sono uccisi, mentre i più ricchi sfuggono ai colpi del nemico grazie alle poderose armature che si possono acquistare. Da una parte,-dunque, la battaglia assume il carattere di una sorta di liturgia religiosa, dalla quale si attende la rivelazione della volontà di Dio; dall'altra si rivela per intrico scon¬ certante di solidarietà e di rancori, di cupidigie e di etichette. A completare l'opera, si aggiunge poi una sorta di lungo epilogo, in cui la battaglia assume via via significati mitologici diversi col mutare dei luoghi, dei tempi, delle passioni umane. Si può essere o meno d'accordo con i presupposti metodologici, che informano di sé questa opera. Per esempio, potrebbe essere legittimo chiedersi se il buon vecchio patriottismo francese, tipico della storiografia politico-militare di un tempo, cacciato dalla porta non torni un tantìnello a riaffacciarsi dalla finestra. Duby investiga ammirabilmente il significato di Bouvines dal punto di vista della storia delle mentalità, dei comportamenti, delle classi sociali della Francia del sec. XIII. Ma tace o quasi che in ballo erano pure — almeno in qualche modo — la Curia di Roma e i destini di un'Italia, la cui società stava trasformandosi ancora più velocemente di quella francese. Non è lecito dubitare però che quest'opera è un autentico capolavoro, sorretto da una stupenda coerenza interiore e da una rara capacità di penetrazione. Cosa* tutt'altro che, trascurabile, è anche un libro ebe si legee come un romanzo, tanto è limpida la sua stesura e seducente la sua rievocazione del passato. Viene anzi da pensare con un po' di malinconia a questa nostra Italia, dove tante volte raffinatezza intellettuale è sinonimo di oscurità e la solidità della ricerca scientifica sta in proporzione alla sua inaccessibilità ai « non addetti ai lavori ». Giorgio Spini • 'Il \?4 % i Vi' ? vv ;/ > "r *s> mÈÈsk 0> -™5. M O > X o ■o o V) s me i m Hi I Li '

Luoghi citati: Aquitania, Francia, Inghilterra, Italia, Roma, Torino