A ognuno il suo teatro

A ognuno il suo teatro Il primo rapporto sull'avanguardia scenica A ognuno il suo teatro Franco Quadri L'AVANGUARDIA TEATRALE IN ITALIA (Materiali 1960-1976) Einaudi, Torino, La ricerca critica, 2 voli., 826 pagine, 12.000 lire. IN due grossi e densi volumi Franco Quadri ha raccolto, per l'editore Einaudi, una copiosa e stimolante documentazione sull'avanguardia teatrale italiana dal 1960 al 1976. Sono centinaia di pagine fitte di programmi, manifesti, saggi, interviste, dichiarazioni, schemi di spettacoli, progetti, polemiche, in cui i protagonisti stessi di questa singolare ed indubbiamente anche arruffata avventura parlano in prima persona. I gruppi passali in rassegna sono più di cinquanta, tra grandi e piccoli, stelle fisse e meteore, protagonisti e comparse. Accurati schedari, repertori ed elenchi bibliografici completano il panorama. Dire che cosa sia "'avanguardia teatrale italiana, a dispetto di tutte le teorizzazioni che ostinatamente già interessati hanno tentato, non è affatto agevole, forse impossibile; lo stesso Quadri, spettatore privilegiato, militante e quindi parte in causa, accantona ogni velleità sistematoria e si limita ad intitolare U suo corposa scritto d'apertura «materiali per una nort-introduzione». In effetti mette assieme il barocchismo provocatorio è angosciato di Carmelo Bene, il razionalismo visio¬ nario di Carlo Quartucci, l'oggettualità ludica (m cui l'attore è incluso) di Mario Ricci, l'istrionismo distruttivo e disarticolante di Leo De Bemardinis e Perla Peragallo, l'estetismo sperimentale di Giancarlo Nanni, la drammaticità popolaresca e colta di Carlo Cecchi, per non citare che alcuni nomi della prima generazione, non è impresa facile. Si aggiunga che i-punti di riferimento (non dico modelli) spaziano dal Living al Bread and Puppet, da Artaud a Beckett, da Grotowski ai situazionisti, dalla musica alle arti figurative e comportamentali, al folclore e via dicendo. Non siamo di fronte ad una scuola, bensì ad un grosso fermentò in cui spesso gli umori prendono il sopravvento sulle idee. Ce ne fornisce la riprova la lettura dei documen- ti elaborati in vista del Convegno per un Nuovo Teatro svoltosi ad Ivrea, sotto gli auspici del Centro Studi Olivetti dal 9 al 12 giugno 1967, primo tentativo di coordinare le energie teatrali che in quegli anni andavano delineandosi. Dei documenti di quel Convegno, che poi, nella realtà, si trasformò significativamente in una tumultuosa rissa, un solo punto (oltre al rifiuto pregiudiziale del teatro ufficiale e all'esigenza per lo più imposta dalle leggi di mercato di utilizzare spazi alternativi) venne rispettato: quello di porre al centro degli interessi la ricerca di linguaggio: La messa in discussione della regìa, il lavoro collettivo, la creazione di un nuovo rapporto scena-platea, le individuazioni di un nuovo pubblico, ecc., rimasero nella maggior parte dei oasi mere aspirazioni. Sicché, se -proprio vogliamo indicare un denominatore comune del movimento, trascurando quello non casuale, ma esterno della sua prevalente romanità, possiamo convenire con il Quadri quando parla di meta teatro, «cioè della tendenza non a fare teatro, ma a lavorare sul teatro». Il che, piaccia o no, finisce per generare un teatro fine a sé stesso, elitario, una composizione talora affascinante di gestualità, vocalità, visualità, situazioni, movimenti. Personalmente, nonostante l'indubbio interesse per il fenomeno, molte volte di fronte a questi spettacoli mi sono domandato se si potesse ancora parlare di teatro, o se non si dovessero piuttosto invocare nuove categorie d'espressione. La sorte delle avanguardie, si sa, è di esaurirsi e oggi l'avanguardia teatrale italiana, divorata dalla sua logica interna e dalla sua ricerca di assoluto, è giunta, come nota ancora il Quadri, alle soglie dell'afasia. Rievocarne le vicende significa un esame di coscienza culturale di anni tormentati e fervidi. Gian Renzo Morfeo

Luoghi citati: Italia, Ivrea, Torino