Tutte le guerre del Negus di Antonio Ghirelli
Tutte le guerre del Negus Tutte le guerre del Negus NELL'ORIGINALE inglese, il titolo di questa storia « delle guerre italiane in Abissinia e in Etiopia » che Rizzoli presenta come II mito dell'Impero di Anthony Moekler (488 pagine, 10 mila lire), suona molto diverso. La prima parte è dedicata infatti alla « guerra del Negus », la seconda al « ritorno di Hailè Selassiè ». E' comprensibile l'assillo di sollecitare l'interesse del lettore italiano, ma la differenza è sostanziale, perché Moekler vede dichiaratamente le nostre imprese coloniali dal- punto di vista del « nemico », laddove altri storici (per esempio Angelo Del Boca, che si è occupato recentemente dello stesso argomento) si sono mossi pur sempre in una prospettiva interna alla logica dei colonizzatori, per quanto critico sia stato il loro approccio nei confronti dei generali di re Umberto o dei marescialli di Mussolini. Con ciò, ovviamente, non s'intende affatto ridurre il valore e l'originalità dell'opera di Moekler, non fosse che per la ricchezza di fonti hritaniiiche ed etiopiche a cui attinge il suo racconto e per la luce rivelatrice che getta su retroscena e momenti delle tre imprese che tutti noi ignoravamo. L'opera, che è imponente, sarebbe stata esemplare se lo scrittore inglese, memore forse xielle sue esperienze giornalìstiche, non avesse scelto uno stile fin troppo dimesso, affastellando un'enorme congerie di notizie politiche e militari, senza preoccupazioni di chiarezza e di sintesi. Ne risulta, soprattutto nell'ultima parte, una lettura faticosa e confusa. E' pur vero che una scrittura siffatta ha anche i pregi dei suoi difetti: in primo luogo, l'abbondanza e precisione dei ragguagli, quindi una' tagliente obiettività condita da quell'attitudine tutta britannica a considerare con humour anche gli errori e le goffaggini dei propri connazionali. Non è certo colpa del prof. Moekler se, nel confronto tra la civiltà etiopica e quella dei colonizzatori italiani ed anche inglesi, non è la prima a scapitarne — nonostante la primitiva ingenuità dei costumi e la endemica oscillazione tra ribellismo e sottomissione —. Tanto meno è colpa del prof. Moekler se i generali e i marescialli italiani escono ancora una vol¬ ta ridicolizzati dalla sua opera, come del resto da quella di Angelo Del Boca quali insuperati campioni di incompetenza di ottusità, di gelosia professionale, di stolto razzismo e di abissale ignoranza della realtà africana, talora anche di ferocia Semmai, è merito dello studioso inglese quella di aver posto l'accento su un aspetto della storia dell'ultima campagna italiana in Africa Orientale. Secondo Moekler all'inizio della seconda guerra mondiale' i rapporti di forza fra italiani ed anglo¬ etiopici, compresi i reparti reclutabili nel Sudan, nel Kenia e in Sud Africa, erano talmente favorevoli al nostro esercito, che esso avrebbe potuto e dovuto giocare la carta dell'offensiva, per invadere il Sudan e stabilire il collegamento con le truppe stanziate in Libia. Nella fase iniziale del conflitto, questa manovra a tenaglia avreb be annientato il presidio inglese in Egitto, mettendo in crisi tutto lo schieramento alleato nel Mediterraneo. • Viceversa non solo il vicere duca d'Aosta e i suoi comandanti di settore, ma lo stesso Mussolini (per non parlare del prudentissimo Badoglio, capo di stato mag; giore generale) ritennero che la guerra si sarebbe decisa in Europa e che, di riflesso, in' Africa Orientale fosse opportuno attestarsi fin dal primo giorno sulla difensiva, nonostante la netta superiorità in termini di uomini, di armamenti e persino di i^ornimenti. La conseguenza di questo piramidale errore fu che Londra ebbe tutto il tempo di organizzare prima la guerriglia, poi l'invasione dell'Impero, mentre Wavell si accingeva a sferrare in Nord Africa quel colpo micidiale che in pochi giorni avrebbe disintegrato l'armata di Graziani, generale cialtrone e fellone più di tutti i suoi colleghi messi insieme. Mentre leggevamo il libro di Anthony Moekler, già ferveva nell'Ogaden l'asperrimo conflitto tra etiopici e sòmali; ma purtroppo, nella storia dell'inglese, non ah biamòx trovato molti risvolti che ci aiutassero a capire le lontane motivazioni di questa guerra, salvo forse l'attenzione che egli dedica ripetutamente all'indocilita i alle interne lacerazioni tra i popoli da ci era costituito l'impero/iel Negus. Antonio Ghirelli
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