Il nuovo Robbe-Grillet

Il nuovo Robbe-Grillet In esclusiva alcune pagine dell'ultimo romanzo Il nuovo Robbe-Grillet IMMOBILE di nuovo, sì. § senza dubbio, ma con ^ qualcosa di provvisorio, di fragile, o di teso, come se regnasse su tutta quella calma ancora invisibile una minaccia, una paura, una sentenza di morte già pronunciata, silenzioso sempre, sì, senza dubbio, ma con un quasi impercettibile soffio, o sibilo, come un vento senza forza apparente che sposta ad uno ad uno tuttavia i granelli di sabbia sulla spiaggia, per trasportarli in modo insensibile verso la terrazza abbandonata dove si accumulano a poco a poco in piccole increspature sinuose, parallele, sulle assi grigie disgiunte che si raccordano qui senza soluzione di continuità con la debolissima pendenza al suolo polverulento, ineguale, modellato dalVagitarsi degli innumerevoli passi della vigilia, o dei giorni precedenti, fino all'acqua di nuovo stanca, sì, senza dubbio, ma che si spezza ancora all'alta marea in una minuscola onda continuamente ripetuta su se stessa, con un dolce sibilo periodico, così regolare che si potrebbe anch'esso neppure sentire tanto fa parte di quello scenario coagulato dall'alba, come si potrebbe anche neppure scorgere il pesante volo senza rumore d'un grande pellicano pallido che si allontana sul filo dell'acqua verso sinistra, costeggiando la terraferma a dieci metri circa, parallelamente alia linea della riva segnata da un festone di schiuma, che svanisce in fretta e subito è riportato dalla piccola onda instancabile, invisibile comunque dal punto dove mi trovo, troppo lontano, troppo in basso, troppo rientrante. In faccia a me, arrivando dunque in senso contrario ah percorso seguito dal grande uccello scomparso, un profilo notevolmente più danzante disegna ora i suoi arabeschi, che presto si rivelano un'adolescente nuda che cavalca a pelo un giovane cavallo dalia criniera fluttuante, secondo l'abitudine infantile in voga sulla costa ovest; che avanza a balzi, seguendo un tracciato capriccioso che permette di ammirarli successivamente da tutte le angolature, sempre più da vicino, la lunga capigliatura blu nera e i morbidi crini in faville d'oro scalpitano e caracollano nella brezza tiepida del mattino, mentre la ragazza tenta, senza staffe né speroni, di costringere la sua cavalcatura fulva a penetrare più addentro nel mare che sprizza da ogni parte sotto gli zoccoli riottosi, ricadendo tra le risate chùvre dell'amazzone il cui corpo snello innaffiato dagli sprazzi di schiuma brilla con lo splendore del metallo, improvviso, nella luce nascente. Arrivata così quasi in primo piano, la cavallerizza dal sapore di iodio e di sale scompare a sua volta, dietro di me, sulla destra, fidanzatina provvisoria; e io non mi giro per seguirla, con gli occhi. Io mi fondo persino di più nello scenario indeciso di tavoli in disordine e di sedie ammucchiate, sull'angolo della terrazza, quando scorgo, mentre vengono dalla stessa direzione come all'inseguimento di una fuggitiva, tre cacciatori armati del loro fucile, con gli stivali, vestiti dell'abito di cuoio tradizionale e con la lunga penna curva sul cappello. Camminano in fretta, tutti e tre di fronte, lungo t'acqua, tenendo ognuno con la mano sinistra la canna di acciaio brunito puntata obliquamente verso il basso, pronta a raddrizzarsi, e l'indice destro sul cane. Attraversata l'inquadratura da sinistra a destra, ma molto più veloci, passano anche loro, con un sol passo, dietro la mia schiena. Quasi subito, scoppia nel silenzio uno sparo, vicinissimo pare, seguito senza il minimo intervallo da un grido acuto, come il richiamo straziante d'un gabbiano, che tuttavia non c'è; poi un lungo nitrito e una seconda detonazione identica, chiara e violenta, nella quale riconosco il Mauser da guerra utilizzato dalla milizia collaborazionista, che mette brutalmente fine all'ululato lamentoso che si prolungava, umano si sarebbe detto, che ricordava quello, nella foresta, del bell'animale dalle piume color carne che qui chiamano donna-uccello. Poi ci sono soltanto rumori confusi di acqua vivamente agitata dalla caduta di un qualche corpo, o da passi pesanti, o dal mare che batte con furore contro una roccia imprevista, mescolando i risucchi e gli urti di onde improvvisamente convergenti al galoppo del cavallo impazzito, i cui nitriti più brevi già sfumano. Nella calma ritornata, riformatasi la superficie unita, l'attesa di nuovo, il quasi impercettibile sibilo del vento, un altro pellicano pesante e silenzioso, che vola sul filo dell'acqua, attraversa il fotogramma in linea retta, fuggente, parallelo alla riva, alla stessa distanza del primo, riproducendo esattamente il suo passaggio Ut un perturbante duplicato. Parallelamente ancora e sempre nello stesso senso, ma un po' più verso il largo questa volta, un terzo uccello simile si allontana con uguale lentezza; sembra nuotare nell'aria spessa e traslucida che batte mollemente con le ali stanche, immutabile, finisce col dissolversi come i due altri nell'indecisione plumbea, sulla parte sinistra dell'orizzonte. Sulla terrazza costruita con assi grossolane, non combacianti, che lasciano tra di loro un interstizio variabile di un dito o due, la sabbia grigiastra prosegue la sua avanzata, in maniera continua, metodica, sorniona, in ondeggianti lingue mobili che progrediscono verso di me, senza chiasso né remissione. Andando nella stessa direzione dei pellicani, la giovane prostituta mendicante, come ogni giorno alla stessa ora, fa in questo momento la sua entrata col passo graziosamente dondolante da baiadera che mi permette dì identificarla, alla prima occhiata, non appena è comparsa nel mio campo visivo. Mi raddrizzo con precauzione' aiutandomi col bastone, dimenticando ogni prudenza, per vederla meglio: vestita come sempre di un lungo àbito di seta bianca, svolazzante e lacero, costeggiando il mare all'estremo limite delle onde, oggi si trascina dietro, sulla sabbia disseminata di rottami vari, una cosa flaccida difficilmente identificabile che assomiglia a qualche vecchia pelliccia, o a una pelle di bestia selvaggia ancora fresca. La ragazza è già quasi interamente di schiena quando si ferma nel suo cammino, col piede nudo rimasto indietro che si appoggia soltanto coll'estre- ma punta e mostra, rialzata in verticale la pianta minuta dilavata dall'oceano; poi, molto lentamente, fa roteare verso di me il suo busto di statua e il suo volto dal pallore di madreperla rosa. Siccome lo sguardo sperduto dei suoi grandi occhi dai riflessi grigioverdi sembra attraversarmi, per contemplare qualche spettacolo strano situato nella mia direzione, ma al di là, finisco col seguire il suo esempio e col girare il mio volto falsamente barbuto (e che reputo tuttavia irriconoscibile) verso la palizzata che chiude da quel lato il piazzale del caffè fantasma, dove scorgo soltanto il manifesto lacerato del Circo Michelet U cui nome si legge ancora a grandi maiuscole lascive, sopra i frammenti della celebre oleografia rappresentante una stupenda cavallerizza in calzamaglia rosa che combatte con la lancia contro un toro furioso. Sento allora dietro di me, portata dal vento senza dùbbio, questa frase nettamente articolata: uil grande uro è morto », le cui intonazioni molto particolari mi fanno venire in mente la voce dolce e musicale deUa mendicante ammaliatrice. Giro la testa verso costei, verso il punto almeno dove si trovava poco prima, perché è scomparsa, lasciando sulla superficie irregolare della sàbbia la sola traccia visibile che la spoglia dell'animale ha inscritto a due passi dall'acqua, una lunga scia sinuosa nella quale credo di indovinare, qua e là, ombre di sangue. Quasi senza pensarci, macchinalmente, mi siedo su una sedia pieghevole di ferro dipinta e invasa dalla ruggine che si trova là, vicino a me, pur essa abbandonata in quel paesaggio fuori stagione: città antica dopo il torrente delle ceneri ardenti, piazza di villaggio il giorno dopo il bombardamento, stazione balneare semidistrutta dagli uragani di equinozio. Ma non riesco a fissare la mia attenzione in maniera sufficientemente convincente sulle scaglie del tenero intonaco verde pallido che staccate, costellano di trian goli rossicci questa latta circolare che forma il ripiano di un tavolo dove si è appoggiato il mio gomito sinistro. Rialzo le palpebre, che ho tenuto abbassate ' con troppa applicazione. I due poliziotti sono là, in borghese ma perfettamente riconoscibili, col loro impermeabile chiaro con la cintura annodata con disinvolta fretta e il loro cappello floscio dalla larga tesa calata sulla fronte. Ho l'impressione che questa scena si sia già presentata, una volta almeno, prima, tanto la ritrovo come un'immagine familiare. A dire il vero, non avevo avuto molto tempo per scrutare a lungo il greto deserto per cercare di scoprirvi, gm lontana, la piccola prostituta nei suoi veli bianchi a brandelli che volerebbero ancora al limite delle onde. Le due figure tranquille e minacciose erano là, contro il mio tavolo, e toglievano la vista con le spalle massicce, rese ancora più larghe dall'impermeabile. Anche loro sembravano abituati allo svolgimento dell'episodio; quasi con un sorriso di complicità U primo tende un paio di manette regolamentari, mentre il fratello gemello mi mette sotto gli occhi un rettangolo di carta con sopra una fotografia in bianco e nero. Malgrado le dimensioni bizzarramente importanti del documento e la fragilità anormale del suo supporto, credo.dapprima che si tratti d'una tessera comprovante la funzione poliziesca dei miei visitatori. Ma, guardando con più attenzione, posso constatare che quella foto non è per niente il ritratto del personaggio che mi sta di fronte: ho a che fare semplicemente con un ritaglio di giornale, dove poche parole di commento accompagnano una foto di qualità assai mediocre, scattata da un reporter in quella che sembra essere una fabbrica, come testimoniano i verricelli, cavi, catene e pulegge di ogni. misura che si distinguono abbastanza nettamente verso l'alto dell'inquadratura. La cosa più notevole, tuttavia, in quello scenario, anche se non è si tuata al centro né in primo piano, sarebbe una giovanissima donna, più che a metà spogliata che si trova appesa per il collo, leggermente contorto di lato, per mezzo di una corda fissata all'enorme gancio di ferro di un paranco. Io resto imperturbabile. (Trad. di Sergio Zoppi) f \ Alain Robbe-Grillet, l'autore forse più noto del Nouveau Roman, celebre ora anche come regista, ha voluto dare a TL le pagine iniziali del romanzo cui sta lavorando. Pur se, come ci scrive, « i miei testi si prestano molto male ad essere pubblicati per estratti, poiché gli elementi acquistano il loro valore soltanto in funzione delle loro variazioni attraverso il libro », secondo la sua tecnica abituale, in. questo passo sono contenuti gli elementi essenziali che costituiscono l'intelaiatura attorno alla quale la scrittura costruirà la sua infinita trama d'immagini.

Persone citate: Alain Robbe-grillet, Grillet, Mauser, Michelet, Robbe, Sergio Zoppi, Trad