Notizie dal futuro su questa Italia di Stefano Reggiani
Notizie dal futuro su questa Italia Le fantacronache,, di Reggiani Notizie dal futuro su questa Italia Stefano Reggiani NEL SEGNO DEtT LEONE. L Italia delle fantacronache Bompiani, Milano, 150 pagine. 1300 lire COME si decodifica bene, all'istituto italianistico di Luxor. L'autore delle « fantacronache » sente il bisogno di inventarsi anche un mondo di fantastudi, per rendere più credibili ,i suoi pezzi, nati su un giornale, Contro tutte le regole del giornalismo. Queste pagine, apparse settimanalmente su La Stampa a personalissimo commento della cronaca politica quotidiana, rischiano di avere un senso più trasparente se la prefazione porta la data 16 termidoro 2870; e si finge scritta in una città della Valle del Nilo, dove qualcuno tenta di decifrare i fatti d'Italia sul finire del .secondo millennio. Visto col binocolo rovesciato, questo lontanissimo paese, di cui l'autore tenta una maliziosa geografia politicosociale, può suscitare sorriso, incredulità, distacco. Non è necessario prendere parte. E' assolutamente esclusa, dalla Luxor del ventinovesimo secolo, qualunque possibilità di indignazione. Il modello di questi « contes » solo marginalmente aphilosophiques» rimane il Pangloss voltairiano. anche se qui si cita un più modesto professor Patchwork, ringraziato « per l'attenta revisione delle bozze». A ogni età i suoi personaggi, perfino la scelta nominalistica deve scendere a patti con una realtà illuministicamente degradata. La smaltante logica del maestro di Candide cede il posto a un tentativo di descrizione del bric-à-brac, davanti a una società provvisoria e tenuta insieme dal caso. Sembra che tutto vada male, nel peggiore dei modi possibili. Ma la caduta dell'anti¬ co ottimismo non impedisce che qualcuno continui a coltivare il proprio orto, e forse qualcosa di più. Può essere il ricco latifondo del parastato, la grande vigna del sottogoverno, il Buon granaio dei partiti, e magari di altri più insospettabili centri di potere. Reggiani lascia scivolare qualche riferimento, finge ben calcolate distrazioni, e ritira subito la presa. E' abilissimo nell'esercizio di nascondere l'arco dopo avere lanciato ia freccia, sarà sempre difficile coglierlo con l'arma in pugno, anche quando ha colpito al cuore. Nella galleria dei personaggi passano Fanfani e Berlinguer, Moro e Saragat, La Malfa e Argan; in qualche passaggio c'è perfino il nome di Paolo VI, perfino quello, da pronunciare più sottovoce fra tutti, che dà il titolo al libro. Nel suo gioco delle allusioni l'autore riesce a evitare sempre la dichiarazione scoperta; la sua retorica, addestratissima. e diventata per lui un secondo linguaggio, si fonda sulla reticenza più che sulla metafora, procede per la figura diminutiva della litote, afferma per quella contraddi* cente della arrtifrasi. E si permette bersagli che ad altri sarebbero preclusi: di fronte a qualunque Golia ferito dalla sua prosa può sempre dimostrare che il sasso era sfuggito casualmente dalla fionda. Ma come fa centro, a volte; e come deve bruciare, quando è arrivato a segno. Giorgio Calcagno
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