"Romanzo deprimente,, di Furio Colombo

"Romanzo deprimente,, "La storia,, della Morante: stroncata a New York, esaltata a Parigi "Romanzo deprimente,, NEW YORK — "History: a novel" (ed. Kvopf) è il titolo della versione americana di Elsa Morante. La scrittrice italiana non è nuova per il pubblico americano. L'Isola di Arturo è un libro non dimenticato, anche, se non ha mai raggiunto il grande pubblico. L'attenzione per il lavoro delia Morante (e anche una ammirazione facilmente rintracciàbile) r.nn è mai uscita dal giro dei letterati e dei critici. Questa volta l'enorme successo che La Storia ha avuto in Italia ha indotto l'editore americano ad uno sforzo insolito nel proporre un romanzo straniero di seicento pagine al pubblico americano. Il libro ha prontamente raggiunto il tavolo dei critici che fanno opinione. E' stato recensito immediatamente, con il riguardo che si usa solo ai grandi autori. Ed è stato respinto. « Mi sono sempre detto ohe un libro noioso non è necessariamente un brutto libro » scrive Peter Prescott. « Sono del parere che la Morante ha raggiunto in pieno lo scopo ohe si proponeva e anche questo è un merito... Ma ciò ohe si proponeva è così deprimente! ». Inoltre a II fatto di avere* proposto una visione della storia e una epopea nazionale cosi incredibilmente semplificata ha creato rinoredibile successo italiano. Dubito molto che il fatto potrà ripetersi nella cultura e fra il pubblico americano». In conclusione — dice Prescott, ripetendo il parere di molti altri a questa storia sembra nient'altro ohe una imitazione di Dostoevskij ». La rivista Time e Paul Grog non sono stati molto più indulgenti, anche se al libro è stata dedicata la cortesia della piena pagina con illustrazione (U famoso quadro di Peter Munte « The Eternai City »). Anche in questo caso una litania di cortesi espessioni precede il giudizio. Ma il giudizio, pur con riguardo, è duro. «Elsa Morante ci dà un libro supremamente contrario a ciò che la gente si aspetta e desidera. Non solo nel libro manca tensione, ma ogni vetta che sta per accadere un fatto drammatico, l'autrice si preoccupa di annunciarlo in anticipo, tagliando ogni suspense... Il simbolismo della Morante è più o meno quello dell'altro secolo». Tutte queste obiezioni — e le tante altre apparse quasi subito su libri e riviste — di là dalle ragioni legittime che ciascun critico è libero di avere, tradiscono una. irritazione, un fastidio, un disagio, che è qualcosa di diverso dalla valutazione letteraria. Si intravede un contrasto o almeno una incomprensione culturale che merita di essere chiarita. Il richiamo a Dostoevskij tradisce questo disagio. Scrive Gray in un altro punto della sua delicata stroncatura: « La Morante ha avuto l'idea di far precedere ogni capitolo da un sommario di eventi storica anno* per anno... E' una costante contrapposizione del potere e dei senza potere, un espediente usato aU'inizio con una certa arguzia che gradatamente diventa sentimentale e patetico ». Perché questo « espediente » risulta fastidioso e alla fine inaccettabile per il critico americano? Irrita, certo, il punto di vista insieme sentimentale e marxista delle prefazioni storiche. Ma irrita di più la doppia aspirazione, a inchiodare i fatti nella storia, dimostrando poi che « la storia è una oscenità fin dall'inizio » e. nelle parole di Nino, che « la storia non è che uno stupido gioco e questo gioco è giunto alla fine». La vera radice della irritazione, o incomprensione, va cercata qui. Fatalismo e marxismo, semplicità e giudizio appassionato, naturalismo è misticismo, suonano note stridenti per una cultura abituata a distinguere con fermezza quasi ossessiva fra la storia e la finzione, fra l'immaginazione e il documentario, fra la poesia e il reportage. L'irritazione è complicata dall'angolazione insieme marxista e mistica, un'altra combinazio- ne drasticamente estranea alla cultura americana. Eppure questo è il paese che ha decretato il trionfo del neo realismo insieme socialista e poetico, religioso e partigiano, dei film di De Sica e Rossellini. L obiezione fondamentale va dunque cercata oltre la prima carriera di ostacoli « naturali » nella divisione fra le due culture, a La Morante non prova neppure a darci ima immagine della più grande carneficina del secolo ». Mostra invece, nelle parole di Paul Gray. la tendenza ad adottare «uno stoicismo romano » insieme alla persuasione fatalistica che la vita, con tutta la sua tragedia, non è che « la conseguenza naturale dell'essere nati ». Precisamente in questo punto, il terreno fatalisticomorale-mistico in cui la Morante si discosta dalla versione — amata e accettata in America — del neo realismo italiano, e nel ritorno a un certo naturalismo che taglia fuori ogni ragione di giudizio razionale verso i regimi violenti e la guerra, il critico e probabilmente ii lettore americano, si smarriscono. Conoscono e accettano queste concezioni della realtà come strade separate. Avviene così un cortocircuito di incomprensione, e qui si fonda il giudizio negativo. Non è detto che questo giudizio riguardi ii pubblico, ma è probabile che i critici siano buoni interpreti di un malinteso che pone il libro della Morante molto lontano dall'apprezzamento e persino dalla percezione della cultura americana. Furio Colombo

Luoghi citati: Italia, New York, Parigi