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politica politica José Ramos Regidor e Aldo Gecchelin CRISTIANI PER IL SOCIALISMO Storia, problematica e prospettive Mondadori, Milano 436 pagine, 5000 lire (a. z.) Una storia dei «cristiani per il socialismo» a soli sei anni dalla nascita di quel movimento può sembrare impresa prematura. Il risultato conseguito dai curatori di questo volume è tuttavia apprezzabile perché, salvo l'introduzione e le precise e aggiornate note, essi si sono proposti soprattutto di riunire una antologia di testi significativi o ufficiali del movimento, raccolti in varie parti del mondo, dai quali fare emergere con evidenza i suoi caratteri essenziali. I- « cristiani per il socialismo » sono, in prevalenza, forutto di Paesi di tradizione cattolica nei quali operino consistenti forze politiche rivoluzionarie di ispirazione marxista. In questi Paesi sono di solito presenti, sullo sfondo, situazioni economiche di sottosviluppo o di ritardato sviluppo. Il movimento nasce infatti in Cile nel 1971 e si diffonde poi con un certo successo in altri Paesi latino-americani e dell'Europa meridionale. Esso si propone di costituire, all'interno dei partiti marxisti, una consistente militanza cristiana, rifiutando, per timore di nuovi integralismi, la creazione di partiti cristiani di sinistra che, alla luce della loro specifica ispirazione, diano vita a formazioni autonome ed alternative rispetto agii esistenti movimenti democratici cristiani. Questi ultimi sono, visti come una forma di utilizzazione della religiosità di massa a fini di conservazione sociale. I « cristiani per il socialismo » tendono ad avvalersi del metodo marxista sia per riscoprire una nuova « identità dei cristiani » che rappresenti «un salto di qualità nel modo di vivere e di intendere il rapporto tra fede e politica », sia per suggerire una revisione della tradizionale critica marxista alla religione da sostituire con lo stimolo alla ricerca di nuove forme di fede e di vita religiosa. Sono prospettive che continueranno ad alimentare in futuro un lungo e teso dibat¬ tito; i testi raccolti in questo libro costituiscono un utile momento di riflessione per coglierne il senso e gli sviluppi. Raymond Aron MARXISMI IMMAGINARI. DA UNA SACRA FAMIGLIA ALL'ALTRA Angeli, Milano, 245 pagine, 2800 lire (filippo barbano) Nel '70, quando usci l'edizione originale francese di questo libro di Aron, autore fertilissimo, l'influenza dell'interpretazione fenomenologico-esistenziale del marxismo, proposta da Sartre e Merleau-Ponty, aveva già ceduto il passo dell'attuali¬ tà e del dibattito all'interpretazione strutturalista del marxismo proposta da Althusser. A distanza di sette anni la proposta althusseriana, che a suo tempo ha suscitato un gran fuqco di interessi anche in Italia, è data per scontata. Quale allora l'interesse della polemica presa di posizione di Aron? Il suo movente politico, che si lega all'intima connessione tra filosofìa e politica, o meglio tra politica e cultura. La crisi di interpretazione del marxismo non è solo contenuta in seno alle «famiglie» di filosofi, teorici, intellettuali. E' la ricchezza stessa del pensiero di Marx, e, non incoerentemente con tale pensiero, la sua storica determinatezza, che oggi fanno scendere, scivolare la crisi d'interpretazione dalla teoria alla prassi. La rilettura dei saggi di Aron che questo libro raccoglie, pubblicati in tempi diversi dal 1946 al 1968, è dunque utile anche oggi e proficua. Sia per cogliere e valutare i presupposti e i profili dei molteplici marxismi immaginari, sempre destinati a scontrarsi con la realtà, che per ricollocare il marxismo, teoria e prassi, in un ambito di sviluppo della coscienza occidentale e del suo tipo di razionalità ove la «rottura epistemologica », che tuttavia il pensiero di Marx ha rappresentato, si spiega, non in sé e per sé, ma con il movimento di ascesa di una cultura sociale positiva e dialettica, cioè storica, più esposta ai bisogni degli uomini e partecipata a soggetti e attori collettivi. Enzo Santarelli MOVIMENTO OPERAIO E RIVOLUZIONE SOCIALISTA Argaglia, Urbino, 516 pagine, 5000 lire. (giuncarlo corcano) li *ema centrale di questa raccolta di saggi è una riflessione sulle esperienze del socialismo europeo ed italiano dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri. Santarelli, autore di una Storia del movimento e del regime fascista, afferma che la distinzione classica fra socialdemocratici, marxisti, anarchici e sindacalisti è meno netta e schematica oggi che in passato. Ricorda infatti che mentre i partiti comunisti delle aree latina e meridionale avanzano sulla via di una rivalutazione della democrazia politica, che si discosta dal modello realizzato nella Russia staliniana, fra questo blocco* chiamato pir comodità euro.peo, e ì partiti socialdemocratici più avanzati si stanno stabilendo nuovi rapporti, anche in seguito alla constatazione della mancata riforma socialista della società neocapitalistica. Per Santarelli, « la rinuncia della scuola storica dei socialdemocratici e dei laburisti all'estinzione dello Stato non è meno grave della riduzione della dittatura del proletariato alla dittatura del partito ». Ecco quindi, per l'autore, la necessità di una rimeditazione profonda all'interno del movimento socialista nella vecchia Europa, madre di rivoluzioni liberatrici e delle tre Internazionali. Il compito non è facile in quanto si tratta da una parte di ricuperare la piena autonomia delle società europee occidentali dagli Stati Uniti, dall'altra di non ripetere le esperienze burocratico-staliniste delle democrazie popolari. Questo saggio antologico si articola su tre grandi divisioni: la problematica della Comune di Parigi e quindi della dittatura del proletariato nella fase della prima Internazionale e nel confronto fra anarchici e marxisti; una rappresentazione dell'esperienza « rivoluzionaria » italiana, dal partito socialista romagnolo al sindacalismo di scuola soreliana e al repubblicanesimo sociale; infine, un dibattito collegato al pensiero e alla prassi del leninismo fra la II e la III Internazionale. Augusto Barbera Piero D. Giarda Giancarlo Mazzocchi DOVE VANNO LE REGIONI? Vita e Pensiero, Milano, 167 pagine, 2900 lire. (domenico garbarino/ La domanda che gli autori hanno messo a titolo del loro studio è quella che molti si rivolgono. Come hanno operato le Regioni in questi sette anni di vita? Hanno saputo affrontare i nuovi compiti? Hanno avuto i mezzi per affrontarli? La risposta è salomonica: le Regioni non sempre sono state all'altezza dei loro compiti istituzionali, e la ragione è da ricercare soprattutto nella scarsità di fondi. Ma non si tratta solo di fondi insufficienti: molti hanno destinazione predeterminata «come il fondo per l'assistenza ospedaliera) e quindi entrano nel bilancio per uscirne subito. L'insufficienza di fondi non- è comunque l'ostacolo principale: forse esso è da ricercare nello scarso coordinamento che esiste tra Regione ed altri enti locali, sempre sul piano della spesa. A questo propo¬ sito si parla di residui passivi, cioè di stanziamenti decisi con leggi regionali a favore di Comuni per opere pubbliche, poi rimasti nelle casse regionali perché quegli enti non hanno ottenuto dalle banche i finanziamenti da ammortizzare con quelle somme. Questi « residui » sono in parte frutto dei tempi di crisi e recessione, ma in parte anche della mancanza di una politica finalizzata. Ecco perché la programmazione è un'esigenza indilazionabile Miro Allione LA PIANIFICAZIONE IN ITALIA Marsilio, Venezia, 304 pagine, 6500 lire. 'd.g.j Parlare di pianificazione in Italia significa fare la storia di tentativi finora falliti. Allione, che ha alternato l'attività professionale a quella di docente all'università di Venezia, fa un'analisi scientifica di questi tentativi — e di questi fallimenti — partendo dal piano Vanoni degli Anni 50. Si domanda: « E' esistita la pianificazione in Italia? ». Risponde: «A cominciare dal termine usato, si dovrebbe dire di no ». Infatti l'espressione « piano » è stata sostituita da « programma », perché la prima aveva il preoccupante sapore di « iniziative collettivistiche, programmazione democratica. orientatila, indicativa ». Si è cambiato nome per « tranquillizzare strati sociali non tanto conservatori quanto apertamente reazionari che si esprimevano elettoralmente non solo nel Msi e nella De, ma anche nel Pli e nello Psdi ». Ma c'è da domandarsi allora come mai, oggi il termine «programmazione» sia più usato di quello «pianificazione» anche in regioni, come il Piemonte, «rosse», nelle quali il secondo non dovrebbe più intimorire. La realtà è che, programma o piano, sulla linea delle previsioni future non si sono fatti passi avanti. Questo è, a nostro avviso, l'ostacolo principale da rimuovere, senza apprensioni nominalistiche, ma con la chiara consapevolezza che senza programmazione o pianificazione non c'è futuro. ^ CRISTO VIVE CRISTO VIENE -3 a u •o