Schopenhauer il filosofo va in Giappone di Anacleto Verrecchia
Schopenhauer il filosofo va in Giappone Schopenhauer il filosofo va in Giappone Icilio Vecchiotti ARTHUR SCHOPENHAUER La Nuova Italia. Firenze. 139 pagine. 1600 tire SCHOPENHAUER non è soltanto un grande filosofo, anzi il vero filosofo dell'età moderna, ma anche uno stilista incomparabile. Scrive così bene, che. a differenza di un Hegel, non ha alcun bisogno di mediatori o di interpreti per farsi capire: e il voler filtr-are la sua filosofìa è un po' come voler ridistillare la grappa. Le sue opere richiedono anche molta sensibilità estetica. Questo spiega perché gli artisti, si chiamino Wagner o Thomas Mann, abbiano capito Schopenhauer molto meglio dei vari Kuno Fischer. In questo libro, però. Vecchiotti non tratta tanto della filosofia schopenhaueria na in sé. quanto della fortuna o sfortuna che essa ha avuta nei vari Paesi, dalla Germania alla Francia. dall'Italia alla Russia, dall'India al Giappone. Manca, non si capisce bene perché, la Spagna: eppure non è difficile trovare echi schopenhaueriani in autori come Or tega y Gasse t o Unamuno, tanto per citare qualche nome. Quanto all'Italia, si direbbe che Fautore vada soggetto a dei bruschi ripensamenti. Tre anni fa circa, scriveva che la critica italiana su Schopenhauer « è, tutto sommato, la più concreta ed anzi possiamo dire che per l'ampiezza di taluni nessi messi in luce sia seconda soltanto a quella tedesca ». Ora. inùece. dice: « Una ricerca degli influssi di Schopenhauer sulla cultura italiana viene ad avere un oggetto assai labile, per¬ ché, se altrove Schopenhauer non ha goduto buona fortuna e si è trovato a far da strumento per fini più o meno confessabili. in Italia si è trovato addirittura in una situazione squallida, forse unica nei Paesi che presumano di vantare uria certa cultura. Non è raro anche oggi trovare l'intellettuale, lo storico e il saggista pronti a formulare giudizi sul nostro, senza averlo mai letto né fiutato. Piuttosto che di Schopenhauer nella cultura italiana si dovrebbe parlare di Schopenhauer nella miseria culturale italiana ». Qui c'è dell'esagerazione, se si pensa che la bibliografia italiana su Schopen hauer non è certo interiore, per quantità e qualità, a quella della Francia o di altri Paesi. Giuseppe De Lorenzo, che per ritmo etico è stato veramente uno dei pochi a mettersi in sintonia con Schopenhauer e a viverne l'insegnamento, viene trattato alla stregua di un banale divulgatore. Piero Martinetti, l'altro grande schopenhaueriano e certo una delle mentì filosofiche più illuminate di questo secolo, viene liquidato in poche righe. Non si dice neppure che egli, nel saggio La rinascita di Schopenhauer. volle lasciare una specie di testamento spirituale. Infine, fra gli artisti italiani che si dicono schopenhaueriani bisognerebbe citare almeno De Chirico. La parie più robusta del libro è indubbiamente la polemica contro il Lukàcs da un lato e il Croce dall'altro. Die Zerstòrung der Vernunft è unopera davvero infelice e il Vecchiotti, che già in altro scritto l'a¬ veva presa di mira, fa benissimo a demolirne l'impostazione. Quanto al Croce, che si potrebbe quasi definire un antischopenhaueriano per partito preso, va detto che già Giovanni Amendola era entrato in polemica con lui per questo stesso motivo. Vecchiotti conosce come pochi la filosofia di Schopenhauer ed è filologicamente attrezzatissimo. Si desidererebbe solo una prosa meno convenzionale, dato l'autore che tratta. Dopo tutto, «eseguire» Schopenhauer in chiave accademica significa far torto all'autore della Filosofia nelle università. Dopo Nietzsche, comunque, ecco che ricomincia a spuntare il riso beffardo di Schopenhauer: segno che l uomo si sta ravvedendo9 Anacleto Verrecchia
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