L'allegria di Savinio

L'allegria di Savinio L'allegria di Savinio Alberto Savinio NUOVA ENCICLOPEDIA Adalphi, Milano, 402 pagine, 7000 lire GGI non c'è possibilità di enciclopedia. Oggi ^/i 1 non c'è possibilità di*saper tutto. Oggi non _ ^""^ c'è possibilità di una scienza circolare, di una scienza conchiusa. Oggi non c'è omogeneità di cognizioni. Oggi non ce affinità spirituale fra le cognizioni... ». Questo alla voce « Enciclopedia » nella Nuova Enciclopedia di Alberto Savinio. Ma Savinio non detta teoria. Girovaga, come sempre, nella sua vita, e la va rubricando con l'estro e il piacere che essa gli ispira. Si comincia con « Abatino »; si finisce con « Zoografia ». C'è il « Mar », ma è « Nero »; c'è il « Monte », ma è « Navale »; c'è la « Lingua », ma è « Nativa »; c'è il « Grande », ma è « nel piccolo ». C'è « George Bernard Shaw », « Proust », « Apollinare » e « Sebastiano (san) ». Il « sapere » che questa Enciclopedia mette insieme è del tutto soggettivo; né potrebbe essere diversamente: è un « sapere » colloquiale, anche libertino (in senso classico, che si allinea davanti a noi seguendo il capriccio del caso, sottolineando ogni scollatura, ogni inciampo d'uniformazione. E' un « sapere » spregiudicato, voltato più che può a sottolineare disguidi verbali e fratture logiche; insomma,' un sapere che bada più alla surrealtà che alla realtà. Solo che la surrealtà, per Savinio, non ha niente di diverso dalla realtà, o per lo meno niente da. invidiarle: niente che possa inficiarne il « sapere ». Sarei tentato di dire che questo libro, scritto con l'allegria di chi si diverte nel condurre a cortocircuito tutto ciò che appare ovvio e intatto (« Mastino evoca l'idea di cane feroce, e una volta significava mansuetinus... »), questo libro è forse il più saviniesco che ho letto. Composto negli Anni Quaranta, ma con punte che risalgono assai indietro, per un verso può anche segnare il superamento (o la liberazione) da un genere col quale Savinio ha avuto rapporti di fascinazione e constrato per tutta la vita, il romanzo. Savinio non ha « romanzato"» mai nulla: il romanzo era per lui o pura visionarietà o pura cronaca (i più dei romanzieri, anche Proust, erano a suo giudizio « cronisti » della società che li aveva allevati e di cui desideravano testimoniare il ricordo). Ma c'era nella sua natura una disposizione tanto affabile che lo portava senza sgarbo a narrare, a narrare la vita, intrecciando al racconto quel tanto di riflessivo o di fulmineamente amaro da svincolarlo a qualsiasi cappio cronachistico. Il racconto di Savinio si mutava dunque in una moralità? Può darsi anche: usciva indubbiamente via dalle forche caudine di ogni prevedibile catalogazione. Qui. nelle voci dell'Enciclopedia, l'esperienza riacqui. sta la propria infinita, indefinibile, circolarità. Pare che rut^o torni al perno, e contemporaneamente tutto vi sfugga: procede a passi veloci verso impreviste mete, oppure et ravvicina a ciò che ci sembrava quanto mai domestico ma cui non avevamo mai ficcato gli occhi negli occhi. Tutto è serissimo, e tutto è leggero come un gioco. Così, viene voglia di tornare e ritornare a queste pagine, aprirle per avventura, lasciarsi ubiacare dalla loro saggezza. Sì, raccontano che le Muse sono fuggite, e che nel fuggire hanno lasciato scivolar giù dalle proprie spalle il manto iridato delle parole, corrivi luoghi comuni e lapislazzuli dagli stellari scintillìi. Ma quella fuga non ha aperto varchi a mortali astenie. L'allegria, l'allegria di Savinio contagia, non avvelena. Si potrebbero tirar fuori i nomi di alcuni padrini: Flaubert, Nietzsche, l'«educatore» Schopenhauer, e il Freud letto e discusso nella leggendaria cerchia dei surrealisti parigini. Ma Savinio non ha l'animo dell'allievo o del compilatore; la sua originalità nasce immediata dalla cenere della vita. Enzo Siciliano è

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