Il generale dei partigiani

Il generale dei partigiani Il generale dei partigiani Le memorie di Raffaele Cadorna sull'insurrezione di Milano e gli episodi decisivi Raffaele Cadorna LA RISCOSSA Milano, Bietti 432 pagine, 8000 lire. Aventinove anni dalla prima edizione, pubblicata all'indomani della Liberazione, le memo, rie del generale che fu il capo militare della Resistenza nell'Alta Italia, rivedono la luce, a cura di Marziano Brignoli, completamente rinnovate, non solo nella veste editoriale, ma arricchite da un profilo biografico del generale Raffaele Cadorna^ da una serie di documenti di grande importanza, in massima parte inedita. Il ritratto che Brignoli disegna di Raffaele Cadorna potrebbe servire da archetipo biografico di un ufficiale di cavalleria dell'esercito italiano, sottotenente al tempo della spedizione di Libia, generale nell'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, se non vi fossero, nella fattispecie, due elementi che lo distinguono e lo caratterizzano: nella prima parte della guerra 1915-18, Cadorna, figlio del Capo dello Stato Maggiore, lotta cdh tutte le forze per sottrarsi ai non voluti privilegi del «figlio di papà», per farsi mandare in trincea a combattere come fante; più tardi, al tempo dell'impresa etiopica, a differenza della maggior parte dei suoi colleghi, si oppone apertamente all'avventura africana, di cui prevede le funeste conseguenze, in Europa, per il nostro Paese. Tenuto lontano dai fronti di cambattimento per il suo notorio antifascismo durante il secondo conflitto mondiale, l'B settembre Cadorna si trova nell'occhio del ciclone, comandante della divisione corazzata Ariete nella campagna romana: combatte con vigore contro i tedeschi, finché l'armistizio sopraggiunge e la mancanza di carburante non gli impongono di desistere e di sciogliere la divisione. Dopo nove mesi di vita clandestina, liberata Roma, viene designato per il rischioso e delicato incarico di consigliere militare delle formazioni partigiane che in Alta Italia combattono con crescente impegno contro tedeschi e fascisti. La delicatezza dell'incarico non tarda a palesarsi non appena, raggiunta Milano, Cadorna prende contatto col Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia. Nel comitato figuravano vecchi combattenti dell'antifascismo come Ferruccio Porri e Leo Valiani, politici socialisti, democristiani e liberali, più avvezzi alla cospirazione nell'ombra che all'azione guerrigliero, figuravano soprattutto capi comunisti, come Longo e Pajetta, che lunghi anni di esilio, di prigione, di guerra in Spa^^ia avevano reso esperti della lotta clandestina. Pur concordando nel fine immediato, la guerra partigiana contro i nazifascisti, divergevano nell'ideologia politica, nei metodi di lotta, nel tipo di governo da instaurare nel Paese una volta debellato il nemico. La consistenza, l'organizzazione, l'aggressività delle varie formazioni di diverso colore conferivano un peso particolare, nelle deliberazioni, al partito di cui esse erano l'espressione: le brigate «Garibaldi», comuniste, di gran lunga le più forti e le più attive, seguite dalle «Giustizia e Libertà», azioniste, e. in varie regioni, dai raggruppamenti democristiani e socialisti. Si aggiungevano le organizzazioni militari, senza colore politico, in gran parte formate da elementi delle IV Armata, 'chiamate con una punta di disprezzo «badogliane», cioè monarchiche e legalitarie, assai attive in Piemonte. Se il Clnai riusciva a raggiungere una certa unità di comando e di azione, a superare i conflitti intestini e a condurre organicamente la guerra partigiana, lo si doveva al patriottismo, alla diplomazia, allo spirito pratico del presidente del Comitato, un uomo di finanza non legato a partiti, Alfredo Pizzoni, che Cadorna asseconda. Cadorna, figlio e nipote di generali piemontesi, pronipote di un ministro di Vittorio Emanuele II, non può essere ovviamente che monarchico e quindi guar- dare con timore una possibile preminenza comunista nell'Italia di domani. E' tuttavia cosi leale e obbiettivo da riconoscere l'importanza fondamentale delle brigate garibaldine in quei mesi dell'autunno '44 e dell'inverno '45 in cui si andava preparando l'offensiva liberatrice della primavera. Le memorie del generale, assai sobrie come colore e come aneddotica, recano una testimonianza esatta su quei mesi decisivi, sugli uomini che condussero e prepararono l'azione che diede il colpo di grazia ai tedeschi e ai fascisti, mentre gli alleati si accingevano a varcare il Po. Assai notevoli le pagine sull'insurrezione di Milano e sulle ultime ore milanesi di Mussolini, prima di avviarsi verso il lago di Como e la raffica del colonnello Valerio. Liberata l'Alta Italia, Raffaele Cadorna venne nominato Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, e più tardi, lasqiata la divisa militare, eletto senatore per varie legislature. Molto importanti, come abbiamo avvertito, i documenti allegati a questa nuova edizione, specie per la parte sostenuta dal Clnai per quanto si riferisce ai rapporti coi .partigiani di Tito, al problema di Trieste e all'azione filoseparatista svolta dai francesi in Valle d'Aosta. Un libro onesto e ricco di un nascosto calore umano, che va al di là dei contrasti contingenti, il ritratto vivido di un soldato di tempi che sembrano più lontani di quanto appaia dalla cronologia. Guido Artom i f «g m t umil ' mm