GOTTA CONTINUA di Luciano Curino

GOTTA CONTINUA GOTTA CONTINUA Intervista con Salvator Gotta, che compie 90 anni - Autore del "Piccolo alpino", il libro per ragazzi più diffuso dopo "Cuore" e Pinocchio, ha pubblicato oltre 150 romanzi e scrive ancora TLA qualche giorno Salvator Gotta compirà novant'anni, essendo nato il 18 maggio 1887 a Montalto Dora, presso Ivrea. E' il più fecondo autore italiano di quella letteratura che una volta si diceva amena. E' appena uscito un suo romanzo, Amore materno, e ne sta scrivendo un altro dal tìtolo provvisorio // pane degli angeli. «Quanti sono i suoi libri, Gotta?». «Si può dire centocinquantasei o centocinquantotto, credo. Forse qualcuno di più, ma sono cose senza importanza». E' uomo ancora vigoroso, con vivaci occhi grigi, curiosi. Giacca di tweed, un cappelluccio da golf. Stile inglese. E' claudicante a causa di una recente frattura, per rieducare la gamba infortunata appena desto pedala sulla ciclette. Dopo sessant'anni di matrimonio, la moglie Adelina è morta quattro anni fa. «Rimasto solo temevo di annoiarmi» mi dice. E poi: «Ma ho il lavoro, ho degli amici che vengono a trovarmi». Quasi tutti i giorni un autista lo porta a Rapallo o in qualche altro bel posto del Tigullio. Novant'anni. Ricorda Carducci. Lo vide nel 1895 con una signora bionda, che era Annie Vivami. Ricorda Gozzano. Gotta era ala destra della Juventus e in un angolo del campo Gozzano, già ammalato, lo guardava giocare invidiandone la robustezza. Ricorda Pirandello. Andò a trovarlo in Versilia e lo vide che lavorava seduto sotto un pino con la macchina per scrivere appoggiata sulle gambe. Allora lasciò la penna. (aveva sempre usato penne bizzarre e grandi fogli di carta dannunziana) e scrisse anche lui a macchina. Ricorda tanti altri. Come si giudica? Una volta ha detto: "Io sono soltanto Gotta, uno che ha cercato di far bene il suo lavoro con la convinzione di essere un artigiano. E se poi risulterà che sono stato anche yn artista, tanto meglio». Comunque ha coscienza che la letteratura cammina ora per altre vie. che i giovani non -acciglierebbero un suo romanze come i loro padri, o nonni, accolsero // figlio inquieto: tuttavia ritiene di non essere un autore dimenticato, e glielo confermano le molte lettere di affezionati lettori che continuano ad arrivargli. Ha una concezione professionistica del mestiere di scrittore e ha detto: «Scrivere romanzi è prima di tutto una questione di tecnica. Bisogna saper dare al pubblico un'emozione perfetta, chiara. Io mi sono studiato bene i grandi romanzi ieri. Da giovane ero un fogazzariano accanito->. Studiava Fogazzaro ed era segretario di Pastonchi. Fu Pastonchi che, nel 1909, lo presentò all'editore Emilio Treves perché gli pubblicasse la raccolta di novelle Prima del sonno. Treves parve entusiasta. «Ci occorrono autori nuovi» disse, prendendo il manoscritto. Poi lesse il nome sulla copertina e strillò: «Si chiama Gotta, si chiama Gotta! Nella mia ditta non c'è posto per uno che si chiama Gotta!». Proprio quel giorno Treves soffriva d'un attacco di gotta. Sicché Prima del sonno fu pubblicato da Badini e Castoldi. Tre anni dopo uscì il romanzo Pia, nome d'una donna che sarebbe stata madre di quel Claudio Vela cui sarebbe stato intitolato tutto il ciclo. Nel 1917, // //g//o inquieto, il suo libro migliore e certamente quello che consacrò il suo successo. Claudio Vela, il protagonista, divenne il personaggio centrale di quell'ampia serie che va appunto sotto il titolo La saga dei Vela. Questa saga •costituita da ventinove romanzi la si legge con l'aiuto di un albero genealogico stampato nell'interno della copertina. L'azione dura un secolo, le generazioni che vi compaiono sono cinque. Qualcuno ha fatto un po' di conti e risulta che i personaggi inventati sono 293. Molti di più quelli presi dalla storia. Gli imperatori e le regine sono 54. le persone di servizio 24, gli artisti 52. i cortigiani 67. i generali 105, gli uomini politici 264. Con grande rapidità, persino due in un anno, vennero i volumi dei « Vela ». Vi è spigliatezza, garbo nel disegno delle figure soprattutto quelle secondarie, sicura intuizione delle anime femminili, la cura del particolare, scorci di vita canavesana resi con abilità descrittiva. E vi è la difesa di una concezione di vita tra¬ dizionalista di fronte all'irrompere di nuovi modi di vivere e di pensare. Dopo la saga dei Vela, altri lavori con incredibile frequenza. Gotta misurava spesso in famiglia l'effetto dei suoi romanzi. Oltre l'Adelina, anche il figlio costituiva il suo " pubblico <>. Un giorno il bimbo pianse perché uno dei personaggi del Piccolo alpino era morto. Gotta stracciò il foglio e resuscitò quel personaggio. Del Piccolo alpino 11926) si dice che. dopo Cuore e Pinocchio è il libro per ragazzi più diffuso, tradotto in tante lingue, anche in giapponese. Gotta ha scritto pure per il teatro, la commedia più nota è La damigella ài fìarcl (1956) che. interpretata da Emma Gramatica. ha fatto sospirare e pungere migliaia di spettatori. Dai suoi romanzi sono stati tratti una decina di film. Lno scrittore fortunato, dunque, c di successo. Ma ci sono anche cose di cui Gotta non parla volentieri. Si chiama Giovinezza un inno musicato da Blanc su parole eli Salvator Gotta. Veramente nel testo di Gotta al ritornello il nome di D'Annunzio era associato a quello di Mussolini, poi le cose andarono come si sa e il nome di Mussolini restò solo. Una quindicina di anni fa Gotta pubblicò Camicie rosse 1860. e gli eredi di Giuseppe Cesare Abba vi trovarono alcuni brani ripresi dal libro del loro antenato: Da Quarto al Volturno. La cosa finì in tribunale e i giudici ordinarono che il libro di Gotta fosse ritirato. Lo scrittore mandò una lettera di scuse all'ingegner Arrigo Abba: « ... Non so veramente come io. che ho scrino tanti libri originali, abbia potuto cadere in simile errore; forse il fascino di quel grande libro dell'Abba mi ha abbacinato. Dell'errore mi confesso colpevole, provando il più grande dolore della mia vita di scrittore e altrettanta vergogna ». Da una trentina d'anni Gotta vive-a Portofino in unat casa. anzi, fior di casa, bisogna dire, chiamata •' Villa Aranci ». Un rustico cinto da muretti, alberi, lungo una stradina di sassi. Il giardino con limoni, aranci, oleandri. Nell'ultimo romanzo. Amore materno, che è autobiografico, Gotta descrive la propria casa e il giardino e « un vecchio fico sempre ancora prosperoso dava rami e frutti che si confondevano con i rami solidamente antichi e ruvidamente storti d'un invadente glicine >. Nella casa il silenzio degli ■< interni -> romantici del romanziere. Stanze piene di stampe piemontesi e mobili vecchi e i ritratti della moglie, quello del figlio che partecipò in Russia all'ultima carica della Cavalleria. E libri a non finire: migliaia di libri tutti suoi neile diverse edizioni e traduzioni. « In questa mia casa piena di ricordi e di affetti diffusi attraverso tanti anni... >> scrive nell'ultimo romanzo. Qui l'autore vive tra le molte migliaia dei suoi personaggi, le Lillith e le « amanti provinciali ». le sue contesse, i « figli inquieti '> e tutti i Vela. Lavora ancora ogni giorno, dettando il suo romanzo alla governante e segretaria signora Mirella. Dice: .« Credo che sarà l'ultima cosa che farò. Qu:ndi voglio lasciarlo compiuto Luciano Curino GOTTA CONTINUA

Luoghi citati: Ivrea, Montalto Dora, Portofino, Quarto, Rapallo, Russia