Pindaro, il sommo

Pindaro, il sommo Pindaro, il sommo I LIRICI CORALI GRECI - Età classica Traduzione di Filippo Maria Pontani, XLII-430 pagine, 20.000 lire Einaudi, Torino, SIMONIDE, Bacchilide, Pindaro presuppongono un pubblico scelto. Illusorio contare solo su una sensibilità nativa. Stimolanti, ma insufficienti, note mediazioni poetiche: come quelle di Quasimodo e, via via risalendo, D'Annunzio, Pascoli, Carducci, Leopardi, Foscolo; Tennyson, Platen, Hòlderlin, Goethe; altri. Bisogna andar oltre le evocazioni di tali interpreti, accorciando con gli strumenti più avanzati la distanza storica. V secolo a. C. Ma per qualche verso la distanza sembra maggiore. Soprattutto per Pindaro, arroccato in idealità aristocratiche e arcaiche. Arduo seguirlo quando trasvola dall'attualità nel mito, con quei colpi d'ala per cui son proverbiai' i voli pindarici. E poi, bisogna approfondire ciò che ciascuno dei tre lirici ha di proprio. Bisogna guardarsi da inveterate suggestioni. Una viene dalla famosa similitudine dell'aquila che supera i corvi gracchianti, in cui si ravvisa il vanto di Pindaro per la propria eccellenza sui due rivali Simonìde e Bacchilide. L'introduzione di F. M. Ronfani si muo- ve per lo più sul piano estetico. Pindaro si fa la parte del leone. Esiste un'unità dell'epinicio pindarico? Perrotta crocianamente negava sia l'unità estetica, sia l'unità logica. Pontani invita ad affrontare il problema con le «metodologie dell'analisi strutturale». Aggiungiamo l'augurio che non si cada in schematizzazioni che riducano Pindaro a un'aquila in gabbia La traduzione presuppone "lettori cui non sfuggano le inserzioni da poeti diversi che vi sono intarsiate. Allusive evocazioni di testi lontani tendono ad addensare lo spessore espressivo. Sfuggono sempre agii attriti dell'ibrido? Il dubbio sorge anche a una più minuta analisi del linguaggio. Che s'ingemma di parole consacrate in celebri testi poetici, ma lontane dall'uso corrente (latinismi, arcaismi, etc.). Talvolta sono parole di Dante che già D'Annunzio volle rinverdire. Pochi esempi: immillarsi, acuzie, labaro, famulo, cesarie. . nidore, etc. Qualche parola peregrina sembra suggerita da rispondenza, fonica ri-spetto al greco: così il dantesco adorni rispetto a donei di Bacchilide, Epin. 5, 67. Esiti opinabili s'incontrano sugli opposti versanti dell'aderenza letterale e della variazione. Un esempio del primo tipo: Pindaro, Ol. 4, 5; ésanen... èsloi: la traduzione « scodinzola... il cuore dei buotii » rende davvero un'immagine pindarica? Certo, si tratta delì'mimaginifico Pindaro. Ma la perplessità resta. Sull'altro versante, troviamo che la perspicuità è sminuita da modificazioni di costrutti, da inserzioni di traslati arditi: es., p. 15r>, «pedale di follia». Forse qualcuno, per meglio comprendere, risalirà agli originali. E questi noi gradiremmo trovare, con note meno sobrie, in una seconda edizione. La perspicuità cala a volte perché il traduttore sfronda qualche elemento, tendendo a moderna asciuttezza. Ma la stessa tendenza dà più spesso frutti pregevoli. Positivo giudizio ci sembra meriti nell'insieme la versificazione. La metrica e la « musica >r~dei lirici impongono al traduttore un impegno durissimo. Fra le ristrette possibilità, Pontani ha scelto una soluzione ottima, liberamente articolando versi che ci fanno tornare a mente uno dei « modelli» più pertinenti per il nostro caso: il D'Annunzio di certe Laudi. L'interprete sensibile ed esperto fa cenni autocritici. Prevede nel lettore « margini di perplessità » per « i temperamenti e le compromissioni fra istanze diverse ». Spera gli sia riconosciuto « l'impegno di una tormentata ricerca ». A noi pare doveroso riconoscere con l'impegno anche una larga positività di risultati. Concentrare l'attenzione sui particolari discutibili, qui solo parzialmente indicati, sarebbe falsante. Per l'insieme, si confronti qualche vecchia traduzione: per Pindaro ad esempio: quella di Fraccaroli o di Romagnoli. E anzitutto si vaglino le difficoltà gravi che in questo campo un traduttore deve affrontare. Francesco Giancotti

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