Pasolini, i film che trasgrediscono di Fernaldo Di Giammatteo
Pasolini, i film che trasgrediscono Pasolini, i film che trasgrediscono Da "Accattone" a "Salò": forza di una riflessione, ricerca di una poetica cinematografica Adelìo Ferrerò IL CINEMA DI P.P. PASOLINI Marsilio, Venezia, 168 pagine, 4500 lire PER quanto sia atroce dirlo, e forse inutile, la morte ha riproposto all'attenzione generale un valore che di Pasolini si stava perdendo nel chiasso delle polemiche quotidiane: il valore di una « trasgressione » che non era soltanto (come troppi vollero far crederej furore personale ma costituiva un segno culturale e una testimonianza politica fra i più lucidi del nostro tempo. Di un autore come lui si può respingere tutto (la frenesia narcisistica, il poligrafiamo eccessivo, il manierismo stilistico ) ma non si può contestare la capacità d'afferrare l'essenza nelle tensioni della vita sociale e di manifestarla in forme altamente significative (anche se spesso aberranti per il senso comune ). A un'opinione non diversa da questa giunge il saggio che Adelio Ferrerò dedica al cinema di Pasolini. Divisa finora tra cinema italiano e francese (ricordiamo i saggi sul neorealismo ' e le monografie su Godard e Bressonj. l'attività del critico alessandrino tocca uno dei nodi più interessanti della cultura contemporanea, lo aggredisce con metodo analitico, dentro tina fitta rete di rimandi letterari e di problemi ideologici irrisolti: e se la «non soluzione» — ossia l'ambiguità d'una serie di domande continuamente ripetute e lasciate senza risposta. — era la chiave pasoliniana per eccellenza, questo metodo rappresenta con ogni probabilità l'unica via di accesso a una filmografia tanto controversa. Non avere certezze sull'autore di Salò è l'unico modo certo per intenderne (quantunque non ancora per definirne,' il valore. Ed, è. appunto, ciò che tenta Ferrerò, con grande onestà critica. Le sue certezze (esistono, si capisce; sono di altro genere, si appoggiano al terreno della politica culturale. Indicano nei rapporti di produzione (all'interno della fabbrica cinematografica e nell'ambito della società capitalisticaj il luogo dove convergono tutte le contraddizioni intellettuali, e attribuiscono al concetto e alla pratica del lavoro (di ogni tipo di lavoro, quello artistico compreso) il compito di scoprire una alternativa al cosiddetto cinema ài con- ' sumo. E, quindi, anche di inquadrare esattamente i film di Pasolini che di quel cinema apparvero (e furono), nonostante tutto, figli. Da Accattone (1961 j a Salò o Le 120 giornate di Sodoma (1975), Ferrerò percorre passo passo l'itinerario del regista, dividendolo in tre blocchi conclusi e in quell'avvio di una fase nuova che avrebbe dovuto essere l'ultimo film. Il primo blocco va da Accattone al Vangelo secondo Matteo (1964). il secondo parte da Uccellatici e uccellini (1966) e sì esaurisce con Medea (1969). il terzo comprende la « trilogia della vita ». dal '71 al '74 (Il Decameron, I Racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte). Quel che emerge in ogni caso, dall'analisi, è l'intreccio di cultura, biografìa, teoria e tecnica artistica. E quel che sembra, qui, più di tutto notevole è l'intelligenza con cui si riconduce la puntigliosa riflessione teorica di Pasolini (che i semiologi. sempre così impacciati davanti alle tecniche audiovisive, respinsero con futili argomenti) alla sostanza espressiva delle opere, allo sviluppo di una singolare poetica cinematografica. Ma. si osservi, rion per sminuire la forza teorica di quella riflessione; al contrario, per farla fruttase oltre Pasolini stesso, nel vivo del dibattito culturale. La « trasgressione » non fu davvero — documenta il critico — un fatto privato. Fernaldo Di Giammatteo
Persone citate: Adelio Ferrerò, Godard, Pasolini, Pasolini Marsilio
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