Il poeta barbone
Il poeta barbone Le "Confessioni,, di Paul Verlaine Il poeta barbone Paul Verlaine CONFESSIONI Adelphi, Milano, 182 pagine, 2.500 lire. VIVEVA nell'abuso, nel sacrificio, nell'eccesso; non amava le idee astrattc: amava la vita come essa è o appare, e da essa si lasciava condurle maternamente. L'assenzio, il vino, l'amore, l'erotismo: Mathilde e Rimbaud; forse, poi, Germaine Nouveau, poi Lucien Létinois. Povertà, miseria; ricoveri di mendicità, miserabili ospedali: viaggi infaticabili, Inghilterra. Olanda. Olanda, Inghilterra, qua e là per la Francia, il Belgio. Parigi, « la Grande ville1. Un tas criad de pierre bianche* ! oh rage le soleil cornine un pays conquis ». La passione comunarda, la passione cristiana. Wagner e Chabrier, grandi poeti come Hugo, piccoli poeti come Glatigny: tutto si confondeva in lui in un crogiolo d'oro. Ha i suoi fans: lo dicono più grande di Rimbaud. Chi, più di lui, ha saputo donare al secolo, ai posteri, la musica ineffabile delle parole attraverso « romances sans paroles »? Era un barbone, che s'alzava dal tavolino d'un caffè per passare all'altro: melanconia e letizia nei suoi occhi. LéonPaul Fargue scrisse: '« Avevo vent'anni quando mi capitava di incontrare Verlaine al Procope. al Buffet Alsacien, al Rocher, alla Source. Nel viso, egli era ad un tempo Socrate, Chabrier e il dottor Fiorane!. In seguito, ma senza volerlo. Raymond Poincaré e Lenin adottarono la stessa fronte, lo stesso incarnato, gli stessi pomelli, con la differenza che questi ultimi non avevano niente a che vedere con la meravigliosa linea nella quale Verlaine si colloca come un rubino definitivo ». - Questo Socrate-Poincaré-Lenin, nel 1894. a 50 anni (doveva morire a 55). si mise a scrivere le proprie Confessioni, come l'amatissimo Agostino, come l'odiato-amato Rousseau. Ma queste Confessioni sono lievi e vaganti quali il poeta de La botine chanson poteva scrivere Nessuna affabulazione filosofica: sono ricordi, scritti con la penna corsiva, imprudente che sanno usare i poeti, certi poeti, quando scrivono in prosa (le leggete le prose giornalistiche d'Attilio Bertolucci?). Il periodare si smaglia per incisi, per ritardi inconsciamente sapienti; il racconto sfugge, e s'impiglia su echi di note, su visioni che solo la sigla del ritmo riuscirebbe a conchiudere. Eppure è una prosa che vibra e vive, dolcemente necessaria alla vita. Cosa «confessa» Verlaine? Moltissimo e nulla: accenna alla conoscenza di Rimbaud e fa calare il sipario. I primi passi dell'infanzia. ì'esplanade di Metz, un amoretto infantile: la scuola, la fuga dal collegio: l'affettuosità della madre, la morte del padre: il colpo di Stato del 4 dicembre 1851 visto di striscio per strada (che gran finezza nel raccontare la Storia in minuscole) : poi i primi innamoramenti letterari. Baudelaire e Catulle Mendes: accanto ad essi, i deliri masturbatoli della adolescenza. Esaltazioni e pentimenti: il vino, l'assenzio verde, postriboli e donne, altre più arrischiate avventure e più arrischiati desideri (appena appena accennali). Quindi il fidanzamento con Mathilde. l'amore per lei. la nascita dei primi versi a lei dedicati; la prima notte di nozze. Di que- sto fidanzamento, premonitori furono i disguidi: quando i due giovani stanno per andare all'altare sopraggiungono, segni del destino, orribili malattie (il vaiolo!), e financo una guerra (quella del 70). Alla fine, !a Comune: e quelle paginette conclusive, Je strade invase dalle barricate, la moglie in cerca dei propri genitori, e lui, Verlaine. che tenta d'allungare le mani sulla servetta di casa e non gli riesce, eccetera eccetera, chi altri avrebbe saputo dettarle con tanta levità e trasparenza? Chi altri avrebbe saputo ritrarre con tanta dolcissima ironia Sainte-Beuve vecchio, sprofondato in un'immensa poltrona, in testa una papalina di velluto nero, un vestaglione di flanella bianca indosso « conte un papa eteroclito »? Il sapore dell'esistenza quotidiana, il suo odore ora violento ora sfumato, i passi ora accelerati ora lenti del tempo: insondabili «profondità di una strana vita privata », questo racconta Verlaine. Chi altri avrebbe saputo mostrare attraverso bugie la propria dolente verità, il proprio disinvolto egoismo, la propria divisione interiore, l'assedio delle voglie sensuali e il bisogno urgente, comunque sensuale, di sublimazione? Come commenta il poeta di Sagesse? Fra un quadretto di città, un paesaggio di campagna, ragazze e giovanotti di bohème (Manet? Degas?), mormora distratto: « La vita, che è tanto barocca... ». Enzo Siciliano
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