L'altra Maraini, con mistero di Giovanni Raboni

L'altra Maraini, con mistero L'altra Maraini, con mistero Toni Maraini ANNO 1424 Marsilio, Venezia, 167 pagine, 3800 lire. £ A LICE de Bourgotte, \\ f\ giovane novizia dell'Ospedale di Santa Caterina, si fece murare nel 1418 per sua propria volontà in questo posto ben preciso: il cimitero dei Santissimi Innocenti della città di Parigi. 11 re Luigi XI fece fare nel 1466 — anno della morte' della murata — una lapide con quattro leoni di rame e una statua che la rappresentava. Così precisano le cronache dell'epoca. Alice era vissuta dunque 48 anni nella cella, comunicando con l'esterno solo attraverso una fessura della misura di un mattone». Potrebbe essere l'avvìo di un romanzo storico; è, invece, una singolare suggestione erudita intorno alla quale Toni Maraini, che fa con questo libro il suo esordio di narratrice dopo aver pubblicato (dal Marocco, dove vive) una raccolta di poesie in francese, ha immaginato e orchestrato un'ambiziosa parabola sull'eroica fragilità dell'uomo e sulla sua strenua, paradossale capacità di resistere e contrapporsi agli orrori, ai tumulti, a all'insensatezza della storia. Infuria la guerra dei Cent'anni: invasioni, saccheggi, supplizi, pestilenze. Chiusa nella sua cella volontaria, la murata viva medita sulla propria esistenza passata e su un'entità ineffabile («la Cosa») che è, o potrebbe essere, nello stesso tempo un traguardo mistico, una verità neoplatonica, una formula di magia. Fuori dalla cella, nel grande spiazzale del cimitero, affollato microcosmo che riflette le infinite contraddizioni di un mondo — quello medievale — sul punto di disintegrarsi o mutare, si muove un'umanità dal fascino mostruoso e minuto, tra Bosch e Quevedo: assassini, ladri, storpi, mendicanti, spie dell'Inquisizione, pellegrini, alchimisti, attori di «misteri»... Tutto, in questa folla, è dramma reale, angoscia, squallore, e tutto è, insieme, allegoria, rappresentazione, «mistero». E dalla folla si staccano, e prendono corpo, alcuni personaggi: il Gran Turco, un mendicante-poeta che finirà accoltellato dal Guascone, capo di una banda o confraternita rivale; il Boemo, un notaio hussita (un intellettuale del dissenso, si direbbe oggi...) costretto a lasciare la sua patria e a peregrinare alla ricerca di un non voluto perdono; e, soprattutto, il Lombardo, anche lui a suo modo un eretico (è figlio di genitori valdesi), anche lui alla ricerca di qualcosa: il segreto della trasmutazione alchemica, la pace dell'ortodossia — o, semplicemente, la propria identità. Fra questi personaggi si intrecciano rapporti sottili, precari, rischiosi; e ancor più ineffabile e fugace è quello tra l'invisibile reclusa e il giovane valdese, che prima di rimettersi in cammino (forse fuggendo, forse deciso ad affrontare la lotta accanto ai suoi contro l'arbitrio dei potenti: «Ci sono anche messaggi che vengono dal futuro — perché mai dovrebbero sempre venire dal passato?») sì impossessa della brocca d'acqua che il sagrestano posa ogni mattina davanti alla fessura della cella e se ne asperge il capo. La carne al fuoco, come si vede, è molta, e non so fino a che punto la Maraini sia riuscita a padroneggiare e a mettere a frutto (in uno spazio oltretutto, ridottissimo) una tematica così fitta e varia e ricca di suggestivi punti di fuga. Ma si può darle atto, intanto (e non è poco davvero), di aver risolto con accortezza i non facili problemi di struttura, isolando il materiale narrativo in blocchi autonomi (i soliloqui, o monologhi interiori, della murata, gli incontri fra gli altri personaggi, le si¬ tuazioni corali), ma assai ben relazionati e integrabili, e di aver fatto confluire i diversi filoni figurativi e simbolici del racconto in una scena di massa — la grande «danse macabre» eseguita da un gruppo di attori alla presenza del reggente inglese e della sua corte — di notevole efficacia e ' tempestività ritmica. Dimenticavo: l'anno scorso. Anno 1424 è stato finalista al premio L'Inedito. Se si tien conto che della stessa «rosa» facevano parte anche Barbara Alberti, poi risultata vincitrice, e il tuttora inedito, ma certamente interessante Giulio Del Tredici, bisogna concludere che si tratta di una giuria senza dubbio meno distratta e di un premio senza dubbio meno inutile di tanti altri. Giovanni Raboni

Persone citate: Barbara Alberti, Bosch, Luigi Xi, Maraini, Quevedo, Toni Maraini

Luoghi citati: Chiusa, Marocco, Parigi, Venezia