Getty contro l'Italia di Francesco Rosso

Getty contro l'Italia Getty contro l'Italia Nell'autobiografia del miliardario pesanti accuse al nostro Paese J. Paul Getty SECONDO ME Sperling e Kupfer, Milano, 399 pagine, 4800 lire IL giorno in cui morì. 7 giugno 1976, molli non vollero credere che il gran vegliardo se ne fosse davvero andato: aveva tanto creduto e lasciato credere di essere immortale che molti se ne erano convinti. L'anno prima, nel 1975, aveva finito di scrivere la sua autobiografia, appunto Secondo tue -La mia vita, il mio denaro, e poco prima di concluderla scriveva: «So bene di non .essere immortale», ma il tono con cui vergava quelle parole lasciava intravedere una convinzione opposta. Questo è solo uno degli aspetti di questo libro per molti versi affascinante, e rappresenta quel ramo di sublime follia che contraddistingue gli ultramiliardari dai comuni, poveri mortali, questi sì destinati a scomparire totalmente, senza lasciare traccia. Perché, è chiaro, l'immortalità eui alludeva Jean Paul Getty non era quella fisica, non era tanto stolto da pensarlo, ma l'altra, cioè il suo mito, che sarebbe durato in eterno. ★ ★ Come può spegnersi il nome di un uomo che ha fatto parlare di sé il mondo intero, che ha fornito materia per centinaia di migliaia di pagine di libri e giornali, che ha mobilitato eserciti di fotografi, cineoperatori, telecronisti, che ha calamitato attorno alla sua persona la curiosità, la cupidigia, il rancore, l'odio di falangi fra uomini e donne, che ha elargito milioni di dollari in beneficenza o per fon- dare un museo in cui raccogliere le sue preziose collezioni d'arte, ma ha anche provocato attorno a sé rovine economiche manovrando i rubinetti di quel petrolio che sembrava sgorgasse ovunque egli mettesse piede? C'è da scommettere che la memoria di Jean Paul Getty, anche se non in eterno, durerà a lungo, perché egli fu un protagonista della vicenda umana per almeno sessantanni. «L'uomo più ricco del monde*, si diceva di lui, ed anche ■«il miliardario triste», ed ancora «il miliardario pitocco» ed anche «il miliardario maniaco sessuati?». Se ne sono dette e scritte tante su quest'uomo che egli, ad ottantatré anni suonati, ha sentito il bisogno di dare a sua volta una propria versione dei fatti che lo riguardavano da vicino e s'è messo d'impegno a scrivere la propria autobiografìa, dettandone le pagine ad un segretario dattilografo, strap- ' pando il tempo alle ore d'ufficio. Perché, pur ricco a miliardi di dollari, J. P. Getty ha lavorato, si può dire fino all'ultimo giorno della sua vita. Una breve malattia, un collasso cardiaco, la fine. Però interessandosi fino alle già fioche ore di vita alle vicende del petrolio, telefonando, telegrafando, scrivendo ai magnati di mezzo mondo. A conclusione del volume c'è l'elenco delle società, quasi tutte collegate al petrolio, che egli controllava. Sono esattamente sessantatré, e dall'elenco, avverte una nota, sono state escluse le società che nel 1974 erano risultate passive. Ciò non esclude che nel frattempo siano diventate attive. ★ ★ J. P. Getty non è nato povero, come Rockefeller, ma pur avendo un padre già petroliere e sufficientemente ricco, andò anch'egli, come tanti ragazzini americani, a vendere giornali agli angoli delle strade. La ricchezza paterna gli facilitò la scalata, ma non v'è dubbio che egli sarebbe riuscito a diventare favolosamente ricco anche da solo. A leggere questo libro si percorre la storia di oltre mezzo secolo tra le riflessioni, gli amori, i pettegolezzi, le avventure di un uomo. Potete star certi che tutti coloro che J. P. Getty nomina, e che gli sono stati vicini, siedono, o sedevano su troni d'oro, oppure rappresentano la crema della celebrità mondana. Le più belle attrici, i più famosi attori, i magnati dell'acciaio, del petrolio, della finanza, re e principi sembrano le indispensabili comparse in quest'avventura umana descritta con minuzia dall'uomo più ricco del mondo. Doveva avere una memoria di ferro, ma aveva un'altra dote, la pignoleria, ed ogni sera, o notte, rientrando da una riunione d'affari, da una cena, da un incontro galante, annotava con la regolarità di un contabile i nomi delle persone incontrate, gli affari conclusi. C'è un po' di tutto, da Greta Garbo a Rodolfo Valentino, dal duca di Windsor a Wally Simpson, da Umberto di Savoia a Zsa Zsa Gabor, da Aristotele Onassis al re dell'Arabia Saudita. Ci sono i suoi cinque matrimoni falliti, il dolore per i figli morti, specie il primogenito, morto per aver ingerito troppo whisky e barbiturici, la tremenda avventura del nipote, Paul Getty III, rapito a Roma dalla mafia e restituito con un orecchio in meno dopo aver incassato un riscatto mai dichiarato, ma certo favoloso. ★ * Giunto alla vecchiaia, Jean Paul Getty parla di questa raccapricciante avventura, spiega, o cerca di spiegare, perché non voleva pagare il riscatto; si favoriscono i sequestri di persona, dice. Dall'alto della sua esperienza e dei suoi molti anni. J. P. Getty azzarda molti giudizi sulla politica presente e passata, sugli uomini che la determinano. Ammira Nixon, definisce un errore infantile il Watergate, una mania suicida lo scandalo che se ne è fatto. Esprime giudizi severi sulla politica e sulla economia di Washington, non risparmia strali all'Inghilterra ed alla Francia. Ma le pagine più dure le riserva all'Italia. Non si salva nessuno dal suo veleno; l'Italia sta andando in malora grazie al drago della spesa pubblica che ingoia tutto, alla burocrazia inefficiente, rozza, pletorica, di stampo russo-zarista, agli uomini politici inetti e machiavellici, agli imprenditori che anziché investire gli utili in nuove imprese preferiscono inviare i capitali all'estero. Se il suo fiuto azzecca le previsioni politiche come ha intuito gli affari che lo hanno reso straricco, possiamo incominciare a piangere, la nostra fine è prossima. Francesco Rosso 3

Luoghi citati: Arabia Saudita, Francia, Inghilterra, Italia, Milano, Roma, Washington