I manipolatori di cervelli

I manipolatori di cervelli iya Pines I manipolatori di cervelli E benché il processò di selezione fosse stato arrestato quaranta anni prima, i cervelli dèi due tipi di topi erano ancora diversi. Essi avevano diverse quantità di enzimi e diversi rapporti fra la corteccia e la subcorteccia. Anche altre razze di topi potevano dimostrare di essere diverse geneticamente sia nella capacità di apprendere determinate abilità, sia nella loro chimica cerebrale. La domanda che scaturiva da queste osservazioni era la seguente: fino a che punto ambienti diversi possono cambiare questi tratti ereditari? Trenta topi geneticamente dotati di maggiore intelligenza, furono collocati in gabbie standard, « povere » dal punto di vista dello « stimolo intellettuale ». Trenta topi meno intelligenti fuorono messi invece in un ambiente arricchito. Questo distrusse la differenza « razziale » dei loro cervelli. Con un trattamento contrario, dando, cioè, a topi già « dotati » f benefici di condizioni di arricchimento, mentre gli altri restavano in gabbie comuni, si raddoppiava infatti la loro diversità. « Ora possiamo cambiare gli effetti determinati da generazioni di allevamento », di¬ chiarò Krech. « L'ereditarietà non basta. Tutti i vantaggi dell'ereditarietà di un buon cervello possono andare perduti se non c'è l'ambiente psicologico adeguato al suo sviluppo ». Cambiando semplicemente gli ambienti, si può cambiare l'anatomia e la chimica del cervello dei topi « inferiori » rendendoli così simili agli altri. Per i topi uno dei compiti più difficili da imparare era il fatto che le regole possono cambiare: questo indica un importante quoziente di intelligenza. Questo test era chiamato problema « di discriminazione invertita ». Quanto più rapidamente gli animali imparavano a scegliere una determinata strada, sotto l'impulso della ricompensa (cibo), tanto più spesso la strada sbagliata cominciò ad essere quella per la quale veniva elargita la ricompensa. Un certo numero di topi imparò rapidamente il principio: provavano una strada, scoprivano la regola del giorno e quindi, eseguivano l'esercizio senza errori. Altri topi non riuscivano ad imparare. Su questo test di QI l'evidenza era molto chiara: i topi dotati si comportavano molto meglio degli altri, tranne quando erano stati privati dello stimolo all'apprendimento durante l'infanzia. Valutando il numero di errori commessi, si stabilì che, quando i topi stupidi erano messi in un ambiente arricchito e, viceversa, gli intelligenti in un ambiente comune, si registrava un deterioramento dei topi intelligenti. Se si desidera rendere un animale più intelligente, concluse Krech dopo un buon numero di esperimenti, l'amore non basta; l'esercizio fisico non basta; la stimolazione visuale non è necessaria né sufficiente; la presenza di altri animali giovani non è sufficiente; l'insegnamento aiuta, ma non basta. La sola esperienza che aumenta la dimensione del cervello dei topi consiste nell'opportunità che essi hanno di esplorare un gran numero di oggetti diversi o svariati labirinti. Secondo Krech questa è una esigenza speciespecifica, in quanto i topi hanno bisogno di avere un buon « spazio-cervello ». Gli uomini hanno diverse esigenze, egli crede, generalmente connesse al linguaggio, anche se è difficile da dimostrare. Comunque Krech dimostrò che, manipolando l'ambiente infantile, si può creare, a volontà, un cervello « debole » o « forte ». Ora Krech si è ritirato dall'equipe di Berkeley per studiare un nuovo argomento: l'ambiente intrauterino. Insieme ad un numero di scienziati che studiano soggetti sembre più giovani, egli sospetta che l'ambiente prenatale sia un fattore chiave nel determinare le differenze individuali nell'intelligenza, nella struttura cerebrale e in altri tratti specifici degli, individui. Intanto, gli altri membri dell'equipe continuano a studiare gli effetti degli ambienti « arricchiti » sui cervelli dei topi, delle cavie e di altri animali, in vari periodi dopo la loro nascita. Hanno scoperto che cambiamenti corticali si producono più facilmente di quanto si presupponesse: due ore al giorno di esperienza nelle gabbie arricchite, sembrano cambiare i cervelli delle cavie quanto una intera giornata. D'altronde non è necessario che gli animali siano posti nella « scuola materna » appena svezzati; cambiamenti cerebrali sono possibili a qualsiasi età. Poiché le differenze fra il rendimento degli animali tendono a scomparire dopo l'esercizio di ripetuti test, il gruppo di ricercatori non crede che gli effetti degli ambienti iniziali siano irreversibili. Tuttavia, non è vero che non si possono insegnare nuovi trucchi ad un cervello anziano, ci vuole solo più tempo. Quando i ricercatori dettero, a cavie più anziane, la possibilità di esplorare i giocattoli e giocarci, il rapporto fra la corteccia e la sottocorteccia aumentò considerevolmente dopo novanta giorni. Dopo soltanto 30 giorni, fu possibile rilevare lo stesso aumento in un gruppo di cavie adolescenti. Fra tutti, il gruppo di cavie portate alla scuola materna nella prima infanzia, manifestò la più grande crescita cerebrale. Questi esperimenti tendono a rafforzare la teoria dello psicologo Benjamin Bloom che sostiene che il tempo più favorevole ad imprimere un profondo cambiamento nell'intelligenza infantile, è proprio quello nel quale l'intelligenza si sviluppa più rapidamente, cioè prima dei quattro anni. Bloom, professore di pedagogia presso l'Università di Chicago, ha analizzato più di mille studi sulla crescita ed ha notato che esiste una curva specifica di crescita per ogni caratteristica umana: ad esempio, all'età di due anni e mezzo, il bambino raggiunge la metà della sua altezza futura. All'età di quattro anni, il QI diventa tanto stabile da rappresentare un indice abbastanza indicativo dell'intelligenza e della maturità del futuro individuo. Bloom, allora, formulò una regola generale; l'ambiente avrà un impatto specifico su un tratto specifico, durante il periodo più importante di crescita di quel tratto. Quanto più il tempo passa, tanto maggiori sforzi occorrono per ottenere un certo cambiamento, ammesso che lo si possa produrre. Questa regola sembra essere applicabile ugualmente a quella struttura cerebrale nella quale cambiamenti si possono ottenere più facilmente e profondamente nel periodo in cui il cervello si sviluppa, alla velocità massima, cioè poco dopo la nascita. Nel corso delle sue ricerche, l'equipe di Berkeley trovò che, indipendentemente dall'età, il cervello delle cavie non cambia se gli animali vengono posti da soli nella scuola materna. Il dottor Rosenzweig attribuisce questo fatto al fatto che le cavie in solitudine non fanno caso all'ambiente che le circonda, ma preferiscono riposare. Per aiutare la crescita dei loro cervelli, occorre insegnare alle cavie a giocare con i giocattoli presenti nella gabbia. Ad esempio, se una cavia aveva fame, il dottor Rosenzweig la stimolava collocando il cibo sopra o in mezzo ai giocattoli così da forzarla, in un certo modo, a « giocare ». Le cavie solitarie possono essere stimolate con moderate dosi di farmaci eccitanti oppure, come per i bambini che si stancano di giocare con gli stessi giocattoli, con le novità. Poiché nuovi stimoli e nuovi problemi da risolvere provocano la crescita del cervello, un numero sempre crescente di stimoli e problemi nuovi provoca un aumento nella crescita. Questa verità fu scoperta da una coppia argentina, i dottori Pedro e Vesna Ferchmin che, occasionalmente, migliorarono i metodi dell'equipe di Berkeley. I Ferchmin avevano letto del lavoro che si svolgeva a Berkeley ma non ne conoscevano l'esatta procedura. Quindi, quando vollero riprodurlo in Argentina, dovettero inventare una loro propria procedura, lavorando in un ambiente sovra-arricchito. Questo ambiente era « tanto forte » da ottenere, nel giro di quattro giorni, quello che a Berkeley si otteneva in trenta giorni. Era chiaro che nessuna cavia poteva « stancarsi » del regime Ferchmin, che i giovani ricercatori avevano introdotto anche a Berkeley. Gli animali venivano spostati tre volte al giorno. Prima, da una normale gabbia da laboratorio a una molto simile alle « scnole materne » di Berkeley, poi in una gabbia più grande piena di giochi complicati e creativi. L'intelligenza dei topi veniva sempre più stimolata da nuovi e vari problemi come, per esempio, raggiungere una nicchia che stava in alto, su un lato della gabbia, in mancanza di un .accesso diretto. I topi dovevano trovare la strada attraverso una serie di tane poste su un'asta verticale, ira catene messe in diagonale e in mezzo ad alcune scatole. I problemi cambiavano spesso, perché la disposizione degli oggetti nella gabbia veniva cambiata ogni giorno. (Per gentile concessione della Bompiani. III. di Franco Mulas: «Dialogo sul potere»).

Persone citate: Benjamin Bloom, Bloom, Bompiani, Franco Mulas, Pines I, Rosenzweig, Vesna Ferchmin

Luoghi citati: Argentina, Berkeley, Chicago