Sulle orme di Huxley di Silvio Ceccato

Sulle orme di Huxley Sulle orme di Huxley BIOLOGIA ed etica non hanno connessioni dirette, essendo l'ima una scienza, e quindi con compiti descrittivi, e l'altra un complesso di imperativi. Ma le loro connessioni indirètte sono tante e disparate. Maya Pines, la giornalista americana specializzata in problemi educativi e scientifici, affronta questa situazione nel presentare un quadro delle attuali ricerche sul cervello e sulla mente deli uomo. Che cosa se ne fa delle attuali conoscenze nei confronti della nostra vita individuale e sociale? Quali saranno le conoscenze future, promesse dalle ricerche in corso, e quale uso se ne farà? A chi si farà qualcosa e da parte di chi? A questo proposito altri parlarono anni fa di « bomba biologica ». A. Huxley sembra un po' l'ispiratore di questa situazione; e l'autrice più volte 10 cita. Alla lettura delle pagine senza dubbio ben documentate e lucide, tuttavia, io ricevo il sospetto di una preoccupazione giusta sul piano letterario, ma forge esagerata su quello etico-scientifico. Non perché le cose non possano stare così, come Maya Pines descrive le esperienze e raccoglie le parole degli sperimentatori, ma perché l'azione dell'uomo sull'uomo ha sempre percorso l'intera strada che porta dalla divinizzazione, od, almeno la sua esaltazione, sino alla soppressione violenta. Si è detto, per esempio, che chi comanda alle parole comanda agli uomini e chi obbedisce alle parole obbedisce agli uomini. Gli studiosi della tecnica della persuasione sanno come e quanto si possa ottenere, anche senza interventi chirurgici, chimici, fisici, pleurici, sul cervello, dalle parole di un Hitler, di un Mao, di un Maometto, etc. In ogni caso questi interventi raffinati richiederebbero il controllo dell'uomo colto. L'affamare, l'assetare, il torturare appartengono a tutti, colti od incolti. Ogni invenzione, ogni scoperta, e l'autrice lo sa, ha due tagli, per il bene o per 11 male; ed ancora resta da decidere cor. quali criteri di valore si decida a toro proposito. Vogliamo una società a potere centralizzato o distribuito? Invidiamo le aquile j> le api? La felicità non sarebbe per caso uno dei termini di una tensione dialettica, sicché la scomparsa dell'uno coni* porterebbe la scomparsa dell'altro? Non sarebbe anche connessa con ciò che si fa per raggiungere un certo stato, l'ideale, ma destinata a sparire una volta che esso sia stato raggiunto? Allora sarebbero infondati sia il pessimismo che l'ottimismo su questo futuro di cervelli modellati, appunto, soltanto un pessimismo od ottimismo da atteggiamento, da credenza. La vita resterebbe, così come è ora, sia dramma e tragedia, sia commedia e burla, sia lirismo e poesia. Il nostro inganno nascerebbe da un senso storico scarso, che-fra l'altro dimentica l'apporto secolare dell'alcool, oppio, canapa indiana, ecc., di anni di continuata educazione gesuitica o marxista, ecc., cui siamo sottoposti e preposti da tempi ben lungili. Forse nessuna invenzione ha avuto un feedback così nuissiccio sul suo inventore quanto il linguaggio. Ricordo la frase del vecchio saggio indiano: « Quando io parlo, tu sei il mio pensiero e quando tu parli, io sono il tuo pensiero ». Nessuna persona esce inalterata da questi « Bagni di pensiero ». Questo non è comunque che uno degli aspetti per i quali il libro di Maya Pines merita di essere letto e meditato. L'altro è quello informativo, sulle ricerche in corso di biochimica, biofisica, pratiche linguistico - respiratorie - cardiache - attenzionali, ecc., per sondare i « centri » del piacere e dolore, memoria ed oblio, intelligenza, emotività, sesso, e così via. La mia impressione è che gli aspetti tecnici della ricerca siano ancora una volta più avanzati che non i principi cui janno appello. Mi spiego. Noi siamo gli eredi di una millenaria tradizione che ha accettalo ed ufficializzato il presupposto che i ' contenuti del nostro pensiero sussistano già siffatti in un nostro « esterno » e da questo vengano « trasferiti », i « riflessi », « raddoppiati » in un nostre * interno », cioè dentro la testa. Non solo questi contenuti sussisterebbero già siffatti di per sè, ma anche i rapporti in cui sono posti. Ne consegue che la nostra mentecervello sarebbe non tanto un centro operativo, quanto un centro di raccolta di questi dati. Di qui non solo la classica adaequatio su cui il filosofo ha fondato la sua verità-realtà, il suo or do rerum ed ordo idearum che dovrebbero coincidere nella verità, ma anche una serie di nozioni della moderna scienza del cervello, quando si parla per esempio di « informazione » che passerebbe da un posto all'altro, di « messaggi », di « codificazione » e decodificazione », e per la memoria di « traccia », « engramma » e simili, od anche di « stimolo-risposta », benché ciò che sì assume come stimolo e si definisce in termini di fisica possa ricevere un indefinito numero di risposte fra loro differenti e persino opposte. Manca in tutto ciò la riduzione ad operazioni costitutive sia del pensiero sia dei suoi singoli contenuti, una riduzione che fa da preliminare indispensabile affinché sia possibile considerarle funzioni di organi e procedere alla loro individuazione in termini di chimica, di fisica etc. forza costitutiva dei risultati della attenzione traspare; ma soprattutto per gli apporti che alla ricerca forniscono indirizzi meno positivistici di quelli occidentali. Vale poi certo la pena, in queste ricerche, allargare le funzioni assegnate all'attenzione, ed anche alla memoria. Dobbiamo alla prima se abbiamo una vita mentale, se il funzionamento di altri organi viene frammentato, fornendoci le unità discrete di circa mezzo secondo ciascuna, che corrispondono alle singole cose nominate e che combiniamo in strutture correlazionali dando vita al pensiero; un'attenzione ai cui stati combinati dobbiamo infine qualche migliaio di categorie puramente mentali, adoperate sia isolatamente sia applicate (si pensi al « singolare », e « collettivo >>, applicate per esempio in « fogli-a », « fogli-e » e «fogli-ame», quel singolare e plurale e collettivo che dinanzi alla stessa situazione fisica permettono di dire per esempio « bosco », « alberi », « foglie », « fogliame », etc). Dobbiamo alla memoria non soltanto una funzione letterale, ma altre come la associativa, selettiva, polarizzante, di mantenimento di presenza (sino ai 5-7 secondi), di cancellamento di presenza, di ripresa riassuntiva, di propulsione, etc. Il cervello, richiesto di svelare un maggior numero di suoi ~« segreti ». finirebbe forse con il concederli prima. Silvio Ceccato

Persone citate: Hitler, Huxley, Huxley Biologia, Mao, Maya Pines