I manipolatori di cervelli

I manipolatori di cervelliI manipolatori di cervelli i 1 N principio era creduto che 8 cervello fosse la sede di raffreddamento del sangue e che le facoltà intellettive e sensitive risiedessero nel cuore. Poi si scoprì la verità. Si studiarono e si analizzarono i complessi e delicati meccanismi del cervello. Riconosciuto che quest'organo regolava e rendeva possibile tutta l'attività umana, si cominciò a pensare al modo in cui fl cervello poteva essere controllato e manipolato. Quante suggestioni può offrire una tale possibilità a chi intende dominare gli altri. La giornalista americana Maya Pines ha offerto con « I manipolatori di cervelli » una sintesi dei due aspetti della ricerca sul cervello. E cioè l'aspetto scientifico e quello politico-sociale. Il volume è pubblicato dalla Bompiani, ha 258 pagine, costa 4.000 lire. Sarà in vendita nelle prossime settimane. J ULLA è lasciato al caso nel libro di ±\ Aldous Huxley // mondo nuovo. Ritorno al mondo nuovo (Mondadori). I bambini nascono dalle provette, nelle incubatrici statali dove le uova umane vengono immagazzinate, custodite e fertilizzate. A seconda di come il ciclo vitale prosegue nelle provette, si stabilisce il sistema delle caste. Gli embrioni che diverranno spazzini ricevono una quantità inferiore di ossigeno per ridurre la loro crescita e renderli semi-idioti, Epsilon. Quelli che diverranno Alfa (gli intellettuali e i leaders del nuovo mondo) ricevono invece grandi quantità di ossigeno e una varietà di sostanze che li arricchiscono. Altre caste vengono psichicamente e chimicamente preparate a speciali professioni quali riparatore di missili in volo (le provette vengono girate per migliorare il senso dell'equilibrio), o lavoratori ai tropici (una questione di abitudine al calore). In una certa fase di sviluppo, una iniezione di ormoni sessuali maschili rende i due terzi degli embrioni femminili infecondi. Sin dalla nascita, tutti i fanciulli vengono condizionati in modo da amare lo stato che è stato loro imposto. Le loro prime esperienze vengono controllate con ogni attenzione e sono forzate con suggerimenti, ripetuti durante il sonno. In questo modo, lo Stato produce esattamente il tipo e il numero di persone rispondenti alle sue necessità. Huxley, tanto profetico nelle sue idee, ha commesso un solo errore: non occorrono sei secoli per giungere al controllo di un cervello in via di sviluppo. Già ora, soltanto quaranta anni più tardi, // mondo nuovo. Ritorno al mondo nuovo è quasi arrivato, almeno per quel che riguarda gli animali di laboratorio. Si è tanto appreso sui periodi critici dello sviluppo cerebrale e sugli effetti dell'esperienza precoce sul cervello in via di sviluppo, che gli uomini cominciano già a trasformare i cervelli di topi, cavie, salamandre ed altri animali. Contemporaneamente, gli scienziati cominciano ad impegnarsi sul piccola,dell'uomo. Stanno scoprendo come l'ereditarietà, il sistema di nutrimento e l'esperienza lavorino insieme a produrre caste diverse tra i bambini della società contemporanea. Per ora, non hanno alcun accesso al cervello degli embrioni umani, ma con lo sviluppo del metodo di nascita in vitro, quel giorno non sarà lontano. Sin dai tempi di Freud si sa che il cervello umano riceve una netta impronta dalle esperienze avute prima dei cinqae anni. L'intelligenza, comunque, si presupponeva determinata dall'ereditarietà. Né c'era alcuna chiarezza sul fatto che le esperienze premature potessero mutare l'anatomia o la chimica cerebrale. L'uomo più competente per dimostrare che tali cambiamenti avvengono davvero, è il professor Da\id Krech, uno psicologo dell'Università di Berkeley, in California. Nel 1950 egli trascorse un anno all'Università di Oslo, in Norvegia, dove incontrò un collega di Berkeley, il professor Melvin Calvin, un chimico che, tempo dopo, ricevette il premio Nobel. Divenuti amici, Krech confidò a Calvin quanto egli fosse scontento dei correnti metodi di ricerca cerebrale. Invece di tagliare via parti del cervello per stabilire, di conseguenza, quali capacità fossero andate perdute, Krech desiderava studiare il cervello integralmente. Perché non indagare sui mutamenti chimici nel corso delle diverse attività mentali? Calvin si entusiasmò molto all'idea che, in effetti, metteva in risalto l'importanza della chimica, e i due si misero d'accordo per lavorare insieme, una volta tornati a casa. Nel 1952 Calvin presentò Krech ad un suo collega, il biochimico dottor Edward L. Bennet. Insieme a Bennet e al dottor Mark R. Rosenzweig, uno psicobiologo interessato nella trasmissione degli impulsi nervosi, Krech cominciò a studiare il rapporto che intercorre tra l'attività mentale, particolarmente la memoria e l'apprendimento, e la quantità di enzimi che esiste nel cervello dei topi. Il loro ragionamento era abbastanza semplice: l'attività mentale deve coinvolgere un flusso di impulsi elettrici da un neurone all'altro; ciò richiede un trasmettitore chimico, come la acetilcolina, e un enzima atto a distruggerlo dopo che ha compiuto la sua opera, come la acetilcolinesterasi. L'ipotesi dei tre studiosi era che una aumentata attività mentale coinvolgesse una aumentata quantità di sostanze chimiche; però, mentre il trasmettitore veniva disintegrato, l'enzima rimaneva. Quindi, l'attività mentale poteva essere accompagnata da' un aumento di enzimi cerebrali. Presero in esame questa ipotesi. Dapprima osservarono come topi con diverse quantità di enzimi nel cervello affrontavano diversi problemi. Quindi, nel 1959, decisero di affrontare il rovescio della questione e cioè come diverse formazioni risultino in diverse concentrazioni di enzimi cerebrali. Per effettuare l'esperimento occorrevano due gruppi di animali uguali: uno che agisse usando il cervello e l'altro che non facesse nulla. Cosi, presso l'Università di California, si realizzò la prima « scuola materna » per topi, con gabbie speciali, piene di giocattoli ed altre interessantissime cose. Dodici topi giovani furono messi nelle gabbie speciali e un gruppo dello stesso numero rimase nelle gabbie standard oppure, peggio ancora, in un ambiente privo di qualsiasi oggetto, che potesse interessarli. Il trattamento differenziato ebbe inizio quando i topi avevano venticinque giorni. Per ottanta giorni fuorono tenuti nelle tre differenti condizioni. All'età di centocinque giorni, furono decapitati tutti e i loro cervelli furono sezionati, pesati e congelati ad opera dei tecnici. Gli esperimenti andarono avanti per un periodo di due anni e il materiale accumulato dimostrò che il cervello dei topi della « scuola materna » conteneva il 2 % in più di acetilcolinesterasi degli altri. Poi i ricercatori, improvvisamente,, osservarono qualche cosa di tanto rivoluzionario da sembrare incredibile: la corteccia, ossia la parte del cervello che « pensa », di quegli stessi topi, pesava il 4 % di più di. quella degli altri. « Abbiamo ereditato dai nostri predecessori il dogma della stabilità del peso cerebrale », rileva il dottor Rosenzweig. Molto tempo fa, alcuni cultori di anatomia affermarono che il cervello cresce in rapporto all'attività intellettuale. Questa affermazione indusse gli scienziati a paragonare tra loro le dimensioni dei cervelli di diverse persone, nel corso dell'autopsia. Tale lavoro ebbe come conclusione che non vi è alcun rapporto con l'intelligenza: molte volte individui cretini hanno cervelli molto più grandi di quelli di geni. All'inìzio del ventesimo secolo, la ricerca sui cambiamenti cerebrali che potevano essere attribuiti all'esperienza, fu abbandonata. Anche il gruppo di Berkeley disperò di riuscire a trovare più che un minuscolo cambiamento chimico nel cervello, come risultato ' dell'apprendimento; effetti maggiori, come cambiamento di peso, apparvero fuori della realtà e furono esclusi dalla sperimentazione. « Per fortuna », dichiara Rosenzweig, « abbiamo dovuto rilevare i pesi dei campioni cerebrali per potere misurare l'attività chimica per unità di peso di tessuto. Dopo due anni di osservazione degli effetti chimici, ci è capitato di osservare che i pesi dei campioni di cervello erano cambiati anche loro». A prima vista, i cervelli dei topi di Berkeley non sembravano alterati dalla loro « esperienza » nella scuola materna. Comunque, i ricercatori avevano tagliato i cervelli in varie sezioni e misurato separatamente i pesi. Servendosi di una aritmetica elementare, si giunse a dimostrare che la corteccia cerebrale dei topi cresciuti negli ambienti « poveri » era più piccola di quelli cresciuti nell'ambiente della scuola materna. Evidentemente il fatto di giocare con svariati giocattoli per ottanta giorni, aveva stimolato la crescita della corteccia cerebrale di questi topi. Questa scoperta accrebbe l'entusiasmo dei ricercatori: essi dovevano trovare il materiale che riempiva la corteccia. Poco dopo una neuroanatomista, la professoressa Marian Diamond, si associò al gruppo per osservare i cambiamenti anatomici. Le scoperte fatte nel laboratorio della professoressa Diamond si dimostrarono le più interessanti. Tra gli altri cambiamenti» notò che c'era un ingrossamento nella corteccia, specie nell'area visiva della zona occipitale (più tardi questa peculiarità si evidenziò anche in topi ciechi). Si trattava di un aumento del 15 % nel numero delle cellule gliali, cellule che giocano un ruolo mi- ' sterioso, anche se chiaramente rilevabile, nel processo di apprendimento. Il numero delle cellule nervose (neuroni) non appariva aumentato (generalmente si ritiene che i neuroni non possano riprodursi dopo la nascita), ma i corpi cellulari erano divenuti del 15% più grossi. Le fibre di questi neuroni erano cresciute e avevano proliferato, crean- do nuove connessioni con altre cellule nervose. L'intera qualità della corteccia cerebrale appariva cambiata. Fra i mammiferi, l'intelligenza corrisponde sempre alla dimensione e alla complessità della corteccia cerebrale. Nel topo la corteccia è liscia e, se paragonata con quella degli altri mammiferi, è sottosviluppata. Risalendo la scala dell'evoluzione, la corteccia del cane presenta alcuni solchi, « concentrando » più materiale corticale nello spazio a disposizione; nella scimmia la corteccia appare più sviluppata e convoluta, nell'uomo essa è tanto sviluppata da coprire tutte le altre zone cerebrali. Se la corteccia cerebrale di un animale diventa più grande grazie all'esperienza, la sua intelligenza cresce di conseguenza? Era molto difficile rispondere a questa domanda in quanto gli animali che rispondono bene in un test e sembrano perciò più intelligenti, possono rispondere male in un altro test e viceversa. Tutto dipende dal tipo di capacità richiesta per il test. Talune razze animali possono essere allenate a « talenti » speciali per determinati test. Quando era studente a Berkeley, Krech ebbe l'opportunità di assistere alla dimostrazione di uno psicologo, Robert Tryon, che mise a confronto due razze diverse di topi, davanti a una stessa difficoltà. Il professor Tryon in persona aveva allevato, selezionandole per un certo numero di generazioni, queste razze. I topi, i cui antenati erano stati selezionati per la loro stupidità, entrando in una gabbia speciale, si infilavano in vie senza uscita, facevano un errore dopo l'altro e dimostravano di non essere capaci di imparare come gli altri; la razza intelligente, invece, imparava molto rapidamente tutti i trucchi. « Ciò costituiva uno degli esperimenti classici della psicologia », ricorda Krech. « Si trattava, in effetti, dell'esperimento che definì la genetica del comportamento come sperimentale ». L'esperimento era anche una importante dimostrazione per quanto riguarda l'effetto che produce l'ambiente in contrapposizione all'ereditarietà. Ora Krech' era pronto per un nuovo esperimento. I discendenti delle due razze di topi erano ancora disponibili nei laboratori di psicologia di Berkeley.

Luoghi citati: Berkeley, California, Norvegia