Bibbia tra le fedi

Bibbia tra le fedi Bibbia tra le fedi TORINO — Cinque anni di lavoro per il Nuovo Testamento; se ne prevedono altri sei per l'Antico. E' la prima Bibbia interconfessionale, tradotta su iniziativa del Segretariato per \e Chiese e dell'Alleanza Biblica, pubblicata dalla Ldc di Torino-Leumann, di cui è stato presentato la scorsa settimana il primo volume, al Circolo della stampa dì Torino {«Parola del Signore: Il Nuovo Testamento », 566 pagine, 1500 lire). <; interconfessionale, non ecumenica j>, come ha precisato uno dei curatori, il professor Corsani dell'ateneo valdese di Roma. L'iniziativa non intende, pretenziosamente, di porsi come elemento d'unione fra tutte le Chiese, ma vuole offrire uno strumento comune di lettura a cristiani di confessioni diverse. L'altro obiettivo è quello di trasferire la parola scritturale, ritenuta da qualcuno oggi arcaica, sulla misura del nostro costume quotidiano, comprensibile a tutti. Anche se « tradurre comporta sempre il rischio di tradire », come ha ammesso il prof. Buzzetti, cattolico, si è voluto puntare su un linguaggio di comunità, a un livello di traduzione dichiaratamente non filologico. « Già i vangeli sono nati tradotti. Gli apostoli hanno scritto in greco perché il mondo a cui si rivolgevano parlava il greco, e non avrebbe compreso la lingua in cui aveva parlato Gesù». In Buzzetti, la dracma della parabola si trasforma in una « moneta d'argento », la lampada non viene nascosta sotto il moggio, ma sotto il secchio, il pubblicano diventa, in modo esplicito, l'agente delle tasse. Il tentativo, per molti aspetti seducente, non ha mancato di suscitare qualche dubbio quando alcuni lettori molto avvertiti si sono trovati di fronte a passi che avevano letto sempre in altro modo. Alessandro Passerin d'Entrèves, ad esempio, nell'apprezzare l'iniziativa, ha manifestato « sorpresa e disagio » per la « perdita di una risonanza particolare, di una vibrazione misteriosa che certi passi suscitavano nei tempi in cui era comune il latino». Il «linguaggio incantatorio » del vangelo non c'è più. Franco Bolgiani ha posto ai traduttori una serie' di interrogativi che apriranno probabilmente una discussione, a partire dal concetto stesso di «linguaggio popolare», così problematico di fronte al problema delle Scritture («Non rischiamo di farne un'altra categoria intellettuale?»). E ha difeso, con vigore, certe espressioni scritturali, tramandate dalla tradizione, che non devono andare perse. La difesa più autorevole, per i redattori dell'opera, è venuta da Michele Pellegrino, l'arcivescovo torinese. Ha ricordato le indicazioni che, dalla sua cattedra universitaria di letteratura latino-cristiana, era solito dare ai suoi allievi: « Quando traducete, cercate di capire, nel suo spirito, il brano che avete letto. Poi dimenticate je frasi, la successione dei tempi, la costruzione dei periodo. E scrivete, se sapete farlo, come scriveva Cicerone; se non sapete, almeno come Tito Livio ». Per lo studioso di sant'Agostino si può capire altrettanto bene il vangelo, ancne se la dracma è diventata una più generica moneta d'argento. ta

Persone citate: Alessandro Passerin, Buzzetti, Cicerone, Corsani, Franco Bolgiani, Gesù, Leumann, Michele Pellegrino, Tito Livio

Luoghi citati: Roma, Sant'agostino, Torino