Memoria di delitti

Memoria di delitti LA GIUSTIZIA PENALE IN DUE SAGGI DI M. FOUCAULT Memoria di delitti SCRIVE Foucault nella prefazione di lo. Piene Rivière (Einaudi, Torino, 310 pagine, 4500 lire): « Volevamo studiare la storia dei rapporti tra psichiatria e giustizia penale. Strada fa- , cendo, abbiamo incontrato il caso Rivière ». 3 giugno 1855, un giovane contadino normanno di nome Pierre Rivière uccide madre, sorella e fratello. Vaga in fuga per un mese nelle campagne intorno a Caen. Il 2 luglio viene arrestato. Esiste un dossier che raccoglie ogni ragguaglio sul caso: interrogatori, testimonianze, reperti medici; in più una « memoria », redatta dal medesimo Rivière, in cui il delitto viene narrato e « spiegato ». Su questo dossier si è appuntata l'attenzione di Foucault e dei suoi allievi, prescindendo dalla psicanalisi e dall'antropologia: è stato redatto così un capitolo di storia degli istituti repressivi, o della collusione fra psichiatria e potere. I medici e i giudici vollero mostrare che il giovane Rivière era pazzo e criminale: la grazia reale commutò la sentenza di morte nel carcere a vita. Rivière si impiccò, ergastolano, il 20 ottobre 1840. Assassinio, carcere, follia e morte: temi di Foucault. Ma Foucault scrive che fine suo, e della sua scuola, è stato, nel pubblicare l'intero dossier, ritrovare il gioco ambiguo, di reciproco corteggiamento intercorso fra « potere e sapere ». Quel che ha attratto Foucault è l'incredibile quantità di parole spese, e trascritte, intomo al caso: i medici parlavano per verificare la follia di Rivière; i magistrati diffidavano, ed erano irretiti, dalle perizie mediche: dibattevano la questione delle attenuanti senza approdarvi; le loro parole incrociavano quelle dei paesani di Pierre, pronti, accusando, a esorcizzare il terribile fatto avvenuto tra loro; quindi, c'era Pierre, con simulazioni di follia e spiegazioni corrispettive, invocazioni all'eternità e desiderio di morte. Insomma, un gran teatro: un teatro che il dossier rende esplicito come un vasto arazzo su cui sia srotolata una tragedia sociale con la calcolata preordinazione d'un rito. Momento cruciale di una simile rappresentazione è la « memoria » scritta da Pierre: un testo drammatico e oscuro, lampeggiante di luci sinistre e dolenti come quelle che possono trovarsi in testi rubricabili nell'esistenzialismo avanti lettera. Il nome di .Dostoevskij viene naturale farlo. Cosa narra Pierre? La sua nascita, la sua infanzia, le vicende matrimoniali di sua madre e suo padre: è la madre il principale oggetto d'ac¬ cusa. Una donna, questa madre, che sembra nutrire un nevrotico ribrezzo per quel che concerne ogni rapporto amoroso, erotico in particolare: una donna raffigurata con movenze narrative che vorrebbero, per quanto possibile, tenersi sul neutro; ma l'ira, sia pure trattenuta, vince. Contro lo sfondo d'una esistenza di lavoro duro, matura in Pierre il disegno d'una vendetta: egli si propone di vendicare il padre per le violenze che gli ha inflitto la madre; l'inconscio ha esalato veleni e l'istinto di morte impone le sue ragioni. Dove approda la ricerca di Foucault e dei suoi allievi? La « memoria » è scrutinata, in fondo al volume, a più voci. Alessandro Fontana, che è anche uno dei due traduttori dell'opera, mi pare riassuma felicemente la questione affermando: «A partire da una certa concezione della follia, il problema del vero e del falso .està indecidibile; ciò che è paralizzato, è piuttosto la volontà di verità del medico e del magistrato che la volontà del malato ». E- aggiunge che la parola richiesta al « pazzo » (fu il procuratore generale che invitò Pierre a scrivere) costituisce « l'atto di nascita teorico di ciò che sarà più tardi la pratica psicoanalitica: "pudenda origo" d'una necessità tutta poliziesca e legale di far sopportare al pazzo la verità d'un sapere a cui questa manca e pone problema ». Come si vede, le conclusioni del lavoro tendono a non prescindere dalla psicoanalisi, quanto a metterla in crisi parallelamente a tutte le ricerche in corso nella anti-psich latria. Ancora per le parole di Fontana: « La parola data al malato non potrà essere, per quanto raffinate e sottili siano divenute la pratica e la teoria (psicoanalitiche), che un prelievo di sapere confiscato al malato, come una specie di plusvalore a profitto del sapere incrinato e manchevole del medico ». Enzo Siciliano

Luoghi citati: Pierre, Torino