PASOLINI INEDITO di Giulia Massari

PASOLINI INEDITO PASOLINI INEDITO R OMA — Sia Einaudi che Garzanti hanno chiesto a varie riprese dì vedere i fogli dattiloscritti, appena appena segnati da qualche correzione nella sua minuta calligrafia, da qualche richiamo, da segni d'incertezza, del cosiddetto « romanzo incompiuto » di Pier Paolo Pasolini. Sia Einaudi che Garzanti avevano sotto contratto lo scrittore morto un po' più di un anno|fa, ma il contratto di Garzanti scadeva nel 74 e quello di Einaudi riguardava alcune opere che sarebbero venute dopo, e che la morte ha bloccato. Ora, quei fogli, circa cinquecento, sono custoditi in una cassetta di .sicurezza. Nessuno li ha guardati molto attentamente. La vecchia mamma è in una clinica dove nemmeno ricorda di aver avuto un figlio che faceva il poeta e si chiamava Pier Paolo, la nipote, che ha la procura sull'eredità, Graziella Chièrcossi, gli ha dato appena un'occhiata, travolta in tutti questi mesi da quello che viene dopo una morte, e una morte così tragica. Altri libri di Pasolini continuano a uscire, uno dietro l'altro, e con essi tutto il fiume di dichiarazioni, di studi, di saggi e anche di libelli che seguono la morte di uno scrittore. La decisione che ha preso Graziella, d'accordo col cugino di Pier Paolo, Nico Naldini, è di consegnare alla Biblioteca nazionale i manoscritti autografi dello scrittore, via via che la loro autenticità viene riconosciuta, e di mettere in cassetta di sicurezza il resto. Questo resto, forse, contiene anche inediti, ma come si fa a stabilire che si tratti di veri e rifacimenti, di ripensamenti? E c'è il dubbio che non esistano poi veramente, questi inediti: Pasolini lavorava su or- dinazione, per i giornali, per gli editori. n-r il cinema. Era diffìcile che qualche cosa di lui scritta non venisse pubblicata. Sembnn\ che soprattutto questo, il sapere dove andar■ a finire-la sua opera, Io spingesse a metter»! al tavolino. Ed era un lavoratore instancabile Scriveva a macchina, velocemente, anche per alcune ore di seguito, senza bere e senza fu mare, solo accettando ogni tanto una tazzina di tè che la nipote, o la madre, gli mettevano silenziosamente sul tavolo. Quando finalmente usciva dalla stanza, quasi sempre~appariva, soddisfatto: ma non della qualità, si sarebbe detto, piuttosto della quantità. « Un giorno — dice Nico Naldini — uscì dallo studio con una bracciata di cartelle. Guarda cosa ho fatto oggi, mi disse >\ « Una volta — racconta Graziella — mi consegnò un fascio enorme di cartelle e mi disse di fotocopiarle, ma senza leggerle. Era il periodo che lavorava ntolto a Chìa, aveva paura di perderle». A Chia, vicino Viterbo, Pasolini aveva comperato un casale con ione, e ci rimaneva spesso qualche giorno. Era sen za telefono. Non lo aveva voluto. « Si può dire che il libro è stato scritto quasi tutto lì », dice Graziella. Ha cominciato a scriverlo nel 72, o nel '73. Ne parlava con gli amici, ma pochissimo, come con pudore. «Probabilmente, si tratta di un romanzo-saggio — spiega Naldini. — Rispondeva egli occasionali interventi critici che in quel periodo egli faceva sui giornali. Nel libro ci sono k lucciole; l'aborto, il divorzio, la polemica sulla scuola e le idee sui ragazzi di oggi, tutte le sue polemiche Jnsomma. Naturalmente, sotto altra forma. Anche "Salò", del resto, è un film-saggio, la differenza fra l'uno e l'altro è la differenza fra l'espressione filmica e Vespr: sioite letteraria. In questo libro egli lavorava come un pittore che va man mano saggiando s colori. Il meglio sarà considerarlo come un materiale di sperimentazione, raccogliere queste pagine come un documento, non come un'opera elaborata. Sarà, quando sarà, la cosa più rispettosa da farsi». Anche quando"stava scrivendo questo libro Pasolini era l'uomo tranquillo di sempre: mai sacro furore in lui, mai pretesa di rispetto per l'ispirazione. Rispondeva al telefono, se necessario, scambiava qualche parola. « Non faceva mai pesare sulla casa il fatto di essere uno scrittore », ricorda Graziella. La casa dove parliamo è la stessa di sempre, la casa borghese col lungo tavolo ingombro di carte, coi paralumi, i dischi, gli oggetti belli e meric belli, al pianterreno di quella strada dell'Eur. via Eufrate, che si affaccia sul panorama di una città, Roma, che da qui sembra enorme e lontanissima. E sarà un libro importarne, quando uscirà? Da come ci lavorava, si direbbe di sì. Il titolo? «Dapprincipio doveva chiamarsi "Petrolio" », dice Naldini. Come la vecchia canzone anarchica: « Petrolio, petrolio alle chiese, a morte l'odiato borghese... »? « Oh, no. Petrolio come materia. A un ceno punto, a Pier Paolo questo titolo cominciò a non piacere più, anzi diceva che era orrendo, che evocava cose orribili. Ne aveva pensato un altro, "Vas". Ma non sarebbe stato l'ultimo. Lui adorava fare titoli, ne inventava per gli amici, per gli editori, per chiunque... ». Giulia Massari

Luoghi citati: Pasolini, Roma, Vas, Viterbo