Lo strano "socialista "

Lo strano "socialista " Lo strano "socialista " PRIMA del 13 luglio 1912, Mussolini era rimasto nella più desolante e ignorata mediocrità. Nato in un oscuro paesello, in umile condizione, non aveva potuto che conseguire una cultura mode-s rissima di maestro elementare. Si sa che, a vent'anni, emigrò nella Svizzera, con l'intenzione di sfuggire al servizio militare, che l'attendeva di lì a poco. „ « Una sera del 1903, mentre alcuni sovversivi italiani, tra cui G.M. Serrati, stavano chiacchierando al Restaurant Cooperativo di Losanna — racconta Carlo Ghisotti — entrò un muratore, membro del sindacato, avente seco un giovanotto ventenne, che interruppe la conversazione: — Scusate — egli disse, soprattutto rivolgendosi a Serrati — ho incontrato questo compagno sulla piace Pepinette, e mi chiese ove trovasi la Sede del Partito Socialista. Mi ha detto che è fuggito dall'Italia per non fare il servizio militare e viene per domandarvi indicazioni. Tutti si rivolsero al giovanotto vestito modestamente di un completo grigio ferro, cappello a larghe tese con grande cravatta " lavallière" nera. Egli disse chiamarsi Benito Mussolini da Predappio: suo padre era pure socialista, consigliera della minoranza socialista di tal comune. Non aveva altri documenti su di lui che la licenza della scuola normale di Forlimpopoli. Serrati, cfie era un "sentimentale pratico ", pensò subito al più urgente e rivolgendosi al nuovo arrivato gli disse: — Sai, qui sei in casa nostra, e parìa pure con tutta franchezza, ma dimmi soprattutto se hai cenato o se lo desideri. Mussolini a capo chino e quasi vergognoso della presenza di molti di nei, rispose piano a Serrali che aveva fame. — E via, non vergognarti, son tutti compa¬ gni — esclamò Serrati levandosi. Lo prese amorevolmente per un braccio, chiamò Francesco Copassi, che era direttore del Restaurant Cooperativo, e lo condusse nella sala del primo piano, e gli fece servire un piatto di spaghetti. Poi Serrati diede ordine a Zannini di pagare per la cassa del partito ed a Marzetto di trovargli alloggio. Quella sera Mussolini andò a dormire in casa di Mar-, zetto, in letto col sarto Bricchi, ex sindaco di Brusinallo, attualmente ad Orbe (Svizzera) ». In seguito, Serrati lo raccomandò ai vani sindacati ed alle Sezioni socialiste per delle conferenze, con le quali avrebbe potuto modestamente vivere fra i compagni emigrati. Bisogna aiutarlo. Era arrivato a Losanna con 15 centesimi ed una tasca piena di mele, raccolte sull'altipiano del cantone di Friburgo, che aveva fatto tutto a piedi. La Balabanof f Mussolini si buttò a fare l'estremista. Non voleva saperne di parlare d'organizzazione sindacale, fors'anohe perché non la sentiva e non ne capiva nulla. Il tema favorito delle sue concioni, espettorate nella forma più volgarmente demagogica, era: « Militarismo e religione ». Si esibiva come antimilitarista ad oltranza e faceva dell'anticlericalismo becerone. Malgrado ciò non riusci — in quel periodo — a farsi notare, se non dalla polizia. Dopo poco tempo, Mussolini venne espulso dal Cantone di Vaud e poi dal Cantone di Berna (settembre 1903) con la scusa ufficiale che mancava di legittimazione, ma effettivamente perché considerato come anarchico pericoloso. Il procuratore federale di quell'epoca — il famigerato Kronatier — io teneva in nota fra gli anarchici da sorvegliare, con la seguente indicazione: « Mussolini Benito, figlio di Alessandro e di Mattoni* Rosa, nato il 23 luglio 1883 a Predappio (Forlì, Italia) maestro di scuola elementare e manovale. Mussolini è stato recentemente espulso dal Cantone di Berna per mancanza di carte di legittimazione ». Verso la fine del gennaio 1925, a EL Popolo d'Italia» pubblicava, con grossi caratteri e con ancor più grosse parole, uno sfogo virulente contro « le sozze canaglie dell'Aventino le quali diffondono sotterraneamente la voce che Benito Mussolini, capo del governo d'Italia e Duce del Fascismo, è stato condannato in Svizzera per reato comune ». « Il Popolo d'Italia » sfidava inoltre il sen. Luigi Albertini, direttore del «Corriere della Sera», a « rendere inunediatamente di pubblica ragione in Senato o nel giornale la sentenza di condanna» che — secondo il « Popolo d'Italia » — il predetto senatore avrebbe vantato di possedere. Il sen. Albertini rispondeva seccamente, sfidando a sua volta il « Popolo d'Italia » a dire con chi egli si fosse mai vantato di possedere un tal documento. Ma sebbene il « Popolo d'Italia » cercasse di replicare con virulenza ancor più minacciosa, la voce che aveva suscitato il furore dell'organo mussolini ano ha continuato ugualmente a circolare negli ambienti politici italiani con precisioni sempre maggiori, e la sua circolazione dura tuttora. La voce afferma che Mussolini è stato condannato da un tribunale della Svizzera, nel 1903 o nel 1904, per furto di un orologio, commesso in casa di persona che lo ospitava in quel periodo di dura miseria. A proposito dell'affare dell'orologio, una persona insospettabile per dirittura di carattere e degna di fede per la conoscenza diretta dei fatti, mi ha inviato le seguenti precisazioni, mentre si preparava la seconda edizione di questo libro: «Da opportuna sentenza del Tribunale di Losanna risulta che Mussolini, all'età di 20 anni, quand'era bracciante a Losanna, una mattina di buon'ora, alzatosi e uscito da un albergo operaio, dove occupava un letto in una stanzetta che ere occupata anche da altri operai, prese e indossò, poiché faceva freddo ed egli n'era sprovvisto, il mantello di un compagno. Quando costui si levò, comprese che il mantello era stato asportato dal Mussolini; ne fece ricerca, gli richiese ed ebbe la restituzione del mantello. Ma non potette ottenere né un orologio né qualche franco che erano nel mantello, ossia in una tasca del medesimo. Per tale motivo. Mussolini fu condannato a tre mesi di prigione, che però non espiò, forse per interposto appello. Un vigliacco Ma fu costruita la sua cartella personale, con fotografia e colle impronte digitali. La sentenza si trovava regolarmente in Cancelleria, vi restò fino a tutto il 1923. Fu letta da parecchie persone, e ne ha copia autentica un personaggio di Zurigo, il quale però diede parola d'onore di non mostrarla ad alcuno ed ha mantenuto la parola. Dopo il 1923 la sentenza originale è stata estratta dalla Cancelleria, e non vi è più tornata. Si dice che sia stata richiesta dal consigliere federale Motta quando questi firmò col governo italiano ii trattato di commercio italosvizzero. L'espulsione di Mussolini, più tardi, per la faccenda del passaporto falso, fu certamente disposta anche