Storia d'Italia per "regioni,, e si comincia dalla Toscana di Giovanni Spadolini

Storia d'Italia per "regioni,, e si comincia dalla Toscana Storia d'Italia per "regioni,, e si comincia dalla Toscana Giovanni Spadolini presenta in questo articolo i criteri della nuova « Storia d'Italia » diretta da Giuseppe Galasso per la Utet ed esamina in particolare il primo volume pubblicato: « Il Granducato di Toscana - I Medici » di Furio Diaz (584 pagine. 20 mila lire). E' il primo tomo del tredicesimo volume, che si completerà con un secondo turno, dedicato ai Lorena. G IUSEPPE Galasso, pur napoletano, non è superstizioso. Ha fatto uscire, per primo, il volume tredicesimo della nuova, monumentale « Storia d'Italia » che egli dirige per la casa editrice Utet: e precisamente il volume dedicato al « Granducato di Toscana » (per essere più esatti, con uno stile clas- sico che arieggia a tutta una tradizione fedelmente serbala e integralmente osservata, il primo tomo del tredicesimo volume). Autore: Furio Diaz, uno storico delle idee che sa essere anche storico dei fatti. Il piano dell'opera è ambizioso, pur nel rigore di un'impostazione scientifica severa e rigorosa. Si differenzia dalla einaudiana « Storia d'Italia », arrivata in questi giorni all'Atlante conclusivo con un ritmo serrato (e incredibilmente serrato per i tempi dei nostri studi e dei nostri studiosi), pur senza contrapporsi ad essa. Vuole accentuare deliberatamente la dimensione « regionale » della nostra storia: non in omaggio a una contingente retorica regionalista (il nostro paese non si sottrae mai a nessuna retorica) ma in virtù di una visione storiografica conseguente, che rifiuta il cliché «italocentrico», la gabbia "dz un'Italia sempre tendenzialmente unita pur nella differenziazione dei vari stati o nella polverizzazione dei diversi poteri politici. Storia, articolata e approfondita, dei vari stati italiani, delle varie e complesse realtà sociali, politiche, anche culturali in cui si consumò il processo medievale e rinascimentale, prima della tardiva e in parte forzata aggregazione risorgimentale e unitaria. Secondo dato caratteristico dell'opera: un particolare rilievo dato alla storia sociale e istituzionale, secondo una linea che tiene conto degli apporti fondameutali della storiografia europea, a cominciare da quella francese degli « Annales ». Il primo volume uscito è emblematico dello spirito e dei fini della collana, in cui l'Utet ritrova un filone peculiare della sua storia inconfondibile (le grandi opere, una volta a dispense, oggi presentate in volumi compatti e a prezzi accessibili — un dato che non va mai sottovalutato — pur nella ricchezza dell'apparato illustrativo e documentario). E' parte della seconda sezione della serie: « Gli stati italiani nell'età moderna » (la prima, che vedrà presto il « Regno italico», quello feudale, di Vito Fumagalli, corrisponde all'* Italia medievale », la seconda, che arriva alla Repubblica e alla crisi del centro-sinistra nel 1972, si chiama «L'Italia contemporanea»). Investe la formazione e la crescita e la decadenza del Granducato di Toscana, in quel processo bisecolare, dal 1550 al 1757. che vede dissolversi le estreme speranze della libertà repubblicana e consumarsi la decadenza del principato, trapassato dal vigore autocratico di Cosimo Primo alle estenuate rinunce di Gian Gastone. Furio Diaz affronta questa parabola per tanti aspetti drammatica con vigore di storico, che rinuncia a tutti i tabù e a tutti i paraocchi. Le prime pagine, sul passaggio dalla Repubblica al Principato, sono esemplari di uno stile d'indagine moderno, concreto, che nulla cede o concede alle suggestioni di una retorica democratica che pure alimentò tante speranze generose del primo risorgimento (ed è singolare che proprio un livornese, un conterraneo di Guerrazzi, dissolva con tanta severità e talvolta spie¬ tatezza i fantasmi di una storia agiografica o immaginaria). Talvolta Diaz mette perfino fra virgolette l'espressione « libertà repubblicana », rapportata al tentativo di restaurazione repubblicana, così contraddittorio e oscillante, che va dal 1494 al 1512 o l'ultimo, disperato sussulto che si identifica nella difesa della Repubblica rinata nel 1527, la slessa Repubblica che, in- trisa di fremiti savonaroliani. proclamerà Gesù Cristo suo re e impegnerà Michelangelo Buonarroti nel!a difesa delia mura cittadine da San Miniato al Monte. Le radici della crisi degli ordinamenti repubblicani, oligarchici e non democratici in senso moderno («libertà politiche » e mai « libertà civili », come sottolinea acutamente l'autore), sono individuate da Diaz con una secchezza che potremmo chiamare «r guicciardiniana ». Gli anni di Pier Soderìni. gli anni in cui maturò il pensiero politico di Machiavelli fedele e mal ricambiato servitore della Repubblica, sono identificati per quello che sono: gli anni della consunzione di un regime stanco e arcaico di libertà comunali, incapaci di assecondare l'evoluzione ver-' so lo Stato accentrato che caratterizza la nuova geografia politica della penisola. Questo primo tomo si arresta alla morte di Gian Gastone, al 1757. Comprende tutti i Medici e lascia al secondo tomo tutti i Lorena, in una parabola che ebbe qualcosa di analogo, dai fermenti riformatori di Pietro Leopoldo alle stanchezze casalinghe di Canapone. Non si poteva immaginare, per una storia tanto accidentata e sinuosa, un inizio migliore. Giovanni Spadolini