Protagonista della nuova musica
Protagonista della nuova musica JLa crUica no^te più solo cóme padre di ''Bohème 59 Protagonista della nuova musica LA fortuna critica di Puccini è ad una svolta. Svincolato, nel secondo dopoguerra, dalla troppo facile e riduttiva etichetta del •verismo e dai suoi presunti compagni di strada, Giordano come Mascagni, Puccini è sfato riconosciuto la figura centrale dell'opera post verdiana. Quésto musicista si rivela così, piuttosto che coetaneo e partecipe della « giovane scuola», come lo Strauss italiano: Ma oggi l'esegesi dell'autore segue anche altri e imprevedibili decorsi. Non siamo più alla descrittiva riabilitazione di un Claudio Sartori, che nella sua monografia giornalistica .del '58 riduce Fiter pucciniànoalla Bohème, considerata come l'archetipo inattaccabile . del maestro,, cui sarebbero seguiti soltanto .marginali codicilli. Il nuovo tempo puc-' cinìano passa attraverso i fil- . tri Sofisticati dei protagonisti della nuova musica: e a Puccini spetta in sorte di essere idolatrato proprio dai compositori e dagli esegeti di punta, in ' un radicale ribaltamento delie prospettive rispetto all'iniziò del nostro secolo. Bussotti e Bortolotto sono 1 suoi nUÒVi agiografi, méntre i profeti della dodecafonia, René Leibowitz e , Roman . Vlad, insistono particolarmente sun'attualità linguistica del compositore* lucchése, » divenuto quasi un vaso collettore delle mille tentazioni della mùsica moderna. Il melodramma più contestato,^ discusso ò esaltato è , naturalmente quello più problematico, anche se non forse il più decisivo, Turàndot, appunto/«L'opera che l'uccise », la definì il Sartori, quale testimonianza .dell'impossibilità dell'autore di uscire dalla serra privata dei suoi sentimenti. Il capolavoro di Puccini, invece, la considerano l'autorevole Mosco Carnea,-il Leibowitz o l'Antonino Tifone, quella che più chiaramente indica la capacità del. musicista di stare al passo con la stòria. • Sono conVintò tuttavia che non vale per questo compositore porre un discrimine nettò tra' la sua prima maturità compositiva e i suoi ultimi lavori, ovvero tra il suo « naturalismo » e il suo aggancio al Novecento. Puccini non è mai sfato a v rimorchio del linguaggio del suo tempo: e tuttó>H suo iter compositivo indica quasi una rabdomantica capacità di cogliere ~ quanto di nuovo si agitava nella musica - europea, pur da un'ottica inevitabilmente ^provinciale, almeno quanto a scelta dei temi teatrali: Manon, che risale, al' 1893, segna l'ingresso del musicista nell'area del decadentismo europeo, e indica un momento di trapasso tra le nevrosi di Ciaikovski c gli aneliti mortuari di Mahler. Era, non a caso, l'unico musicista ammirato dai maèstri dèlie avanguàrdie storiche, da Schoènberg e da Alban Berg, anche se egli non ricambiò certo quella stima. E Leibowitz vede con fin troppo zelo nella Tttrandot precommenti del Mose e \ Aronne di Schoènberg. Certo è che è ormai incontestabile che Puccini entra di diritto 1 nella storia della musica del nostro secolo, né vale confinarlo come si faceva un tempo ad. un rango epigonico. - La sua modernità, d'altronde, è dimostrata anche dall'influenza esercitata- sui compositori di oggi: l'angelismo equivoco di certo Britten discende direttamente dall'ambiguo clima conventuale di Suor Angelica. Ed è indicativo soprattutto che, in chiave indiretta, le suggestioni di Puccini si facciano sentire anche ne} maestro odierno del neoliberty musicaie, nei deliri decadentistici o nelle sadiche introspezioni di Sylvanò Bussotti, che hanno la loro matrice lontana e" insopprimibile nelle sevizie di Tosca, nelle menzogne e nelle crudeltà della zia principessa o nei gelidi veleni di " Turàndot. Puccini allora si rivela coirne un' maestro dell'effetto calcolato, -come uh: compositore .capace di manovrare a - fréddo i suoi congegni . teatrali e di operare, strenuamente sui materiali, al di là di un appello-diretto al mon-, ; do dei séntimena. * Tutto il discorso di Puccini si configura secondo un gran flusso unitario, in cui sarebbe vano distinguere un momento passatista o un momento avanzato. Non credo perciò all'immàgine di Puccini che, a partire dalla Fanciulla del Wèst, si.converte improvvisamente alle suggesioni della modernità. In Turàndot, semmai,. alcuni dati rimangono inconciliabili, ed è stato notato che la figura di Liù è una, ripetizione degli affanni di C io-C io-San, mentre è alla principessa, che Puccini affida la sua ària più decisiva, « In questa reggia ». Quest'opera, insomma, vale per il suo cerimoniale impassibile e crudele, e quindi per il suo assunto estetizzante (D'Amico). Per questo la protagonista riesce '. à congelare certe tensioni mai sopite del canto verista, nella durezza della maschera. La violenza belluina del canto, allora si converte nel suo polo antinomico e la passione arroventata si riduce a pietrificata archeologia. . Mario Messinis
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