narrativa

narrativa narrativa Eugenio Travaini IL VENTO IN TESTA Rizzoli, Milano. 213 pagine, 4000 lire, [luciano curino) L'impiegato di banca Amedeo Valentini racconta la sua vita dal grigiore dell'orfanotrofio a un opaco manicomio milanese. Trascina l'esistenza nella solitudine e nella tetraggine, « con la testa piena di vento », cioè sogni confusi e allucinazioni, l'ossessione del sesso, deliri. E' senza amicizie, un arido vuoto affettivo, e c'è chi gli dice: « Soltanto i matti e i supe7-bi sdegnano di vivere con gli altri ». Valentini disprezza gli altri oppure li sfugge temendo congiure: « Sono solo a combattere co?itro i miei nemici: numerosi, potenti, subdoli, annidati nella mìa casa, in banca, nella città intera che da tempo mi guarda ostile ». Disgraziata la donna che lo sposa: la patetica Margherita, che un male incurabile inchioda su una carrozzella. Valentini tormenta l'infelice moglie che gli vuole bene, la vede sfatta e grassa e pensa: « Donna brutta », e una sera « che ero con pensieri d'allegria », le dice crudelmente: «Da brava. Margherita, abbaia, sù abbaia ». Osserva senza emozione il progredire del male della moglie e compiange se stesso: « Sono sempre solo e malcompreso nella casa che quasi odora dì muffa acida e di là Margherita come un vecchio animale ingrigisce senza gemere... ridotta a poche espressioni di vita: grugni¬ ti, cenni di capo, trasalimenti senza ragione ». La sventurata si sforza di non contrariarlo, ha pena più per lui che per sé, e in un momento di massima infelicità si sfoga: «Dio mio, quanto siamo disgraziati noi due ». Ma non c'è dubbio che più disgraziata è lei, perché cosciente, povera donna devastata dalla malattia e anche vittima del marito folle. Romanzo ama ri ss imo, c'è in ogni pagina dolore e disperazione. Francesco Perri EMIGRANTI Lenci, Cosenza, 227 pagine. 4.500 lire. (gabriella poli) L'autore è morto nel '75, novantenne, lasciando una decina di romanzi e racconti ohe hanno punteggiato la sua lunga vita di funzionario postale, letterato, giornalista antifascista. Emigranti è del '28: è la storia, che vorrebbe essere esemplare, di un paese assediato dal latifondo, ai piedi dell'Aspromonte. Il dramma da corale si fa personale e precipita uno dopo l'altro i protagonisti della vicenda chi nella morte per disgrazia, chi in quella per malattia, per coltello o per suicidio. La fuga dall'ingiustizia non paga; il ritorno è la resa. Non che non ci siano in questo vecchio libro — il cui recupero editoriale ha comunque una sua validità indiscutibile — pagine vigorose e immagini gagliarde: la distruzione del fondo signorile, la frana notturna, la fanatica implorazione del miracolo, la barbarica danza ne sono esempio. Ma i toni granguignoleschi accentuano la teatralità della rappresentazione; la mancanza di una schietta coscienza popolare non riscatta la retorica; autenticità e storicità difettano. Così alla fine ci si trova a ripensare alla memorabile stroncatura di Gramsci che accusò Perri «di rozzezza opaca, materiale, non da primitivo ma da rimbambito pretenzioso». Per Gramsci l'autore fa parte dei «nipotini di padre Bresciani». In buona compagnia, comunque, dato che il severo elenco comprende una cinquantina di scrittori. Guido Loero NOI BARI Ausilio, Padova, 135 pagine, 4500 lire. (eros mognon) Noi Bari è il secondo libro di narrativa, dopo Barche in cielo, di Guido Loero, più noto come autore di studi e ricerche su problemi aziendali e socio-economici. Noi Bari risente di questa riflessione su questioni e situazioni della società del costume. Occorre dire innanzitutto che i personaggi del libro non possono essere definiti dei «veri» bari. Chi bara è un professionista della frode, è coerente, usa metodi precisi e adatti allo scopo, sa sempre quello che vuole. Se non riesce a ottenere l'obiettivo è solo perché non è abbastanza abile. I bari di Loero si servono di sottili inganni e di un pizzico di vanità per adeguarsi al personaggio, la cui immagine li lusinga e attira. Si servono di piccoli trucchi per giustificare le loro azioni, per sembrare migliori a se stessi e agli altri. Ponendosi egli stesso fra loro, soffermandosi su memorie del passato e sulla cerchia ristretta delle persone a cui era più legato, l'autore cerca di raccontare lo sforzo di ognuno di interpretare la parte che sente più adatta per illudersi di raggiungere la felicità. Perché barano i protagonisti del libro di Loero? La vita è turbata da piccole e grandi ombre che a volte lusingano, a volte disturbano. Da qui il bisogno di correggere la scenografia, di rielaborare i fatti della vita per riviverla nel modo che ognuno sente più congeniale.

Luoghi citati: Cosenza, Milano, Padova