PRODIGI REALIZZABILI

PRODIGI REALIZZABILI anteprima : Manfred Kòhnlechner. PRODIGI REALIZZABILI Tavole ila. L'Epitome di Andrea Vetalio. Tuttolibri pubblica in anteprima alcune pagine di «Prodigi realizzabili», che Mondadori sta per pubblicare: la storia di Manfred Kòhnlechner, tedesco, cinquantanni, già pilota della LuflwafTe, già dirigente della Bertelsmann, la grande casa editrice della Germania Federale. Brillante, mondano, sportivo, cinque anni fa cadde da cavallo: un dolore insopportabile non gli dava pace. Lo guarì un praticone. Da allora Kòhnlechner si è dedicato esclusivamente alla medicina empirica, ha studiato agopuntura, ozonoterapia, in breve è diventato il «primo guaritore della Germania». E' un mago o un impostore, un Cagliostro d'oggi o il maestro d'una nuova scienza? L'autoemoterapia LLDEA di servirsi del sangue quale mezzo terapeutico, si è accompa- guata spesso, nel corso della storia, a grotteschi equivoci. Cosi, ad esempio, un secolo fa ai macelli di Parigi era dato assistere, nelle primissime ore del mattino, a scene singolari: gli appartenenti alla buona società, e più ancora coloro che aspiravano a entrarvi, si davano convegno nei macelli pieni di rumori e di odori nauseanti, per assistere all'uccisione dei bovini. Il sangue delle bestie, raccolto ancora caldo in tazze, veniva trangugiato dagli spettatori, anche se molte signore cadevano preda a pittoreschi deliqui prima di portarsi alle labbra la ciotola, oppure mentre bevevano o subito dopo avere bevuto. Tutti, comunque, apprezzavano il brivido che veniva loro dal far qualcosa per la propria salute, col ricorso però a sistemi in un certo senso morbosi. Al sangue caldo, appena sgorgato dal collo degli animali, si attribuiva infatti un potere benefico, anzi quasi magico, sull'intero organismo. Goethe non era certo runico a ritenere il sangue una sostanza del tutto particolare; presso numerose popolazioni umane è reperibile la credenza secondo cui, bevendo il sangue dell'ucciso, se ne assorbono anche i poteri e la forza. E' una credenza che trova riflesso in molte leggende. E non c'è ragazzo il quale abbia letto storie di pellirosse, che non conosca il significato dell'amicizia basata sul patto di sangue. Alle signore e ai signori «bene» di Parigi, tuttavia, la pratica non poteva apportare altro che nausea, e non certo salute, e ciò perché il sangue ha effetto terapeutico esclusivamente o quasi — a prescindere dalle trasfusioni — a patto che il trattamento abbia a fondamento il proprio sangue, come nel caso del prelievo di sangue col salasso o dell'introduzione di esso nell'organismo. Ora, .l'idea di un apporto del proprio sangue può apparire alquanto priva di senso, mentre è facilmente comprensibile se si ricorre al più antico modello del metodo: l'ematoma. Ogni ematoma costituisce infatti una autoemoterapia e, anche qualora sia prodotto da cause accidentali, in certe circostanze può svolgere un'azione benefica sull'intero organismo. Era una verità nota ai cinesi in un'epoca in cui l'Europa, dal punto di vista culturale, era immersa nel sonno più profondo. L'applicazione del principio avveniva secondo modalità semplicissime: il terapeuta cinese pizzicava il paziente stringendone col pollice e l'indice la pelle in un punto che variava a seconda della malattia, tanto da provocare proprio la formazione di un ematoma. Era quanto bastava a mettere in moto il processo autoemoterapeutico, nel senso che una piccola quantità del proprio sangue veniva esclusa dal circolo e inserita nei tessuti muscolari, dove subiva un processo di demolizione. Questa ha per efletto di liberare sostanze cataboliche, che a loro volta inducono l'organismo a produrre nuovo sangue. Le sostanze proteiche, i sali, i minerali, gli ormoni e le immunoglobuline contenuti nel sangue, quando pene trino nei tessuti hanno infatti un accentuato effetto attivante. Inoltre, la de molizione del sangue è accompagnata dalla liberazione di fermenti, che a loro volta esercitano una funzione efficace sull'intero sistema neurovegetativo. In questo scatta una sorta di allarme che mette in essere misure protettive, tali per cui il ricambio cellulare viene accelerato e l'intero quadro migliorato. Anche in Occidente, da quando questi fenomeni sono noti, si è cominciato a far ricorso a metodi autoemoterapeutici accuratamente programmatici. Ovviamente, il metodo non consiste però nel pizzicare il sedere dei pazienti, altrimenti ogni «pomicione» potrebbe essere considerato un abile terapeuta. Al contrario, si preleva un certo quantitativo di sangue venoso, per lo più dalla vena del gomito, e lo s'infila nei glutei. La quantità di sangue oscilla, di regola, tra uno e dieci centimetri cubi. Nel caso di pazienti particolarmente sensibili, si comincia con dosi piccolissime. Quando i quantitativi di sangue siano limitati, la cura può essere ripetuta a intervalli di tre giorni. Potrà sembrare un ritmo eccessivamente cauto, ma non bisogna sottovalutare l'entità delle reazioni solitamente provocate anche da questi interventi in apparenza insignificanti. Dopo un'autoemoterapia, infatti, nel paziente può insorgere uno stato di evidente spossatezza, a volte accompagnato da febbre. Non si tratta, beninteso, dei sintomi di una malattia, bensì delle manifestazioni esteriori della reazione dell'organismo avviata dal trattamento, e che può precedere la guarigione. Allo stato di spossatezza fa sovente seguito una vera e propria impennata delle potenzialità dell'organismo (prof. Ekblom, Stoccolma), donde gli esperimenti che sono stati compiuti per applicare con rigore il metodo anche a certe discipline sportive.

Persone citate: Andrea Vetalio, Ekblom, Goethe, Manfred Kòhnlechner

Luoghi citati: Europa, Germania, Germania Federale, Parigi, Stoccolma