È più brava questa nonna dei nipotini "con le ali"

È più brava questa nonna dei nipotini "con le ali" È più brava questa nonna dei nipotini "con le ali" ON negherò certo d'aver letto qualche pagina di Liala. Avvenne più o meno un secolo fa, nei tempi in cui sognavo di comportarmi in corridoio, in bagno o in cortile come Sandokan (a dieci anni, non avendo imparato a fumare, Yanez mi era simpatico ma estraneo, quasi «vecchio»). Nella biblioteca casalinga, raffazzonata ma densa — un armadione che mio padre richiudeva a chiave, per « escluderci » dalla lettura in forme punitive, se avevamo commesso atti impropri! — c'era di tutto: da Dickens a D'Ambra, da Ojetti a Alfredo Oriani, da fanzini a Tolstoj alle « Memorie » di Garibaldi. E un angolino per Liala, dedicato a zie e sorelle, non. mancò. Fu per questa ragione che potei dare un'occhiata a illustri aviatori, distintissime ereditiere, madri ineccepibili o quasi, cosi cari e carissime a zie, sorelle, amiche vogliose di scambi (Liala faceva aggio su Delly, se ben ricordo). Óra, diciamola franca: io non cambierei certo mia madre con un'altra genitrice, ma essere almeno « adottato» da Liala è un sogno infranto che mi punge, quando sono in vena di paradossi, cioè quotidianamente. E invece devo registrare un fallimento, in questo sogno: perché, senza volerlo, la « Lady in rosa » ha adottato tanti, non me. Molti nomi famosi, autori di trame pedisseque e puntigliosamente portate avanti (o con contesse che escono dal portone in carrozza o con donnette che attraversano la strada per andare dal macellaio ad acquistar tre etti di carne e ci mettono tre pagine per rientrare in cucina) mi hanno preceduto non solo nel, desiderio ma nella realizzazione di questo platonico intrigo. E' comodo, ha una sua logica, « parlar male » di Liala, usarla come termine di paragone negativo, declinarla ironicamente. Mi domando angosciosamente perché. In un -Paese dove solo quattro milioni di persone leggono una sterminata massa di quotidiani, ecco - che gli aviatori e gli amori di Liala diventano squalificanti. Mentre costituiscono una «spia», un metro d'indagine che nessun istituto di ricerche sa mettere in funzione. La consumi¬ stica Liala, che non disturba, che si tiene a una arcaica morale, che punta al « lieto fine » o alla catarsi melanconica, è oggetto di ludibrio, anziché di riflessioni. ~- Non entro, ovviamente, nei territori critici, anche se rispetto, da lontano, chiunque sappia attenersi a un mestiere, rispettando le interne regole che il mestiere comporta. L'Alitalia di oggi non ha niente a che fare con gli aviatori di Liala? Purtroppo, rispondo, grazie a faticose esperienze di viaggio. E che sarebbero poi le avventure in « jet » di una Emmanuelle impudica, se questa tralignante creatura non avesse avuto come nonni i piloti della pudicissima Liala? Bando ormai al paradosso, che ci porterebbe troppo lontano, e forse a nostro danno.•Teniamoci ai terreni non vaghi della realtà. In Italia, solò pochi e sempre vinti manipoli di professoresse hanno cercato di invogliare le loro scolaresche alla lettura: si trattasse di Flaubert o di Manzoni. Perché non avrebbe dovuto vincere, a colpi di duecentomila copie per volta, la signora Liala? E' solo una conseguenza del nostro analfabetismo collettivo. Avete mai visto « come » certi ragazzi acquistano giornalini o riviste o tascabili nelle edicole? C'è il soldato che compra la rivista femminile solo perché quella « testata » gli è conosciuta, l'ha vista nelle mani della sorella o della madre. C'è chi ritiene veramente esistite le protagoniste dei fumetti porno-nazisti, e si qualifica « storico » perché' li acquista: l'ho udito con le mie orecchie. C'è chi vede una copertina di Saul Bellow, finalmente Nobel e dice — lo giuro — « no, non leggo questo maledetto tedesco ». In una galassia di' confusioni, di approssimazioni, di storture, che la frana scolastica aumenterà, Liala « tiene diritto », quindi. Come farfalla, ma non condannabile. Lasciamola alle sue vispe Terese. E consideriamo rinoceronti quelli che le danno addosso. Anche se da certe brave nonnine non avremmo mai creduto che sortissero nipoti «porci con le ali ». Loro sì, maramaldi. Giovanni Arpiho

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