"Cabaret,, senza gli attori

"Cabaret,, senza gli attori "Cabaret,, senza gli attori Roberto Mazzucco L'AVVENTURA DEL CABARET Lesici, Cosenza, 252 pagine, 4000 lire ENTI copioni, molti dei quali inediti, e una decina fra interventi critici e interviste agli autori, costituiscono il materiale della prima raccolta organica deditata in Italia al «cabaret», owerossia a quella bizzarra e sarcastica forma di spettacolo nata a Parigi col Chat Noir di Rodolfo Salis in pieno fin-desiècle (ma rivendicava lontane paternità in Villon e Rabelais), cresciuta nella Mitteleuropa e nella Germania di Weill, Tucholsky e Valentin, e piombata da noi con il consueto ritardo, non prima di vent'anni fa, A definire che cosa sia il « cabaret » ci si sono provati in tanti, da Brecht a Prévert, da Breton a Benjamin, da Eco ad Arbasino. Ci prova anche Roberto Mazzucco, commediografo lui pure e curatore di quest'antologia: « E' un mobile mosaico che si ravviva perenne dentro un variopinto crogiolo in cui vengo no mescolati — senza tregua e senza riguardo — musiche e parole, mimica e poesia, teatro e rivista, diapositive e proiezioni, conferenze e canzoni. E' insieme happening e sceneggiatura, commedia improvvisa e teatro erudito, folclore e novità, linguaggio e sensazione ». Nomi ormai « mitici » e illustri si alternano alle ultime scoperte: i tre. Gobbi (Caprioli, la Valeri è il povero Bonucci), il trio Dario Fo-Giustino Durano-Franco Parenti, Bajini e Franceschi, l'indimenticabile Flaiano con un inedito fantascientifico sulle vacanze di gruppo nel sistema galattico, Foglietti e Vollaro, Dursi e Ambrogi, Falzoni e Bertoli, Micheli e Messeri, giù sino alla recente e perentoria rivelazione di Roberto Benigno, allampanata maschera toscana che in un lungo monologo scatologico {Ciani Mario di Gaspare fu Giulia) riscopre la forza tutta popolaresca dell'invettiva, caricando il suo show, da grande enterteiner, di humour rabbioso e amaro. Certo, imprigionati sulla carta stampata, senza l'immediata rispondenza visiva in palcoscenico (pensiamo po' cialtrona, alcuni di questi testi mostrano la corda: e sono, guardacaso, proprio quelli che puntano non già a un semplice documento di costume, ma a un'aspirazione teatrale e letteraria compiuta. E' qui che avverti di più l'assenza di quella « molla magica » che nel « cabaret » è spontanea, semplice, «in solo a due assenti da questa raccolta, Jannacci e Paolo Poh: che sono fuori dalla scena?), al di là di una finezza maliziosa e un quanto nasce, ha scritto Jacques Lemarchand, da una cosa che non ci si aspetta, e che saluta le tro vate di persone intelligenti e di attori di talento ». Giorgio Polacco

Luoghi citati: Cosenza, Germania, Italia, Parigi