Sartre e le donne

Sartre e le donne Cieco, malato e ancora combattivo Sartre e le donne Jean-Paul Sartre AUTORITRATTO A SETTANTANNI e S. de Beauvoir interroga Sartre sul femminismo il Saggiatore. Milano 130 pagine, 2000 lire TRA gli ultimi volumi della nuova e promettente serie dei «Gabbiani» del Saggiatore (una collana che ci riporta irresistibilmente alla memoria l'indimenticabile figura di Alberto Mondadori) spicca questa singolare testo sartriano. Curato da Massimo Gallerani, che vi ha premesso una bella nota introduttiva, il volume comprende due ampie intervisteconversazioni successivamente pubblicate dal «Nouvel Observateur ». Una di esse, condotta con Simone de Beauvoir, concerne la complessa e scottante questione del femminismo. L'altra, condotta con Michel Contai, spazia invece su un arco di temi assai vasto e articolato. E quella che ne vien fuori è una «confessione» stimolante e intensa: un vero «autoritratto à settantanni di Jean-Paul Sartre. Sartre è vecchio, e lo sa. E' anche malato. Soffre, soprattutto, di una forma ormai assai seria di semicecità. Stringe il cuore pensare a un uomo che per tutta la vita si è identificato con «le parole», e che oggi è condannato alla dipendenza da altri per poter continuare in qualche modo a leggere e a scrivere. Ma Sartre reagisce. E questa è una delle principali lezioni che emergono dal presente « autoritratto ». Nella conversazione con Contai non incontriamo un uomo rassegnato, tanto meno un uomo ormai offuscato intellettualmente. Sartre continua a pensare, a giudicare, ad (auto)criticare. Colpiscono, per la loro lucidità, certe interpretazioni di sé medesimo e delle sue opere. Così, in particolare, a proposi¬ to della sua essenza o collocazione poJ tica. Sartre non si accontenta infatti di ribadire la propria prefonda vocazione anarchica. « Se un'etichetta — aggiunge — fosse indispensabile preferirei [quella di] esistenzialista». E poi: «solo verse i 67 anni ho capito fino in fondo quali debbano essere i veri rapporti di un uomo con la politica». Non meno significative, e valide, certe valutazioni di quanto ha scritto. Ama ancora profondamente «La Nausea» («dal punto di vista propriamente letterario, la ritengo la cosa migliore che ho fatto ») e i suoi celebri — spasso splendidi — saggi raccolti in più volumi sotto il titolo unitario di "Situazioni'': «questo mi piacerebbe che restasse e fosse letto ». E' propria ripensando a tutta la sua vasta produzione (e, certo, anche ai suoi mali presenti) che Sartre può dire: «ho deciso... che ho detto tutto quello che avevo da dire». Eppure, nonostante quest'affermazione, Sartre non rinuncia a lavorare, a «progettarsi » in un futuro pur valutato non superiore a un decennio. Ci annuncia alcune trasmissioni televisive; ci parla di un volume di «Dialoghi» con Simone de Beauvoir, destinato un po' a proseguire il grande saggio autobiografico « Le Parole » (il tema della soggettività e della sua oggettivazione nella Parola e nell'Opera è fortemente presente in questa conversazione). I lettori che attendono con ansia queste nuove prove sartriane sono molti. Certo molti più di quel che pensino i tanti avversari di Sartre, di destra e di sinistra, materialisti e spiritualisti, che troppo presto hanno creduto di poter chiudere i conti con un intellettuale scomodo e «scandaloso», deciso a continuare a riflettere e a parlare fino all'ultimo — liberamente. Sergio Moravia

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