Bugia come arte di Giorgio Manganelli
Bugia come arte La perfida imnia di Manganelli Bugia come arte Giorgio Manganelli SCOWCLUSIOSiE Rizzoli, Milano, 143 pagine, 4000 lire. 1' ly un inondo prossimo alla fine, dóve„ {'idea stessa . del tempo si :è '.; ^dissolta insieme al ricòrdo del sole, un uomo vive nella sua casa-arca, ignorando se al di là deità fìtta, cortina di pioggia pérenne che vede dalla finestra vi siano ancora altre- tracce di vita, e intrattenendo rapporti di_pje^sp':rìbr&s-' zo con le persone che, forse, gif sono state care (il -padre, alcune madri, atcujie mogli, un fratello) ridotte — fra una morte: e - l'altra, fra una « rivita i e una a-rimortè » — a un'esistenza larvale e purarnente ipotetica. \ Li E' fórse superfluo dire che questo plot da rornan< zo di jàniascienza/^ur essendo rintracciabile, punto per punto, nel nuovo librodi Manganelli, non ha molto a che vedere conili suo,effettivo modo d'essere né; tanto meno, con U suo significato. Chi conosce i precèdenti libri di Manganelli, da Hiiaratra; goedia f1964) "V A e B * (1975),^non farà certo far fica a immaginare quali .scariche azzeranti di- funambolesca retorica, di maniacali cavilli, di avvelenate sottigliezze sintattiche s'abbattano sul Noè o Robinson della situazione, scavando dentro il suo fitfto, minuzioso monologo ' cunìcoli labirintici di irrisione e di non senso. E alla fine, ammirato e frastornato, sarà tentato di concludere che siamo di fronte a un nuovo pezzo di bravura del solito Manganelli, teorico e insuperabile performer della «letteratura come menzogna». Eppure... Epppure, io penso che, nella sostanza, le cose non stiano soltanto o esattamente così. Non dico che Manganelli, con Scoriolusione, abbia scritto quella parabola o profezia dèlia fine del mondo che - ho scherzosamente «descritto» all'inizio di questa nota —^ anche se, tutto sommato, non ci sarebbe stato niente di male: pensate, l'incrocio tra un buon romanzo di fantascienza e il Tristram Shandy di Sterne... Non arrivo a tanto, comunque; ma resta il fatto che Sconclusione rivela, alla lettura, una densità dolorosa, atroce, una «pesantezza» metaforica, una gravità, sotto la consueta maschera dell'ironia e del gratuito, abbastanza nuove per Manganelli, e tali da ren. dere, non solo possibile, ma anche significativo, lo accostamento — che già qualcuno ha. proposto: Paolo Milano su «L'Espresso » del 19 settembre — ai maèstri della disperazione è della lucidità esistenzìàli, dal Kafka della Metamorfosi al Beckett di Malone muore. Insomma, parabola o no, fine del mondo o no, a me sembra che difficilmente, stavolta, Manganelli possa sottrarsi, come forse vorrebbe (si veda il risvolto, deliziosamente fuòrviante, ch'egli stesso ha scritto per il volume), a un'ìnterpretdzujne anche tematica, a una decifrazione del testo che tenga confo anche delle sue valenze allegoriche e del suo spessore psicologico. Al di là del secco, affascinante gio co delle smentite, al di là della sua «menzógna» irriverente e iridescente, Sconclusione continua (o comincia?) a variarci: di Manganelli e di noi,'della sua e nostra solitudine, impotenza, amarezza, viltà. Anche per questo, oltre .che per. la straordinaria efficacia timbrica, con cui riesce a tenere in equilibrio compattezza e trasparenza, vischiosità e leggerezza, mi sembra il libro più bello che Manganelli abbia mai scritto. Giovanni Raboni
Persone citate: Beckett, Giovanni Raboni, Kafka, Malone, Noè, Paolo Milano, Rizzoli, Robinson, Sterne
Luoghi citati: Milano
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