Storia di lotte

Storia di lotte Storia di lotte 1protestami sono un'esigua minoranza in Italia: lo sanno tutti. Non tutti, forse, sanno che il protestantesimo è stato in Italia, fino a tempi abbastanza recenti, un fatto di classi subalterne e spesso di ambienti rurali (anche a prescindere, da quello montanaro delle Valli Valdesi),' inclusi quelli poverissimi del Mezzogiorno e della Sicilia. Viceversa, questa minoranza lillipuziana, in condizioni tutt.'altro che ottimali per esercitare una funzione nell'alta cultura, è stata come inchiodata storicamente ad. un destino sproporzionatamente grande sul piano culturale: rappresentare un tramite con le correnti di idee di tutto il protestantesimo europeo ed extra-europeo ed uno spiraglio di libertà, rispetto ai più vivi fermenti del cattolicesimo stesso, in un paese profondamente condizionato dal retaggio della Controriforma. Nei primi decenni di questo secolo, i protestanti italiani riuscirono finalménte a pubblicare una rivista di buon livello culturale, specie sul piano degli studi storico-religiosi: Bilycluus. E inevitabilmente, essa divenne anche una sorta di asilo per i tribolati modernisti. Una funzione analoga esercitarono tra la I e la II Guerra Mondiale la rivista Fede e Vita e l'opera filosofico-religiosa del suo direttore Ugo Tanni, sostenendo la tesi del «pancristianesimo», precorritrice del moderno ecumenismo, in tempi in cui di ecumenismo non si poteva che sussurrare timidamente, nell'Italia di Pio XI e di Mussolini. Il paradosso storico del protestantesimo italiano si fece drammatico addirittura col fascismo. Sulla scia di Gobetti e di « Rivoluzione Liberale », la rivista Conscieiitia, diretta da Giuseppe Gangale, agitò negli anni tragici 1924'26 il fantasma della mancata Riforma come causa prima della crisi della libertà in Italia: e su Conscientia, accanto a protestanti, scrissero intellettuali anti-fascisti di ogni tendenza. Quando Conscientia e Bìlychnis dovettero tacere, la battaglia fu continuata da Gangale con la collana delle edizioni Doxa, attraverso cui entrarono in circolazione, in un'Italia ormai del tutto fascista, le idee di We-. ber e Troeltsch, di Georg Simmel e Paul Tillich, di Karl Barth e della « teologia della crisi ». Dopo che anche Doxa dovette lacere, Giovanni Miegge ed un gruppo di (allora!) giovani intellettuali protestanti continuarono sulla linea barthiana, echeggiando la lotta della Bekenntniss Kirche contro il nazismo, con piccole riviste, dall'aria innocua — Gioventù Cristiana e poi L'Appello — dalla non facile vita. Infine, l'ultimo numero dell'Appello uscì clandestino e gli intellettuali barthiani lasciarono i libri per la Resistenza armata. Dopo la Liberazione, là generazione dei bariliiani e della Resistenza ebbe una sorla di ovvia egemonia nella cultura protestante italiana. Essi continuarono la tradizione barthiana, aprendosi via via a nuovi influssi del. pensiero protestante mondiale, con la rivista Protestantesimo diretta da Vittorio Subilia. Combatterono daccapo una battaglia di libertà, negli anni duri delle misure poliziesche contro gli evangelici dall'ascesa al potere di De Gasperi e Sceiba fino all'avvento della Corte Costituzionale, anche sul piano degli studi giuridici di Giorgio Peyrot, confortati dalla solidarietà generosa di uomini come Gaetano Salvemi- ni. Piero Calamandrei, A. C. Jemolo. Si impegnarono in un'attenta rilettura del Valdismo medioevale, della Riforma e dei movimenti evangelici posteriori, con l'opera storica di Valdo Vinay e più altri, alla quale dette un contributo di forte originalità uno studioso metà valdese e metà cecoslovacco, Amedeo Molnar. Avviarono un nuovo discorso con il cattolicesimo, fra le speranze e le disillusioni del Concilio Vaticano II e un non sempre facile ma sempre fraterno colloquio col cattolicesimo del dissenso. Ormai, questa generazione ; è al suo tramonto, come è / ovvio. Il suo posto è via via preso da una generazione nuova, formatasi nel clima del 1968, delle battaglie contro, l'imperialismo capitalistico, delle lotte di emancipazione del Terzo Mondo, delle ardenti • attese rivoluzionarie. Né sempre è placida o priva di momenti di 'ensione la dialettica tra l'una e l'altra generazione. E' cambiata la fisonomia sociale stessa del protestantesimo: non sono più i tempi degli evangelici contadini —• ormai sono andati via dal, paese per lavorare in fabbrica a Milano p in Germania — quando i laureati erano una rarità e i docenti universitari si contavano sulle dita di una mano sola. E' il tempo del « cristiani per il socialismo » o di Com-Nuovi Tempi. Ma l'esigua minoranza resta inchiodata al suo destino paradossale: anche se adesso si tratta di echeggiare non più la civiltà liberal-protestante di un tempo o i teologi tedeschi, sibbene quanto v'è di più avanzato, su piano internazionale,-nel rapporto tra Evangelo e liberazione degli oppressi e degli sfruttati'. Resta sulla inquièta frontiera di chi non può essere altro che/parte dell'Italia e al tempo stesso non può non essere uh segno di contraddizione per l'Italia. Continua a ricercare tormentosamente, a interrogare sé stessa e gli altri, ad èssere Ecclesia viatorum, in un paese che così spesso non chiede altro che di starsene tranquillo in soddisfatte certezze. Giorgio Spini o -o •3 •a o H C3

Luoghi citati: Germania, Italia, Milano, Sicilia