Vian, la poesia dello sberleffo

Vian, la poesia dello sberleffo Vian, la poesia dello sberleffo Vian POESIE a cura di G.C. Cibotto, Newton Compton, Collana Paperbacks poeti, 142 pagine, 1500 lire. Personaggio, prima che autore, Boris Vian passò come una meteora nel mondo letterario dell'immediato dopoguerra disseminando attorno a sé mille faville che accesero altrettanti fuochi d'entusiasmo. Romanziere, poeta, drammaturgo, giornalista, critico musicale, trombettista jazz, autore di canzoni spregiudicate e anticonformiste, Vian rappresentò e ancora oggi rappresenta tutto quello che è contro. E' contro l'imbecillità, contro la cattiveria, contro la miseria, contro il dolore, perché tutta la sua vita è stata giocata in un'unica direzione: alla costante ricerca della felicità, unico ideale per l'uomo, per il quale deve vìvere e per il quale può anche permettersi di morire. Questa raccolta, uscita postuma nel 1962 (Vian, nato nel 1920 era morto nel 1959), è tutto un ricamo attorno a questo tema che è racchiuso nel titolo delle prime due Uriche: Non vorrei crepare e Perché vivo. I materiali ammassati apparentemente alla rinfusa, sono frammenti del quotidiano, briciole di realtà che sommati assieme fanno l'esistenza. La tensione verso la felicità è ansia di conoscenza, la vita si realizza' nella presa di possesso delle cose, di tutte, le. cose; persino del gusto, dei sapore della morte. Ed ecco allora che il poeta vive per la gamba d'una donna, per una vela sul mare, per un caffè ghiacciato bevuto nell'arsura dell'estate, vive perché vivere in quella prospettiva, è bello. Non è più questione del premio finale, non c'è il ter¬ rore dell'apocalisse, non c'è neppure l'ansia di godere l'attimo fuggente, con il rimpianto per rinarrestabilità del tempo. C'è la profonda consapevolezza della morte, alla quale però il poeta si permette di fare uno sberleffo, perché al nulla non cerca di opporsi, cerca semplicemente di mantenersi ben saldo nella realtà. Par rispondere all'amico Sartre, che in quello stesso periodo affermava che la vita è un bersi senza sete, che la vita è una fonte a cui non si smetterebbe mai di dissetarsi: « Voglio una vita a forma di te J Ce Uho, ma non mi basta ancora I Non sono mai contento ». L'uso costante del paradosso, d'un linguaggio provocatorio che mescola con sorprendenti effetti il tono volgare con registri delicati, teneri, quasi pudichì quando parla dell'amore, rende la sua scrittura una continua scoperta, a volte persino sconcertante. Ma proprio questo continuo fuoco d'artificio sottolinea la sua originalità e lo rende così amato dai giovani dì oggi che vedono riflesse nella sua insolenza, nel suo gusto per la derisione, nella sua sensibilità, le loro aspirazioni. Tradurre Vian non è certo impresa facile, ma il testo a fronte costringe ad una maggiore attenzione e non sempre siamo d'accordo nell'interpretazione. Quel «panier rempli de son» di p. 86 non lo vedremmo come un «paniere risonante », quanto piuttosto come un paniere pieno di crusca, di segatura se si vuole, perché in realtà è quello in cui cade la testa del ghigliottinato; e così a p. 92, il nano corre sotto il pavimento e non sopra; courrait di p. 114 è un condizionale e tale deve restare anche in italiano. Ma fermiamoci qui. Sergio Zoppi

Persone citate: Boris Vian, Collana Paperbacks, Newton Compton, Sartre, Sergio Zoppi, Vian