Il teatro "della ragione,, che Chiaromonte voleva di Nicola Chiaromonte

Il teatro "della ragione,, che Chiaromonte voleva Il teatro "della ragione,, che Chiaromonte voleva Nicola Chiaromonte SCRITTI SUL TEATRO Einaudi, Torino, Saggi XXIX, 293 pagine 8000 lire La critica drammatica di Nicola Chiaromonte è stata uni. lunga appassionata battaglia a favore d'una idea di teatro che proprio negli anni in cui il critico lavorava ha subito gii attacchi e i tradimenti più cocenti. Di questa lotta, tra il 1959 e il 1971, sono testimonianza gli Scritti sul teatro ora raccolti per l'editore Einaudi da Miriam Chiaromonte e presentati con cordiale e lucida intelligenza da Mary McCarthy. Sino alla fine, con inflessibile coerenza, il critico scomparso nel '72 non si è arreso, ma nella sua pagina una vena d'amarezza e di delusione, talora leggermente inasprita dalla polemica, lascia trasparire, la consapevolezza della causa persa. In un'epoca in cui trionfa la regìa, in cui il linguaggio delle immagini e dei gesti tenta di prendere il sopravvento, in cui il cinema, se non come concorrente, non di rado si presenta come modello, in cui l'irrazionale preme da tutte le parti e persino la scuola brechtiana persegue un « impraticabile » ideale di distanziazione, Chiaromonte resta tenacemente fedele alla tradizione aristocratica del' teatro di parola, cioè a quello che per lui è il « linguaggio ragionevole » per eccellenza. « Se il dramma è, essenzialmente, azione ragionante, il teatro è parola personificata ». Di conseguenza, «funzione essenziale della messinsce-. na sarà di mettere in evidenza il ragionamento che sostiene l'azione, di scandirne bene le fasi, non di addobbarlo di costumi e di ambientarlo su sfondi più o meno bizzarri o fastosi ». Non gli si può dar torto, ma allo stesso tempo vien fatto di domandarsi se tale visione del teatro non sia parziale. Preoccupazione costante di queste pagine è, sotto sotto, quella di affermare lo specifico teatrale di fronte al cinema. Ne derivano disquisizioni, ma anche un certo disagio, giacché ci si accorge che viene sistematicamente elusp- il problema del pubblicò, o meglio del diverso tipo di rapporto stabilito ' col pubblico dalle due forme di spettacolo, quasi non consistesse proprio in questo la differenza fondamentale, a dispetto di tutto il resto. Non ci stupiremo, quindi, che, quando si comincia a parlare di « coinvolgimento », Chiaromonte reagisca e giudichi «singolare ambizione, quella di fare dello spettatore una " componente " dello spettacolo». Non vorremmo essere fraintesi. Se discutiamo alcune tesi di Chiaromonte, tacendo invece delle belle pagine che egli dedica agli autori che gli sono cari, è soltanto perché il libro è vitale e attuale ed invita alla discussione. D'altronde opere come questa non sono tranquillizzanti rifugi, bensì, nella loro militanza, echi di un dibattito che continua. E dibattito, tanto più ricco in quanto Chiaromonte non è critico legato alla cucina teatrale: egli appartiene a quella - schiera stimolante di saggisti che si interessano di teatro considerandolo «il luogo di convergenza ideale di tutti gli aspetti della vita collettiva ». Tanto basta a raccomandarne la lettura anche a chi sia troppo giovane per poter collegare al nome di Chiaromonte (il vecchio Mondol) alcuni dei suoi rimpianti. Gian Renzo Morfeo

Persone citate: Chiaromonte, Einaudi, Gian Renzo Morfeo, Mary Mccarthy, Miriam Chiaromonte, Nicola Chiaromonte

Luoghi citati: Chiaromonte, Torino