Sartori : il " bipartitismo" è davvero molto imperfetto

Sartori : il " bipartitismo" è davvero molto imperfetto Lo studioso fiorentino replica all'intervista di Galli Sartori : il " bipartitismo" è davvero molto imperfetto "Se ci sarà l'alternativa, la de finirà a destra, con tensioni da guerra civile" « Sì, le sinistre sono ormai vicine alla maggioranza assòluta. Ma è una solenne sciocchezza sostenere che ciò significa la trasformazione del. nostro sistema politico in un bipartitismo perfetto». Giovanni Sartori, professore di scienza politica all'università di Firenze, prosegue la sua polemica quindicennale contro le tesi del politologo Giorgio Galli, riaffermate neU'intervista. a « Tuttolibti » della scorsa settimana: « Galli sbaglia di grosso. La sua tesi è. in sintesi questa: il sistema funziona male perché è caratterizzato dalla mancanza di quell'alternativa elettorale e di governo che è la .sostanza delle democrazie rappresentative più evolute: àggi la alternativa è possibile, dunque bisogna cacciare la De all'opposizione e il bipartitismo sarà perfetto». Dov'è l'errore? «Ce ne sono tanti, di errori. Primo: se, la tesi di Galli fosse esatta, ne dovrebbe, seguire che tutti i Paesi senza alternativa (cioè a partito .. dominante) hanno sistemi politici inefficienti come quello italiano: ed è vero esattamente il contrario, come dimostrano Giappone, India, Norvegia e Svezia, per esempio. Secondo: esiste un solo Paese bipartitico che soddisfa con tutti i crismi il principio dell'alternanza (l'Inghilterra), ma non gli Usa (40 anni di predominio democratico a livello federale), non i due Stati dell'Oceania (con la brevissima parentesi laburista), non l'Austria, (con i socialisti al potere da soli ma dopo 20 anni di "grande coalizione"). Terzo e più grave errore: anche se le sinistre governassero da noi col 51 per cento, avremmo solo un cambio di maggioranza, non certo l'alternanza ». Secondo lei, non - si potrebbe tornare indietro? «No, si instaurerebbe l'egemonia durevole del Pei, al di là delle intenzioni degli elettori e magari dei dirigenti. Prima si comincerebbe dolcemente. Poi, di fronte allo Stato fatiscente, alla fuga dei capitali minuti, ai mancati investimenti e aiuti esteri (dallo Ovest: dall'Est sarebbero inesistenti o insufficienti), al tracollo economico e finanziario, il Pei sarebbe costretto ad aprire una fase autoritaria, per imporre ai laboratori l'inevitabile fine di un benessere appéna assaggiato (quindi più difficilmente rinunciabile)». Insomma, la De perderebbe 'il potere... «E il Pei perderebbe Vanima o ritroverebbe quella stalinista (magari contro i suoi interessi e le sue aspirazioni di autonomia). EU 99'/» degli italiani pèrderebbe quel molto o poco che ancora gli [resta», E' un quadro un po' apocalittico, non Le pare? «Purtroppo solo realistico. Spesso le intenzioni valgono poco: conta più quella die Nenni chiamò "la forza delle cose" (in. termini tecnici: le strutture hanno serie predisposizioni mec.»toniche). Ed io non credo alle parole, coinè Galli: quello comunista resta un partito anti-sistema, anche se non fuori del sistema». Perché? «E' caratterizzato da valori e princìpi ben diversi da quelli liberaldernocraiici è dà una propaganda . delegittimante del sistema politico nel quale opera ». Eppure, sono sempre meno coloro che la pensano come lei: «Lo so. Il Pei è diventato un partito semiaccettato. Ma c'è da chiedersi: il cambiamento è avvenuto sul Pei o nel Pei? Per me sono gli osservatori ad essere cambiati, anticipando molto gli osservati, anche grazie alle infilàtrazioni del Pei, alla debolezza delle culture liberal-democratica e cattolica, e al desiderio diffuso in tutto l'Occidente di dir qualcosa di nuovo (fino ai trionfo di una nuova ortodossia asfissiante: allora comincerà forse la reazione) ». I comunisti Galli però replica che, anche per il Pei, 30 anni di impegno democratico e di « quel » tipo di presenza sociale trasformano le parole in fatti: «Certo, qualsiasi partito si "accomoda" nel sistema col quale interagisce. Ma ci vogliono almeno due generazioni: e quella del Pei delle origini e dello stalinismo è ancora vivace al potere». Ma, se il « bipartitismo imperfetto» è una teoria errata, qua! è quella giusta?'«E' il mio modello interpretativo del "pluralismo polarizzato", vecchio di 13 anni e tuttora valido. In breve: il sistema politico italiano è caratterizzato, al momento del voto, da prevalenti spinte centrifughe. I partiti guadagnano voti alle ali, cioè svuotando là zona centrale. Cori gli anni i partiti estremi anti-sistema si rafforzano, le mezze ali non si espandono, la De al centro rischia di spaccarsi ». E a livello di governo? «La competizione elettorale centrifuga si riflette nelle coalizioni, inefficienti e inattive proprio perché eterogenee e caratterizzate da grande distanza ideologica tra i membri. Anzi, tanto più inefficienti e inattive quanto più ampie; come s'è verificato col centrosinistra e come si vericherà col "compromesso storico" finché il Pei non affermerà la sua egemonia (la stabilità non è necessariamente efficienza: un governo può essere longevo perché nulla decide e nulla fa) ». Però i partiti, Pei compreso, trovano sempre più accordi « centripeti », più e meno sottobanco: «Certo. Ma i leaders sono comunque irretiti dall'immagine visibile che vendono ai propri iscritti. E poi, quando il Pei approva in Parlamento quasi ogni legge, ciò significa solo che consente al sistema di vivacchiare in stato dì semiparalisi, permettendo certe scelte, ma vietandone tante tante altre più importanti». Cosa conclude? « Se si tenterà l'alternativa, la De finirà all'estrema destra e le tensioni saranno da guerra civile, come in Cile. Se no, o il pluralismo polarizzato vivacchierà per un po' o si arriverà ai "compromesso": sarà una soluzione populistica più alla Perón che alla Brandt, che lascerà poi il posto all'egemonia autoritaria del Pei ». Come si vede, il grande dibattito fra politologi degli Anni 60 è finito in politica spicciola. Anche i destini personali non sono influenzati, se è vero che Sartori, con l'università italiana in sfacelo e il temuto Pei alle porte, si trasferisce in America. Sostituirà il grande Almond a Stanford e, da quell'osservatorio prestigioso, aspetterà il realizzarsi delle sue sinistre e ormai quasi solitarie profezie. Enrico Finzi

Persone citate: Almond, Brandt, Enrico Finzi, Galli, Galli Sartori, Giorgio Galli, Giovanni Sartori, Nenni, Sartori, Stanford