Perché Giorgio Mondadori ha lasciato la presidenza
Perché Giorgio Mondadori ha lasciato la presidenza Nuovo vertice nella maggiore editrice italiana Perché Giorgio Mondadori ha lasciato la presidenza Milano, maggio Giorgio Mondadori, dal 30 aprile, non è più alla guida della più grande casa editrice italiana (fatturato 136 miliardi e 885 milioni). Vuol far politica (si parla di una sua candidatura nelle liste del partito repubblicano), desidera studiare e mettere a punto nuove iniziative nel settore dei quotidiani. D'ora in avanti, oltre ad essere azionista della società, avrà la carica onoraria di "presidente a vita", a' succedergli, il consiglio d'amministrazione ha chiamato Ercole Graziadei, 76 anni, ferrarese, avvocato di famiglia della Mondadori. É una scelta transitoria: già si intravede all'orizzonte la figura del futuro leader del grande gruppo editoriale: Mario Formenton, vicepresidente e amministratore delegato, cognato di Giorgio Mondadori. Graziadei conosce bene le vicende mondadoriane, le ha seguite per anni: dalla creazione del Saggiatore al testamento del vecchio Arnoldo, il fondatore dell' azienda. Venerdì 30 aprile tutti i membri della famiglia Mondadori (c'era anche il più giovane, Leonardo, appena eletto consigliere) hanno pregaio Graziadei di entrare in società. L'avvicendamento avviene in un momento difficile per l'azienda. Nel 1975, per a prima volta in 30 anni, a Mondadori ha chiuso il bilancio in rosso: 2 miliardi e 211 milioni di perdita. Il fatturato è passato dai 124,9 miliardi del 1974 ai 136,8 miliardi del 1975, ma l'incremento del volume di attività, come spiegano i dirigenti della Mondadori, non è stato sufficiente a coprire l'aumento delle spese per il personale, che è stato di circa 9 miliardi. A conforto di Graziadei stanno le cifre del primo trimestre del 1976: il fattu- rato del gruppo è cresciuto del 29,5 per cento rispetto al corrispondente periodo (4 mesi) del 1975, e anche il risultato economico è migliorato, nonostante l'aumento del prezzo della carta dovuto alla svalutazione della lira. Ercole Graziadei dovrà avviare una nuova politica della Mondadori voluta da Mario Formenton, con la quale si tende a "pubblicizzare" l'immagine della società e farle perdere i connotati di azienda familiare. Per adeguare il capitale sociale all'accresciuto volume delle attività, la Mondadori ha deliberato, nell'assemblea del 30 aprile, l'emissione di un prestito obbligazionario convertibile il cui integrale collocamento è assicurato da un accordo con una società finanziaria del gruppo Imi. « Questa operazione, secondo Formenton, costituisce un primo passo verso quell'allargamento della base azionaria che la Mondadori intende promuovere. Lo sviluppo di una grande società, infatti non può essere vincolato alle disposizioni di una famiglia. E il ricorso al mercato è l'unica soluzione per una casa editrice che rifiuta, per principio, tutte quelle possibilità di finanziamento, derivanti da accordi con altri gruppi, che potrebbero minare la sua indipendenza ». La Mondadori oggi è, fra le grandi case editrici, una delle poche che possano vantare, per dirla con un' espressione usata sovente da Formenton, una « completa indipendenza » da ogni forma di condizionamento partitico. Ma sino a che punto l'isola felice di Segrate potrà resistere nella sua purezza di sancta sanctorum della privata iniziativa « non occultamente sovvenzionata»? Molto dipenderà dalla gestione aziendale dei prossimi anni e dall'intelligenza delle scelte. Superare la perdita attuale non sarà facile e, a questo proposito, dovranno lavorare parecchio i nomi nuovi come Lamberto Sechi direttore editoriale dei periodici d'attualità (un set¬ tore passivo), o Guido Carrara responsabile della direzione generale sviluppo. Sono due dei personaggi portati al vertice aziendale dal rinnovamento di gennaio, uno scossone che ha avviato il processo di rinnovamento, e ha schierato l'azienda sulla linea Formenton. 11.
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