società

società società L. Bortoloso IMPIEGATI E SINDACATO Nuove Edizioni Operaie, Roma, Collana Sapere, 175 pagine, 2.200 lire. (filippo barbano) Un'estesa indagine conoscitiva sull'atteggiamento sindacale in una grande industria tessile: la Lanerossi, una società che non si identifica più con la provincia di Vicenza, ed è passata alla mano pubblica. Da industria ad alto tasso di manodopera occupata, lo stabilimento della Tescon di Schio è passato al rango di industria ad alto tasso di capitale investito; di qui la progressiva diminuzione-della manodopera e la conseguente radicale trasformazione di quella restante. L'indagine muove dalla struttura e dai modi dell'occupazione, ove la trasformazione dell'azienda non solo ha evidenziato aspetti di subordinazione più che di collaborazione, ma ha indotto notevoli variazioni entro le stesse componenti del mondo impiegatizio: l'aumento numerico (il ben noto processo di terziarizzazione), la riduzione delle differenze remunerative tra impiegati, l'avvicinamento salariale degli operai (il non meno noto fenomeno della salarizzazione degli impiegati che li porterebbe alla proletatizzazione), la femminizzazione delle mansioni più basse, la trasformazione delle mansioni, il progressivo aumento della cibernatizzazione dei processi. La figura sociale dell'impiegato è notevolmente mutata dal tipo tradizionale, ed ha una posizione centrale, insieme con la figura sociale del tecnico, nell'ambito della cosidetta questione dei ceti medi, diventata così importante dopo il voto del 15 giugno 1975. Nella ricerca di Bortoloso, alla domanda di autocollocarsi in una classe sociale le risposte sono state: proletariato: .32,3 per cento; piccola borghesia, 5,9%; media borghesia, 2J0%. Ben il 57,8% non ha però condiviso il tipb di classificazione posto nella domanda. Spiegazione probabile: l'impiegato è entrato in una crisi di identificazione di ruolo e « volendo tuttavia sentirsi diverso dagli operai, pur accorgendosi del quasi totale ravvicinamento alle loro condizioni sociali ed s economiche, per fuggire l'angoscia che ne deriva rifiuta la distinzione in classi ». G. Simmel IL CONFLITTO DELLA CULTURA MODERNA Bulzoni, Roma, Collana Temi e testi di storia della sociologia, CXCVI+195 pagine, 7.000 lire. (/. b.) C. Mongardini, curatore di questa antologia di scritti del sociologo e filosofo tedesco G. Simmel (1858-1918), dà un ulteriore contributo alla storia del pensiero sociologico dei primi del Novecento, facendo precedere alle pagine simmeliane una lunga densa introduzione. Mongardini mette in luce tratti finora poco notati del pensiero di Simmel, convenzionalmente stimato come sociologo delle 'forme", da tutti privilegiate rispetto ai "contenuti" sociali. C'è in Simmel una compiuta teorìa del conflitto, espressione della vita intesa come energia che si. scontra con le ferme che la vita stessa produce. Il saggio sul conflitto della cultura moderna, che ha offerto appunto il titolo all'antologia, risale all'ultimo anno di vita di Simmel, ed è quasi un testamento spirituale. Il conflitto nasce dalla contraddizione interiore in cui cade lo spirito non appena esso si sviluppa storicamente verso la cultura, cioè si estrinseca in forme. In nessuna delle epoche precedenti yissute sotto una "idea comune" questa contraddizione si è così chiaramente svelata come nella no- stra epoca, dove non godiamo più di una 'idea generale" come nel Medio Evo, nel Rinascimento, nell'epoca dell'Illuminismo ed in quella del grande Idealismo tedesco. Ogni conflitto risolve le sue forme ed i suoi «contenuti mediante altri conflitti. Il presente è troppo pieno di contraddizioni perché ci si possa fermare. La vita sospinge a mutamenti di cultura, alla creazione di nuove forme adatte alle forze attuali, con le quali però non si fa altro jhe eliminare un problema mediante un nuovo problema, un conflitto mediante un altro conflitto. Per quanto datato alla temperie politica e culturale del primo conflitto mondiale, il saggio simmel iano non manca certo di efficacia nelle contraddizioni dei nostro presente. Stuart Palmer LA PREVENZIONE DEL CRIMINE Armando, Roma, 335 pagine, 5.000 lire. ~ (ci. gr.) « La nostra — constata amaramente Stuart Palmer, sociologo all'Università del New Hampshire — è una società impreventiva ». Non ostante i fiumi di parole, i buoni propositi, le accuse e le analisi, in pratica non fa nulla -per arginare il fenomeno delinquenziale. Anzi, sotto certi profili alimenta in modo diretto o indiretto quei meccanismi che costituiscono una potente spirita verso il crimine. « Il sistema sociale — precisa tra l'altro l'autore — procura gravi frustrazioni psicologiche, dovute in particolare alla mancanza di obiettivi di successo offerti dalla società, frustrazioni che a loro volta possono moltiplicare i crimini e i reati». Così si forma un circolo vizioso che è sempre più problematico spezzare. Alcuni dati significativi: durante il 1970, ne-gli Stati Uniti fu commesso un reato grave ogni 37 persone e ogni 6 secondi. Né la situazione è migliorata. Riproporre a questo punto, come ipotetico rimedio, la questione dell'inasprimento del sistema repressivo è controproducente, anche ai firn più direttamente pratici. Bisogna cambiare — dice Palmer — la filosofìa del diritto che sta alla base del sistema giudiziario, bisogna affrontare in modo più approfondito il discorso della , natura, cioè dell'origine è delle concause dei reati più-gravi. Ed è su quest'ultimo punto che l'intervento di Palmer diventa articolato: dalla scuola ai mass media, dai centri sociali di quartiere alla riorganizzazione delle forze di pohzia, con particolare riferimento alla polizia di quartiere, e dei metodi giudiziari, agli istituti di pena, è tutta una serie d'indicazioni che il potere politico negli Usa, e non soltanto negli Usa, dovrebbe tener presenti, se intende allentare la spirale della violenza.

Luoghi citati: New Hampshire, Roma, Schio, Stati Uniti, Usa, Vicenza