Il più teatrale dei cardinali
Il più teatrale dei cardinali Il più teatrale dei cardinali Alfredo Testoni IL CARDINALE LAMBERTINI Cappelli, Bologna, 204 pagine, 4.800 lire. Quante commedie ha lasciato Alfredo Testoni? Forse un centinaio. Più della metà sono in dialetto bolognese, e tra esse si trovano le sue migliori: quasi tutte composte in gioventù, anche se a settant'anni ancora lavorava a Fnéster davant che, come altre, ebbe fortuna soltanto quando venne voltata in veneto (I balconi sul Canal Grande) e in piemontese (Finestre sul .Po). Eppure per il pubblico italiano Testoni è l'autore, soprattutto, del Cardinale Lambertini. Perché? Lo spiegò a suo tèmpo il Palmieri: « Il teatro bolognese non ha mai avuto un attore "esportabile", non ha mai espresso una compagnia dialettale viaggiante ». . Ma anche le commedie in lingua del Testoni sono spesso impastate di « frasi d'un italiano molto petroniano » come avverte egli stesso in una premessa al Cardinale Lambertini che, quasi a tre quarti di secolo dalla prima rappresentazione al Costanzi di Roma (30 ottobre o, secondo la dotta introduzione di Luigi Dal Pane, 7 novembre 1905), viene ristampato nella sua integrità e con le note dell'autore che dimostrano la cura e lo scrupolo da far invidia a un Faggi e a uno Squarzina, con i quali il Testoni tratteggiò la figura di Prospero ^Lambertini, arcivescovo di Bologna nel terzo decennio del Settecento e poi papa Benedetto XIV, collocando l'azione proprio alla vigilia del pontificato. « Commedia storica » la definì il suo autore, oggi si sarebbe tentati di parlare di teatro-documento tanto più che una vera e propria folla di personaggi, anche illustri, fa da sfondo al ritratto-del Lambertini: nobile e arguta figura di prelato costruita con i suoi stessi veridici motti e quindi senza una spontaneità e un'intimità autentiche e neppure una propria storia. Ma se la vicenda si limita a un intrigo amoroso che il Lambertini dovrà suo malgrado sbrogliare e in modo non del tutto ortodosso, il personaggio c'è, e c'è anche la pittura di una nobiltà oziosa, prepotente e vanesia, tra la quale s'affaccùi minaccioso un popolo di poveri e di vagabondi: l'ottantanove è ancora lontano, è vero, ma in quei salotti già si cita Voltaire (che, tra l'altro fu un ammiratore di Benedetto XIV). Se poi il personaggio venne fuori a tutto tondo e la commedia ottenne una grande popolarità (se ne fecero ben tre versioni cinematografiche), il merito spetta anche al suo primo protagonista, Ermete Tacconi, che la recitò infinite volte con la bonomw. e la magniloquenza che egli credeva connaturate a un cardinale e a un bolognese che, oltre a tutto, si vantava di essere stato in gioventù un eccellente Balanzone. Anche altri attori e tra essi Ermete Novelli, impersonarono il Lambertini che conobbe una seconda giovinezza nel 1954 quando Gino Cervi lo riportò alla ribalta senza il calore e l'esuberanza che gli dava Zacconi, ma con una finezza e un'allusività che sfumava nell'ironia, e che, a pensarci bene, ammodernava un celebre e troppo atteggiato modello. Alberto Blandi
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